/

Cuba non si arrende al capitalismo

Intervista ad Ângelo Alves e Carlos Chaparro, esponenti del Partito Comunista Portoghese (PCP) sui risultati di una loro recente visita a Cuba.

Quali erano i principale obiettivi della visita della delegazione del PCP?

Ângelo Alves: Il primo è stato, naturalmente rafforzare i legami di amicizia e cooperazione tra il PCP e il PCC e affrontare aspetti delle relazioni bilaterali. Il secondo è stato approfondire aspetti della situazione internazionale e scambiare idee sulle questioni relative al movimento comunista e rivoluzionario mondiale. Infine abbiamo potuto avere una visione più approfondita della realtà sociale, economica e politica e delle misure in corso di attuazione del modello economico socialista cubano.

Vi siete fatti un’idea più chiara dell’attualizzazione del modello economico cubano?

Ângelo Alves: Si, e per l’apertura dimostrata dai compagni è stato possibile esaminare le misure che sono in discussione. L’impressione che abbiamo tratto è che, al contrario di quanto si va dicendo in Portogallo, Cuba non sta assumendo misure risultanti da una qualsiasi disperazione economica, e ancora di meno ha dato inizio alla “resa” al capitalismo.
Dalle informazioni che ci sono state date, si può affermare che ciò che sta accadendo è un processo naturale nel contesto di una rivoluzione socialista che vuole continuare ad essere tale.
Ciò che è in corso è un ambizioso e ampio processo di riflessione e decisionale, iniziato ormai da diversi anni, sulla necessità del rafforzamento dell’economia, fattore che i compagni considerano fondamentale per mantenere a medio e lungo termine le importanti conquiste della rivoluzione socialista, per elevare le condizioni di vita del loro popolo e per garantire l’indipendenza e la sovranità di Cuba.
Le misure prese in considerazione sono innumerevoli, riguardano tutta la società e mirano a sviluppare le forze produttive, a modernizzare il settore produttivo, ad aumentare la capacità produttiva dell’economia, la sua efficienza e produttività. Allo stesso tempo si vuole rimuovere i fattori che stanno ostacolando lo sviluppo dell’economia cubana come la doppia circolazione monetaria, l’economia informale, la burocrazia e l’eccessivo paternalismo dello Stato che in alcune situazioni conduce al lassismo e persino alla corruzione.
La maggior parte delle misure erano già state indicate al V Congresso del Partito Comunista di Cuba svoltosi nel 1997, come ad esempio il riordinamento dell’economia allo scopo di aumentare la produzione e la produttività e in tal modo invertire la tendenza negativa della bilancia commerciale; la liberazione delle risorse per aumentare il livello di vita dei cubani applicando il principio Socialista “a ciascuno secondo il suo lavoro”; la ricollocazione della manodopera disponibile combattendo il sovradimensionamento di alcuni settori e canalizzando manodopera in aree produttive fondamentali come l’Agricoltura, le Costruzioni e l’Industria, ma anche coprendo le necessità nell’area delle conquiste essenziali della rivoluzione come la Sanità e l’Educazione. Contemporaneamente è in corso una riflessione sull’organizzazione amministrativa, sia del territorio, dello Stato, delle imprese, dell’esercito, come pure, su un altro piano, della stessa organizzazione del Partito. La parola d’ordine è semplificare, eliminare spese superflue e rendere più efficienti tutte le strutture economiche, politiche e amministrative.

Carlos Chaparro: Fondamentalmente, Cuba sta realizzando, da una prospettiva sociale e rivoluzionaria, un bilancio dell’evoluzione della sua economia, sta facendo la critica e l’autocritica che sono necessarie a identificare le virtù del suo sistema economico, ma anche le sue insufficienze ed errori, e a tentare, in un quadro economico nazionale e internazionale che lo richiede, di prendere le misure necessarie a garantire la sostenibilità del suo sistema economico, sociale e politico.

E i 500.000 disoccupati di cui tanto si parla?

