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Un 2020 da dimenticare, ma su cui occorre saper costruire!

La Svizzera, in questo anno che sta per finire, si è scoperta essere un paese vulnerabile: la pandemia che ha anzitutto colpito il Canton Ticino ha messo a dura prova non solo il settore sanitario, ma anche il federalismo, mandando in crisi la tanto decantata solidarietà fra cantoni.

Il 2020 ha insegnato al popolo svizzero a vedere i limiti di un capitalismo vorace che non solo costringe la politica a mettere il profitto aziendale prima della salute pubblica, limitando il lockdown, ma che ha imposto di risparmiare sui letti negli ospedali pubblici per favorire le cliniche private; che ha impedito ai giovani svizzeri di studiare per diventare medici perché costava meno assumere medici dai paesi confinanti; che ha regalato soldi alle aziende in difficoltà, mentre queste – per ringraziare – hanno comunque licenziato gli operai e distribuito dividendi agli azionisti. Una clinica privata che si era orientata a curare i pazienti COVID-19 si è persino lamentata pubblicamente di come il numero di malati ricoverati fosse troppo basso e di come ciò rappresentasse dei costi aggiuntivi per le sue casse.

La borghesia svizzera ha agito tempestivamente nella sua penetrante azione di propaganda ideologica affinché questa esperienza non portasse la popolazione ad acquisire una maggiore coscienza di classe: ha ad esempio incrementato la sinofobia, ma ha anche favorito l’idea piuttosto pericolosa, secondo cui i tecnici sarebbero neutrali e possono quindi avere la meglio sui partiti politici e sulle autorità elette, così da ridurre i margini democratici, ecc.

Se da un lato va detto che, soprattutto nella prima ondata della pandemia, nella Svizzera Italiana si sono viste belle forme di solidarietà popolare partire dal basso con le società sportive locali e le associazioni del carnevale messesi volontariamente a disposizione per aiutare le persone a rischio, abbiamo visto anche alcuni problemi, come il retrocedere dello Stato a favore del volontariato e le disfunzioni del sistema di milizia (non professionistico) su cui è retto tutto il sistema svizzero: i parlamentari, i pompieri, i militi della protezione civile e dell’esercito sono organizzati secondo i principi del volontariato istituzionale oppure dalla coscrizione obbligatoria, un sistema che non ha dimostrato una sufficiente efficienza e prontezza durante l’emergenza.

Proprio nei giorni scorsi il governo svizzero ha dovuto ammettere che la farmacia dell’esercito, incaricata di fornire in situazioni di grave crisi il materiale sanitario e i vaccini al paese, “non è adeguata per un approvvigionamento su larga scala”. Solo pochi mesi fa il governo aveva però spinto il popolo – anche se per pochissimi voti – ad acquistare per troppi miliardi di franchi dei nuovi aerei militari da combattimento (di produzione NATO), invece di investire nella protezione e nell’approvvigionamento del Paese. Inoltre, benché la legge autorizzi la requisizione statale del materiale e delle infrastrutture sanitarie private, solo pochi Cantoni hanno preso in considerazione questa possibilità.

Il Partito Comunista, come unico partito che si richiama al socialismo scientifico e al concetto di avanguardia, ha avuto un leggero aumento dei membri durante il lockdown, ma resta ancora molto lavoro da fare per estenderne il radicamento territoriale. I comunisti, oltre all’agitazione con cui hanno provato ad adeguarsi alla nuova realtà creatasi con la pandemia, hanno vinto una primissima battaglia (che dovrà ora essere posta al voto popolare), e cioè quella di inserire nella Costituzione della Repubblica e Cantone Ticino il principio della sovranità alimentare, così da imporre allo Stato di sopperire ai limiti di approvvigionamento economico del Paese riscontrati durante il confinamento. Inoltre si dovrà presto discutere la nostra proposta di vietare i licenziamenti allorquando venga decretato lo stato di necessità a seguito di una pubblica calamità. Piccoli passi per mostrare che, al di fuori dei dogmi del liberismo, ci sono praterie… Insomma, il lavoro di opposizione propositiva dei comunisti, atto a costruire una democrazia progressiva e sempre più avanzata, non mancherà nemmeno nel 2021, ma solo ad una condizione: che ognuno faccia la sua parte, organizzandosi nel Partito e dando forza al progetto di società alternativa a cui ambiamo.

Massimiliano Ay

Massimiliano Ay è segretario politico del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2008 al 2017 e ancora dal 2021 è consigliere comunale di Bellinzona e dal 2015 è deputato al parlamento della Repubblica e Cantone Ticino.