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Il manager delle FFS non risponde alle domande. Le Officine sono tabù!

Davide Rossi, ieri si è svolta la giornata delle Ferrovie Federali Svizzere per i media sul tema «FFS Cargo oggi e Opportunità Ceneri 2020» con conferenza stampa di Andreas Mayer, CEO delle FFS e di Nicolas Perrin, capo di FFS Cargo. Dovevi fare tu un’intervista, e invece ti trovi intervistato.

In effetti è abbastanza incredibile e imbarazzante, per la Svizzera e le FFS, quello che è successo. In un quarto di secolo che giro il mondo, da New York a Pechino, da Stoccolma a Kinshasa, mi è capitato di avere risposte scortesi, ma non che mi sia impedito di porre delle domande. Mi sembra molto triste che ciò avvenga proprio in Svizzera.

Che cosa è successo durante la conferenza stampa?

Sono stato invitato il 2 agosto, come corrispondente di Sinistra.ch in Italia alla conferenza stampa di Cadenazzo sulla galleria di base del Monte Ceneri e su FFS Cargo. Ero il solo rappresentate della Stampa Estera Italiana, di cui sono membro. Come avevo chiarito per e-mail e per telefono, avrei partecipato a condizione di poter porre delle domande al CEO delle FFS Andreas Meyer, e in entrambe le circostanze ho ricevuto una risposta affermativa.

E invece?

Si parla di Officine, ma senza le domande scomode

Dopo aver ascoltato per quasi due ore trionfalistiche previsioni su viaggi Locarno-Lugano e Bellinzona-Lugano in trenta minuti, raddoppio delle merci in transito, treni più veloci e più frequenti, qualità, innovazione, progresso, futuro, … è venuto il momento delle domande è ci è stato chiesto di metterci in fila. Quando mi han chiesto quali domande volessi porre, non ho avuto problemi a presentare al signore e alla signora dell’ufficio stampa delle FFS le due domande a cui avevamo pensato redazionalmente e che vi riporto:

La mia domanda si riferisce alle Officine di Bellinzona che sono il tema più sentito in Ticino e che riguardano FFS Cargo. La nuova sede delle Officine a Castione appare come limitata nel senso che sarà una sorta di deposito treni dove si farà piccola manutenzione, ma senza reale sviluppo produttivo. Non vi sembra una ipotesi che impoverirà il Ticino dal lato industriale e conseguentemente da quello occupazionale?

Mi riferisco al progetto del cosiddetto “Parco tecnologico” di FFS Cargo sul sedime delle Officine di Bellinzona. In Ticino e in Mesolcina abbiamo visto zone industriali che sono in realtà un insieme di progetti fallimentari e di speculatori fiscali. Quali garanzie si possono dare per evitare che il “Parco tecnologico” non diventi una realtà come le altre?

A questo punto i signori in questione hanno detto che le mie domande erano tendenziose e irricevibili, quindi non avrei potuto intervistare Meyer. Al mio sguardo sconcertato ma composto han avuto la scarsa educazione, dopo aver fatto finta di non ricordare la nostra testata, seppur invitata proprio da loro, di commentare a voce alta, che se fosse per noi (non ho capito a chi si riferisse: il nostro giornale? il Partito Comunista?) saremmo ancora al tempo dei carri e dei cavalli. Mi sono astenuto dal polemizzare ma è certo poco serio ridicolizzare chi ha sempre difeso il progresso nell’ambito dei trasporti pubblici.

Piuttosto avrei voluto porre a Meyer anche una terza domanda che mi sta molto a cuore, visto che nessuno più di lui è titolato a rispondere. Io viaggio per il Canton Ticino almeno una volta al mese e mentre si parla di avveniristici viaggi in trenta minuti per tutto il Cantone, oggi andare da Chiasso a Bellinzona con il TiLo è un’impresa, in ambo i sensi, di quasi tre ore, visto che si deve scendere a Mendrisio e i treni sono sempre in ritardo e la coincidenza la si perde, dovendo poi aspettare un’ora per proseguire il viaggio.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.