Ângelo Alves: Possiamo dire che anche noi abbiamo fatto questa domanda in vari incontri e abbiamo ricevuto sempre la stessa risposta: “A Cuba nessuno che voglia lavorare finirà disoccupato, è un principio della nostra Rivoluzione”. Come ho detto, la ricollocazione della forza lavoro è una delle varie misure che si stanno prendendo. Lo sviluppo dei settori produttivi – sia attraverso il settore di impresa dello Stato che attraverso il settore cooperativo – assorbirà, secondo i compagni cubani, una gran parte della manodopera in eccedenza in altri settori e permetterà la liberazione delle risorse finanziarie che saranno destinate all’elevazione generale dei salari. Allo stesso tempo lo Stato procederà alla legalizzazione e alla regolamentazione di una realtà che già esiste: il lavoro per conto proprio. Alcuni dei lavoratori in eccedenza saranno stimolati a stabilirsi in proprio e a tal scopo esisterà un sistema sia di sussidio temporaneo che di prestiti dello Stato per iniziare piccole attività. Le 178 professioni in cui sarà possibile fare ciò sono già state rese note, il processo è in discussione e provocherà la creazione di nuove leggi e modifiche nel sistema fiscale.

Carlos Chaparro: Una parte di queste misure è già in corso in un settore cosiderato come “argomento di sicurezza nazionale”: l’agricoltura. I compagni pensano che circa il 70% delle importazioni di beni alimentari possono essere evitate se si sviluppa l’agricoltura aiutandola a diventare più efficiente.E allora, quello che è in corso è una completa riorganizzazione e modernizzazione del settore agricolo, in cui coesistono già il settore statale, quello cooperativo e il lavoro per conto proprio, e i risultati sono stati positivi. Ma attenzione, lo Stato cubano non ha privatizzato nè l’agricoltura, nè la terra! Ciò che qui in Europa è stato definito “consegna della terra ai privati” rappresenta solo il principio che ci è tanto caro della “terra a chi la lavora”, con la concessione di un totale di 1 milione di ettari di terra non ancora sfruttata a chi si impegnerà a lavorarla. Concessione che in qualsiasi momento potrebbe essere ritirata se si provasse che non c’è produzione.

Una maggiore apertura all’iniziativa privata non potrebbe far emergere uno strato sociale disinteressato all’approfondimento del socialismo?

Ângelo Alves: Bene, il termine iniziativa privata non è il più adeguato. Sarebbe più corretto parlare di un settore di lavoro per conto proprio che, del resto, già esiste, per esempio i celebri “Paladares” che non sono altro che imprese familiari. Abbiamo posto ai compagni la stessa domanda ed essi hanno chiarito che non ci sarà iniziativa privata a Cuba come la conosciamo nei paesi capitalisti. La proprietà sociale è un principio che ci è stato indicato come uno dei pilastri di queste misure. La pianificazione economica, vale a dire il controllo dell’economia da parte del potere popolare, continuerà a rappresentare la pietra miliare dell’economia cubana. Così la proprietà degli affari e la contrattazione della forza lavoro saranno regolamentati e limitati dallo Stato attraverso un meccanismo di licenze. Oltre a ciò, la dimensione degli affari per conto proprio sarà limitata al livello di quello che da noi sono chiamate micro e piccole imprese, una volta che, così ci è stato riferito, il modello fiscale in studio per il settore “conto proprio”, farà in modo di impedire processi di concentrazione.

Avete incontrato la Centrale dei Lavoratori Cubani (CTC) e l’Unione dei Giovani Comunisti (UJC). Qual è il ruolo di queste strutture in tale processo?

