Il parlamento ticinese analizza il COVID-19. Riesumato l’anti-comunismo da guerra fredda.

Il livello della discussione nella seduta del Gran Consiglio dello scorso 25 maggio tutta dedicata alla crisi sanitaria da Coronavirus è stato a dir poco imbarazzante. Dopo le relazioni di tutti i ministri tranne uno (Claudio Zali, capo del Dipartimento del Territorio, non ha infatti ritenuto di doversi esprimere), il primo cittadino del Cantone, Claudio Franscella, è passato col dare la parola ai rappresentanti dei partiti eletti in parlamento.

Il grande impegno dei civilisti

Non prima però di aver ascoltato le informazioni del medico cantonale Giorgio Merlani e del capo dello Stato Maggiore di Condotta, il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi. Quest’ultimo ha ricordato in particolare che durante la pandemia erano attivi in Ticino 175 militari e 216 obiettori di coscienza astretti al Servizio Civile (di cui 58 sono ancora oggi attivi nelle strutture sanitarie). Si tratta, questo, di un elemento importante che la propaganda militarista ha finora censurato: i civilisti si sono dimostrati più disponibili e solidali rispetto ai soldati obbligati a servire.

Gobbi auspica i pieni poteri per …costruire baracche

Il neo-eletto presidente leghista del governo, Norman Gobbi, a capo del Dipartimento delle Istituzioni ha giustificato la decisione unilaterale di estendere lo stato di necessità che di fatto attribuisce poteri speciali all’Esecutivo e bypassa il Legislativo affermando che esso permette di costruire baracche senza procedere con la normale procedura di autorizzazione. Francamente un esempio ben poco calzante visto che stiamo parlando di una parziale sospensione delle prerogative democratiche del parlamento. Piuttosto imbarazzante poi il fatto di ammettere che “in alcuni comuni i sindaci e i segretari comunali nemmeno leggono l’e-mail”, il che apre nuovamente il dibattito sull’opportunità di mantenere il sistema di milizia anche per le cariche politiche. Per il resto sembrava di essere a una conferenza stampa con tanto di enfatica cronologia degli accadimenti, piuttosto che in un aula parlamentare dove occorreva insistere sul dato politico dell’emergenza vissuta.

Il PLR vuole intensificare il “meno Stato”

Peggio sono stati i rappresentanti dei Partiti che perlopiù si sono sperticati in lodi e in banali luoghi comuni. La capogruppo del Partito Liberale Radicale (PLR) Alessandra Gianella ha dichiarato che “lo Stato non deve sostituirsi ai cittadini, alle aziende e all’apparato civico” sottolineando di fatto una spinta liberista che umilia la tradizione storica del radicalismo ticinese. Naturalmente “nulla sarà come prima”, enfatizzando la necessità di generalizzare l’utilizzo del telelavoro. L’incoerenza di fondo dell’ex-Partitone che, dopo aver richiesto l’elargizione di crediti statali ai privati senza tanti distinguo fra il piccolo artigiano e la grande azienda, da qualche settimana si sta stracciando le vesti lamentandosi del debito pubblico che aumenta.

La Lega loda la sinergia pubblico-privato

La Lega dei Ticinesi, rappresentata dal deputato Boris Bignasca, si è dichiarata soddisfatta di “aver delegato tutto al governo” mostrando uno spregio al ruolo democratico del parlamento dal sapore autoritario. Bignasca ha quindi enfatizzato il partenariato pubblico-privato. Infine i leghisti hanno chiesto di adottare contromisure (quali?) per diminuire i lavoratori frontalieri nei settori chiave dell’economia: giusto, purché sia per prima la Lega ad evitare di tagliare, ad esempio, sulla sanità pubblica.

I comunisti cinesi sono colpevoli!”, PPD dixit

Il capogruppo del Partito Popolare Democratico (PPD), Maurizio Agustoni, ha spiegato che il virus deriva dalla “macellazione di animali in un paese comunista” accusando di fatto la Cina di essere responsabile della pandemia. Suscitando qui la reazione, come sempre scomposta, del deputato del Movimento per il Socialismo (MPS) Matteo Pronzini che lo ha voluto correggere accusando a sua volta Pechino di “stalinismo”. Con una retorica che sembrava di essere tornati nella guerra fredda, il rappresentante democristiano ha poi definito l’Occidente come “mondo libero” rispetto ai regimi comunisti e ha insistito sulla necessità della supremazia della società civile (cioè dei privati) sullo Stato. Nulla di cui stupirsi essendo i democristiani legatissimi, ad esempio, alle cliniche private che si pongono in concorrenza agli ospedali pubblici. Sempre per il PPD ha chiesto la parola il deputato Paolo Caroni, che ha sentenziato: “la proprietà privata non è un furto!”. Premesso che non ci risulta che siano giunte sui banchi del parlamento proposte dal sapore bolscevico di collettivizzazione delle terre, Caroni evidentemente non sa che è stato proprio Papa Francesco, in un’enciclica, a spiegare che la tradizione cristiana “non ha mai riconosciuto come assoluto e intoccabile” il principio della proprietà privata.

L’UDC fa resuscitare addirittura l’Unione Sovietica!

