Mentre i comunisti insistono su sovranità e cooperazione, i socialisti ribadiscono la loro linea pro-UE.

Il Partito Socialista, riunitosi in Congresso a Thun, vuole che la Svizzera aderisca all’Unione Europea, ma non subito, solo “letzlich”. Cioè al termine di un processo di graduale avvicinamento, attraverso la «partecipazione democratica e a un impegno multilaterale nella comunità di stati». Cosa questa formulazione possa significare precisamente, tradotto dal politichese, è arduo da capire: ciò che appare invece chiaro a tutti è che la svolta euroscettica della socialdemocrazia svizzera non si è verificata. Peraltro, essendo essa un punto chiave dei principi fondanti del PS, era difficilmente immaginabile una tale “rivoluzione”.

Christian Levrat ribadisce il legame fra PS e UE
Christian Levrat (PS) ribadisce il legame dei socialisti con l’UE

Alcuni delegati del Canton Berna hanno tuttavia chiesto di ribadire – citandola in modo esplicito –  l’adesione della Confederazione all’UE, ma la Direzione del Partito – furbescamente per non deludere l’elettorato – ha respinto l’idea come “superflua”, poiché nessuno nega la linea europeista del PS. La formulazione di compromesso proposta è quindi che «alla fin fine (“letztlich”) solo l’adesione all’UE ci darà i pieni diritti di codecisione».

In sostanza il PS ritiene che l’UE sia una realtà riformabile in senso sociale, stando all’interno della quale si possano ottenere vantaggi. Tesi questa difesa durante il Congresso da un ospite tedesco: Olaf Scholz, sindaco socialdemocratico di Amburgo, che ha dichiarato infatti che “la libera circolazione è una delle grandi conquiste dell’UE e non si può metterla a rischio”.

Massimiliano Ay ribadisce la linea anti-imperialista del PC
Massimiliano Ay (PC) ribadisce la linea anti-imperialista dei comunisti

Un’analisi in antitesi con quella del Partito Comunista che nella sua risoluzione approvata allo scorso Congresso di Lugano, settimana scorsa, ha ribadito non solo che l’essenza dell’UE è quello di “una sovrastruttura imperialista irriformabile” ma che errata sarebbe “l’analisi di parte della sinistra che vede una contraddizione fra l’UE politica e l’UE economica. Si tratta in realtà di due facce della medesima medaglia” poiché “solo un apparato istituzionale può garantire un mercato comune di circa mezzo miliardo di persone e lo può fare da un lato con il controllo sociale e repressivo sulla popolazione (come durante le fasi più acute della crisi greca e con la creazione di un futuro esercito europeo) o con la dipendenza economica (dalla libera circolazione di manodopera a basso costo ad accordi commerciali che distruggono le economie locali, passando per processi di deindustrializzazione forzata delle nazioni)”.

Stando ai comunisti, infatti, il ragionamento, “secondo cui occorra oggi inserirci nelle contraddizioni dell’UE per favorirne un discorso politico-istituzionale piuttosto che quello ‘solo’ economico sottomesso alle multinazionali, risulta inopportuno perché vende illusioni ai popoli europei”. In alternativa il Partito Comunista propone la cooperazione fra nazioni sovrane nell’ambito dell’area eurasiatica e coi paesi emergenti, in special modo i BRICS.