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La Russia fra le manifestazioni di Navalny e quelle dei comunisti

Il 17 gennaio, dopo la convalescenza in Germania, trascorsa in qualità di ospite personale di Angela Merkel, Alexeij Navalnij è tornato a Mosca, venendo arrestato non appena sceso dall’aereo. Sui dubbi riguardo all’avvelenamento da Novichok ha ampiamente riflettuto Stefan Hofer (leggi qui). A un paio di giorni di distanza dall’arresto, il “Fondo per la lotta alla corruzione”, organizzazione fondata e diretta da Navalnij, ha pubblicato il documentario-inchiesta Un palazzo per Putin. La storia della tangente più grande di sempre, diventato subito virale e che ha superato i 100 milioni di visualizzazioni su YouTube, più in Occidente che in Russia a onor del vero. Nei primi secondi di video si legge un appello a manifestare il 23 gennaio, contro l’arresto dell’oppositore. Cosa puntualmente avvenuta, siccome manifestazioni di protesta più o meno rilevanti si sono registrate quel giorno in tutte le principali città della Russia, ma anche all’estero (come a Berlino e Tel-Aviv). Il Cremlino, come da prassi, ha proceduto a numerosi arresti contro le manifestazioni non autorizzate. Il 2 febbraio Alexeij Navalnij è stato infine condannato a due anni e cinque mesi di carcere, suscitando immediatamente il patetico sdegno dei paesi occidentali.

La reggia sul Mar Nero

Innanzitutto bisogna fare una piccola premessa. Un palazzo per Putin è solo l’ultima di una lunga serie di inchieste, più o meno fondate, pubblicate del “Fondo per la lotta alla corruzione” di Navalnij. Esse attaccano, in maniera più o meno diretta, il presidente Putin, proponendosi di indagare la corruzione e il lusso in cui vive la classe dirigente russa. Una tra le prime, dedicata agli intrighi mafiosi e alle ricchezze illecite dell’ex presidente e primo ministro Dmitrij Medvedev, suscitò molto scalpore, anche perché il personaggio in questione non riuscì mai a dimostrare la falsità di tali accuse. C’è da dire che Medvedev è comunque una figura disprezzata da tutti, persino dai più accaniti sostenitori di Putin. Anche gli altri compagni del presidente accusati dal “Fondo” non godono di grande popolarità. Ora però, con Un palazzo per Putin, viene portato in causa il principale protagonista della scena politica.

La residenza sul Mar Nero che Navanji attribuisce al presidente Putin.

Nel video compare lo stesso Alexeij Navalnij, in una sequenza registrata quando si trovava ancora in Germania. Egli dichiara che il video verrà pubblicato solo al suo ritorno in Russia, come effettivamente è successo, siccome non vuole dare l’impressione di essere un codardo, lanciando accuse così pesanti trovandosi al sicuro oltreconfine. Risulta subito evidente che si tratta di un piano ben studiato. L’immediato arresto di Navalnij, accoppiato alla pubblicazione del video, avrebbe dovuto creare la premessa per i disordini poi sviluppatisi. Questa volta, l’arresto non è stato per Navalnij un’inconvenienza: è esattamente ciò che voleva ottenere tornando in Russia, ossia scolpire la propria immagine di presunto martire. Successivamente Navalnij dice che l’idea di questo documentario-inchiesta sia venuta, a lui e alla sua squadra, proprio durante la sua convalescenza in Germania. Il che risulta poco credibile, siccome si tratta di una ricerca che ha richiesto mesi, se non anni.

L’inchiesta riguarda un imponente palazzo sulle rive del Mar Nero, nei pressi della cittadina di Gelendzhik, nella regione di Krasnodar. Il film ricostruisce l’intricato groviglio di prestanome formalmente proprietari del complesso. Groviglio composto da figure vicine a Putin e che in ultima analisi condurrebbe a lui. Inoltre analizza la storia dei lavori di costruzione della villa, in corso da oltre un decennio, e ancora non conclusi. Il palazzo è di un lusso incredibile, e, stando all’inchiesta, è costato già oltre un miliardo di dollari. Soldi che sarebbero stati forniti dagli oligarchi vicini a Putin, che avrebbero messo a disposizione tali fondi in cambio di presunti favori a loro concessi.  Nelle settimane successive alla pubblicazione dell’inchiesta, l’imprenditore e amico di Putin Arkadij Rotenberg ha dichiarato di essere lui il proprietario della struttura. Il canale TV Rossija 1 ha inoltre mandato in onda un reportage dall’interno del palazzo, mostrando stanze vuote e lavori in corso. Secondo i giornalisti di Rossija 1, il palazzo dovrebbe in realtà diventare un lussuosissimo albergo.

L’imprenditore Arkadij Rotenberg ha dichiarato di essere proprietario della struttura in questione.

Qualunque sia la verità, il lavoro svolto dalla squadra di Navalnij colpisce per la sua qualità formale. Del resto non è un segreto che dietro al “progetto Navalnij” ci siano i servizi segreti occidentali, che con ogni probabilità hanno personalmente condotto le indagini del “Fondo”. Il ruolo di Navalnij e dei suoi collaboratori è semplicemente quello di esporle al grande pubblico. Il politologo Pavel Danilin ha analizzato il testo del discorso di Navalnij lungo tutto il film, riscontrando numerosi passaggi che suonano strani all’orecchio russo (chi capisce il russo può leggere l’analisi qui). Si tratta di costruzioni sintattiche e formulazioni lessicali che risultano inconsuete per la lingua russa, ma che tradotte in inglese hanno perfettamente senso. Il testo dell’inchiesta è stato dunque originariamente scritto in inglese, tradotto in russo e infine vocalizzato dall’oppositore. In parole povere, l’inchiesta è stata preparata dalla CIA, dal MI-6, o da qualche altra agenzia straniera (poco importa quale). Il che non stupisce, siccome è evidente che il “Fondo” non ha né le capacità né i mezzi per condurre ricerche simili.

