Il prossimo 29 novembre saremo chiamati alle urne per votare su due iniziative popolari, tra cui quella denominata: “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico”. Questa prevede che, in caso di accettazione, gli istituti di previdenza statali, le casse pensioni del secondo pilastro e la Banca Nazionale Svizzera (BNS) non possano investire in aziende legate all’industria degli armamenti, ponendo un primo importante freno alla crescita di un settore responsabile di immense tragedie umanitarie.
A mio parere questa iniziativa va sostenuta essenzialmente per tre motivi. In primo luogo, non è corretto, eticamente e nella pratica, che istituti dalla valenza pubblica investano nella produzione bellica e nel business della guerra, responsabili per la morte di un gran numero di civili e ingenti flussi migratori, con tutte le crisi umanitarie correlate. In secondo luogo, con un sì all’iniziativa, potremmo dare il segnale a questi istituti affinché aumentino nel proprio portfolio gli investimenti eticamente, socialmente ed ecologicamente sostenibili. Non è vero, come invece sostengono i contrari, che ci sarebbero delle ingenti perdite, in quanto questo tipo di investimento etico sta conoscendo una crescita non indifferente nel panorama finanziario globale. In terzo luogo, si tratterebbe di un primo passo per un controllo democratico della Banca Nazionale Svizzera secondo dei criteri di sostenibilità sociale e ambientale; passo sempre più auspicato dai nostri concittadini.
Infine, oltre ad accettare questa iniziativa popolare, il Movimento Svizzero per la Pace che esiste dall’autunno del 1949 propone che la Confederazione si impegni sempre di più nei progetti internazionali di disarmo. In particolare, come richiesto dalla nostra assemblea tenutasi quest’estate a Basilea tramite una propria risoluzione, il Consiglio Federale dovrebbe ratificare al più presto il Trattato internazionale per la proibizione delle armi nucleari (TPNW). In breve, abbiamo un’occasione d’oro per fare da esempio e promuove attivamente la pace a livello globale, non a livello idealistico ma partendo concretamente dai nostri contributi finanziari.