Carlos Chaparro: Il loro ruolo è quello di coinvolgere il popolo in un processo di consultazione sulle misure proposte, allo scopo di costruire un consenso politico attorno alle decisioni che prenderà l’Assemblea del Potere Popolare, che, contrariamente all’idea che è passata in Portogallo, ancora non ha legiferato sull’insieme delle misure. La CTC ha un ruolo centrale. Innanzitutto per il suo “peso” politico. In un paese dove la sindacalizzazione è una decisione individuale e libera di ogni lavoratore, gli iscritti ai sindacati della CTC rappresentano il 95% dei lavoratori. Ciò significa che in questo momento la CTC sta discutendo direttamente con circa tre milioni e quattrocentomila lavoratori le misure proposte e la loro applicazione concreta in ogni luogo di lavoro. Ma la CTC non discute solo con i suoi affiliati, propone un confronto con tutti i lavoratori, a somiglianza del Partito e di molte altre organizzazioni di massa, come i Comitati di Difesa della Rivoluzione. Ma non è solo la capacità di mobilitazione che testimonia dell’importanza della CTC in questo processo. La Centrale ha avuto, in quanto strutura sindacale, una partecipazione diretta nello studio e nella definizione delle misure, garantendo che il punto di partenza sia rappresentato dal fatto che i diritti lavorativi e il controllo operaio dell’economia non vengano toccati con tali misure e che i lavoratori siano quelli che discutono e decidono della loro applicazione in ogni luogo di lavoro, attraverso l’elezione di comitati con la partecipazione di un elemento dell’amministrazione, di uno del movimento sindacale e di 6 lavoratori eletti dai loro colleghi. Ciò significa che il ruolo della CTC è quello di assicurare che la partecipazione dei lavoratori sia garantita e che soprattutto determini il risultato finale di tale processo. Anche l’Unione dei Giovani Comunisti riveste un ruolo importante nei centri di lavoro con grande concentrazione di manodopera giovanile, oltre al fatto che i suoi 500.000 membri sono stati coinvolti in una profonda discussione con i giovani cubani in merito alle misure. Nelle visite effettuate abbiamo constatato sempre un ruolo attivo della UJC nei più diversi piani, perchè non si limita a discutere dei problemi dei giovani, discute tutto.

Quali domande vengono sollevate e quali soluzioni si presentano nel dibattito in corso?

Ângelo Alves: Direi che le domande sono quelle che è normale che siano sollevate in un processo di questo calibro. Le persone si interrogano su diverse cose, e naturalmente sulla propria vita, ma hanno una possibilità che è negata, per esempio, ai lavoratori portoghesi, che è quella di avere una partecipazione diretta nella definizione e nell’applicazione delle misure, e ciò trasmette fiducia a chi come noi ha osservato il processo di discussione. C’è consapevolezza nel popolo che occorre superare ritardi, insufficienze e problemi, e migliorare il funzionamento dell’economia. Le persone sono a conoscenza delle difficoltà che derivano da fattori come l’impatto delle catastrofi naturali che hanno sconvolto l’isola, la crisi economica internazionale che sta colpendo anche Cuba, in particolare nel turismo, e, chiaramente, il blocco degli USA che in calcoli recenti rivela un impatto diretto di, al minimo, più di 100.000 milioni di dollari. Per questo capiscono la necessità delle misure in discussione. Le soluzioni sono molte e svariate e, per esempio, in una fabbrica di sigari che abbiamo visitato il risultato sarà l’aumento di più di un centinaio e mezzo di nuovi posti di lavoro. Sul piano generale, ci sarà per esempio formazione professionale per chi cambi professione e c’è l’intenzione di aumentare il salario medio del doppio, allo scopo di garantire che esso copra tutti i bisogni essenziali del popolo. Ma per ottenere ciò la produzione dovrà aumentare. Come ci è stato detto, il processo è iniziato, ha vincoli e principi ben definiti, e ha come obiettivo finale rendere più sostenibile il sistema socialista e allo stesso tempo responsabilizzare tutta la popolazione per il successo delle misure. Ma è un processo i cui risultati sarà possibile analizzare solo d’ora in avanti. I compagni cubani sono i primi a dire che sarà necessario procedere misurando ogni passo nella realizzazione degli obiettivi.

E che ruolo hanno i comunisti in questo dibattito?

Ângelo Alves: Il Partito Comunista ha un ruolo molto importante nell’unità del popolo cubano e nello stimolo al funzionamento della democrazia. Questo è il suo principale ruolo. Come ci è stato affermato in un interessante incontro con un comitato di potere popolare di quartiere, il Partito non interferisce nei processi elettorali e neppure nel funzionamento dei diversi organi di potere popolare. Ma, come ho già detto, questo processo va ben oltre il Partito, coinvolge tutta la popolazione. Proprio come si è verificato in processi precedenti e ugualmente impegnativi, come il Periodo Speciale. Se c’è un dato che emerge tra tutti quelli che abbiamo raccolto, è quello dell’ampia partecipazione popolare nella costruzione del socialismo a Cuba e questa è una ragione in più per avere fiducia nel futuro di Cuba, per proseguire e rafforzare la solidarietà con quel popolo e la sua Rivoluzione Socialista.

Fonte: “Avante” del 17/10/2010 (traduzione italiana di Mauro Gemma, L’Ernesto)

Lascia un commento