Le proteste

È stato detto molte volte che il sostegno a Navalnij in Russia è molto più limitato rispetto a quanto vogliono far credere i media occidentali. E ciò è vero, anche se in seguito alle ultime vicende è indubbiamente cresciuto e crescerà ancora. Infatti solo una minima parte dei manifestanti si possono definire attivi sostenitori di Navalnij. Gli altri appartengono ai più disparati orientamenti politici, ma più spesso a nessun orientamento. Ciò è sottolineato anche dal gran numero di manifestanti giovani, studenti liceali o addirittura scolari delle medie. Ciò che li accomuna non è tanto l’essere per Navalnij, ma l’essere contro Putin. La parola d’ordine è “farla finita con la corruzione”. Il malcontento di chi manifesta travalica infatti la questione Navalnij: è la normale insofferenza nei confronti di un’élite sempre più ricca.

Intanto la sinistra litiga sul da farsi, accusandosi reciprocamente di fare il gioco del nemico. C’è chi nega ogni sostegno alle proteste, siccome l’identità politica di Navalnij è quanto di più lontano ci possa essere dalla sinistra. Altri invece vi partecipano, convinti che le proteste possano essere dirottate a sinistra. Il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF), per bocca del Primo segretario del Comitato cittadino di Mosca Valerij Raškin, riconosce le ragioni del malcontento (innalzamento dell’età pensionabile, aumento di prezzi e tariffe, razionalizzazione dell’assistenza sanitaria) e propone un’alternativa: manifestare sì, ma sotto le bandiere rosse. L’appello è lanciato per la giornata di oggi, data in cui lo staff di Navalnij ha pianificato una nuova giornata di proteste. La proposta di condurre manifestazioni parallele e alternative è sicuramente logica e sensata, ma risulta difficile credere che il KPRF riesca a rubare la scena a Navalnij.

La falsa scelta

Putin ha svolto un ruolo storico utile. Il suo governo ha portato stabilità al paese dopo lo sfacelo degli anni ‘90, permettendogli di tornare a giocare il ruolo che gli spetta nella geopolitica mondiale. Negli anni ha contrastato l’imperialismo americano, ottenendo anche alcune vittorie. Ma mentre sul piano politico-militare la Russia è tornata alla contrapposizione con gli Stati Uniti, sul piano economico le cose sono ben diverse. L’economia del paese è tuttora in mano agli oligarchi. Gli enormi profitti generati dalla vendita delle materie prime finiscono spesso nei paradisi fiscali a Occidente e non sempre vengono reinvestiti sul territorio. L’azione di governo di Putin non scardina il sistema oligarchico, preferendo un compromesso con questo. Di fronte a tali contraddizioni Navalnij ha buon gioco ad agitare i sentimenti di una parte della società.

I legami tra Navalnji e oligarchi come Chodorkovskji sono comprovati da tempo.

Tuttavia il programma di Navalnij è neoliberista, essendo egli un sostenitore della privatizzazione del settore pubblico. La sua eventuale ascesa al potere, abbastanza inverosimile visti i suoi risultati elettorali, non migliorerebbe in alcun modo il settore sociale. Non scomparirebbero nemmeno le odiate sanguisughe: agli oligarchi amici di Putin subentrerebbero gli oligarchi ostili a Putin e amici di Navalnij, ad esempio Michail Chodorkovskij. Per un approfondimento sui potenti amici di Navalnij, si veda l’articolo di Davide Rossi (leggi qui). Ciò che cambierebbe, e possiamo prevederlo con una certa dose di accuratezza, è la politica estera russa. Navalnij ha manifestato in numerose occasioni la sua ostilità verso l’indipendentismo filorusso in Ucraina, e ha definito illegali e illegittimi il referendum e la riunificazione della Crimea. Se giungesse al potere, probabilmente avvierebbe un processo di restituzione della Crimea all’Ucraina, e priverebbe le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk di qualsiasi aiuto, lasciandole in pasto all’esercito ucraino. Considerata la grande affinità tra il suo movimento e le proteste in Bielorussia, Navalnij priverebbe di aiuto Lukashenko, e assisteremmo a un rapidissimo cambio di regime anche in questo paese. In parole povere, sarebbe una capitolazione alla NATO su tutti i fronti. È doveroso specificare che quando parliamo di Navalnij, non intendiamo tanto il Navalnij individuo, quanto i burattinai che gli stanno dietro, ossia i mastini dell’imperialismo atlantico.

Insomma, alla luce delle ultime vicende, il governo di Putin mostra i suoi limiti ed errori. Navalnij però non solo non è in grado di dare una risposta a questi problemi, ma ad essi aggiungerebbe pure la svendita del paese all’imperialismo, rinunciando a tutte le posizioni geopolitiche (a partire dall’alleanza con la Cina) guadagnate negli anni con tanta fatica.

Per questo, a mio avviso, quella fra Putin e Navalnij è una falsa scelta. Ed è per questo che si fa sempre più impellente la necessità di una terza via, magari tracciata dalle forze comuniste.

Nil Malyguine

Nil Malyguine, classe 1997, è laureato in storia all'Università di Padova. Si occupa in particolare di storia della Russia e dell'Unione Sovietica. Dal 2020 milita nella Gioventù Comunista Svizzera.