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La Turchia censura Shakespeare e Dario Fo? E’ una bufala!

Da quando il colpo di stato del 15 luglio scorso in Turchia è fallito e Recep Tayyip Erdogan è rimasto al suo posto, quest’ultimo è diventato letteralmente il nemico pubblico numero uno dell’Occidente: media di ogni colore, da sinistra a destra, all’unanimità condannano il Sultano. Di colpo! Erdogan, che prima veniva osannato da UE e USA come il liberalizzatore dell’economia, il democratico che purgava dall’esercito gli ufficiali kemalisti critici verso la NATO, il fautore delle “aperture” al separatismo curdo, ecc. nel giro di qualche mese ha iniziato a suscitare mugugni e, nel giro di una notte, è diventato il tiranno per antonomasia.

Una foto è meglio di tante parole
Una foto è meglio di tante parole. E si sa: la cultura è sempre politica!

Il nostro portale non è mai stato tenero con Erdogan: a riprova di ciò i numerosi articoli sulla Turchia che trovate nel nostro archivio. Tuttavia abbiamo anche lungamente documentato che le ultime scelte di distensione con l’area euroasiatica e il gelo con la NATO decise da Erdogan andrebbero perlomeno analizzate con occhio di riguardo da parte di chi si professa anti-imperialista. Riconosciamo insomma che la campagna anti-Erdogan in corso in Europa da quando la setta filo-atlantica dell’islamista Fetullah Gülen non è riuscita a rovesciarlo in luglio, non ha nulla a che fare con la democrazia e la laicità, ma serve a punire lo svincolarsi di Ankara dai diktat occidentali e si sta ormai raggiungendo i livelli importanti di disinformazione.

Su Sinistra.ch abbiamo già pubblicato un articolo (leggi) in cui si confutava la bufala ripresa dalle maggiori testate giornalistiche europee secondo cui ad esempio Erdogan aveva legalizzato la pedofilia e la poligamia. Ora sta girando un’altra informazione basata su mezze verità, titoli ad effetto e interpretazioni faziose: il Sultano avrebbe censurato tout court le opere artistiche occidentali!

A dirlo è un giornale italiano come “Il Fatto Quotidiano” (che riprende la notizia del quotidiano post-fascista (!) “Il secolo d’Italia”). Il titolo è eclatante: “Turchia, messe al bando le opere teatrali occidentali: via Fo, Shakespeare e Brecht”. Nell’articolo si legge: “D’ora in poi in Turchia alle compagnie teatrali sarà vietato portare sul palco le opere di autori occidentali”. E ancora: “La stagione teatrale verrà inaugurata il prossimo 4 ottobre. Di sicuro i turchi non potranno assistere all’Amleto”. Tutto ciò è falso!

I teatri statali turchi (DT) sono gestiti dal Ministero della Cultura e del Turismo
I teatri statali turchi (DT) sono gestiti dal Ministero della Cultura e del Turismo

Iniziamo col dire che non esiste alcun provvedimento contro il bardo inglese, il drammaturgo tedesco o l’attore italiano: da nessuna parte si trova un’ordinanza governativa che citi questi artisti intimando di metterli all’indice! Siamo così andati all’origine, la fonte primaria, come potrebbe fare qualsiasi altro giornalista degno di questo nome, ossia il comunicato ufficiale del preposto ufficio ministeriale. Da una veloce traduzione dal turco appare evidente che la situazione è un po’ diversa da come cercano di proporcela i media di contesto: come risposta culturale al tentato colpo di stato gülenista, che mirava a rendere il Paese del tutto subalterno a Washington e a Bruxelles, nonché a metterne a rischio l’integrità territoriale accettando compromessi con i separatisti curdi, il governo di Ankara ha deciso di reagire anche sul piano culturale aprendo la nuova stagione teatrale intitolata “Il sipario della Turchia si aprirà con il teatro turco” all’insegna di ben precisi contenuti: l’unità nazionale e “l’arte umanistica e patriottica di autori locali” (così si legge nel comunicato).

In pratica il governo turco ha deciso di incentivare – incentivare: niente di più e niente di meno! – le pièces teatrali locali. Tale decisione, inoltre, vale esclusivamente per i teatri statali, mentre non riguarda quelli privati (che sono comunque numerosi), i quali continueranno quindi a mettere in scena anche l’Amleto.

Non siamo di fronte quindi a una censura sistematica contro determinati autori e non si tratta nemmeno di un unicum nella politica culturale di un paese sovrano. Anzi, magari senza troppa enfasi, tali scelte di programmazione avvengono in vari paesi ritenuti assolutamente democratici, senza suscitare scandali. Valorizzare le opere nazionali messe raramente in scena e in generale la cultura popolare del posto è forse sinonimo di …dittatura? E quando regolarmente sentiamo in Ticino richieste affinché si trasmetta in televisione con maggiore frequenza il teatro dialettale, utile – secondo alcuni – per tenere in vita il folklore nostrano, è anche questo un fenomeno tirannico? E’ certamente una scelta politica criticabile, e infatti alcune associazioni culturali turche si sono fatte sentire, ma da qui a parlare di morse repressive sugli artisti critici come Dario Fo, di censura sistematica, ecc. ce ne passa.