L’Unione Democratica di Centro (UDC), guidata in Gran Consiglio da Sergio Morisoli, al netto dei toni moralisti impiegati, ha invece spiegato – giustamente – che l’estensione dello stato di necessità andrebbe meglio regolamentato. Ma subito dopo si è unita al coro dei partiti borghesi e, preoccupata che il Coronavirus ci faccia “accumulare deficit”, ha invitato il governo ad “evitare le idee comuniste” nella riforma del welfare svizzero e, senza timore del ridicolo, ha citato addirittura l’ex-Unione Sovietica (scomparsa 30 anni fa!) come potenziale minaccia alla nostro sistema sociale. Visto che di comunismo non c’è l’ombra nelle proposte istituzionali, riteniamo che l’UDC sia preoccupata che il popolo svizzero non ne voglia più sapere delle casse malati private che lucrano sulle malattie dei cittadini e che possano arrivare a sostenere le richieste propense alla nazionalizzazione della sanità. Ma si sa: l’UDC di patriottico ha solo la retorica, per il resto si schiera sempre a favore di privatizzazioni e liberalizzazioni economiche al grande capitale, anche quello europeo.

La socialdemocrazia fa la lista della spesa

A sinistra la risposta è stata debole: condivisibile sulle proposte minime, forse, ma certamente priva di quei toni di avanguardia e di coscienza critica della società che in questi frangenti ci si potrebbe attendere. Il Partito Socialista (PS) per bocca del suo capogruppo Ivo Durisch ha presentato più che altro un elenco dei desideri: da quelli più ideologici e generici come l’auspicio per “una svolta ecologica” e la speranza che sia istituito “un reddito base garantito” (peraltro già bocciato in votazione popolare), a quelli più di dettaglio come l’invito di intervenire a favore delle badanti particolarmente penalizzare dall’impossibilità di assistere gli anziani a domicilio, oppure la richiesta di diffondere maggiormente le mascherine. L’elemento politico di fondo è stato invero piuttosto assente da parte della socialdemocrazia, se non per la giusta condanna delle politiche fiscali neo-liberiste degli anni scorsi responsabili per la diminuzione delle entrate pubbliche che ora diminuiranno ulteriormente a causa della malattia. Nell’ambito del dibattito serale ha poi preso la parola anche il neo-presidente del PS, Fabrizio Sirica, che al di là dell’uscita anti-casta dal sapore populista, ha rimarcato i problemi dei migranti che rinunciano agli aiuti statali previsti a seguito del lockdown, per timore di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno.

Sul fronte ecologista c’è poco rosso

I Verdi hanno dimostrato, al di là della critica per l’estensione dello stato di necessità, poca concretezza e molti slogan. Il capogruppo Nicola Schönenberger ha cantato le lodi del governo come neanche la destra, arrivando in un impeto retorico esasperato a definire il dottor Merlani nientemeno quale “eroe cantonale”. Con tutto il rispetto per il buon lavoro di Merlani, arrivare al suo culto forse risulta essere un po’ pacchiano. In seguito sono state sottolineate le seguenti parole d’ordine: “investire nella transizione ecologica”, favorire le “filiere corte”; essere capaci di “resilienza”.

Troppi morti in casa anziani”

In attacco è partito invece il Movimento per il Socialismo (MPS) che si è posto l’obiettivo di smascherare “la narrazione che vuole un Consiglio di Stato impeccabile”: i trotzkisti erano rappresentati dalla deputata Angelica Lepori, moglie del leader del partito Pino Sergi, che ha denunciato ritardi da parte del governo cantonale nell’intervenire fin dall’inizio dell’emergenza a tutela della salute pubblica. Lepori ha poi sottolineato situazioni pesanti per le donne che subiscono una doppia oppressione fra lavoro domestico e telelavoro, ha lamentato che non è stato decretato l’obbligo di indossare le mascherine e ha insistito nel criticare le Case anziani che hanno registrato troppi decessi. I trotzkisti sono convinti evidentemente che, per progredire, bisogna prima delegittimare tutto.

Il Partito Comunista chiede senso di comunità!

Di tutt’altra pasta l’intervento del Partito Comunista: il deputato Massimiliano Ay ha parlato con metodo di più temi riservando toni duri alle fughe di notizie e al campanilismo di quei sindaci che volevano imporre leggi ad hoc creando il caos fra i cittadini. Ay ha spiegato che il suo Partito non fa opposizione fine a se stessa, solo con intenti polemici, ma vuole contribuire a migliorare il Paese e ha invitato quindi a un maggiore senso dello Stato anche la classe politica, perché le “istituzioni repubblicane sono un’argine all’individualismo e al panico sociale”. In questo senso ha lamentato un insufficiente coinvolgimento dei sindacati nella gestione delle deroghe concesse ad alcuni imprenditori e ha condannato quella parte di padronato che ha licenziato i lavoratori pur beneficiando delle indennità di lavoro ridotto, preannunciando un’iniziativa parlamentare per vietarli. Dopodiché, pur senza replicare direttamente ai toni di isteria anti-comunista dei partiti borghesi, ha chiesto di evitare insulti sinofobici. Non ha mancato di salutare il lavoro dei civilisti, dei postini e degli operatori sanitari, persino dei poliziotti, sottolineando come la crisi debba spingerci a formare più infermieri e a nazionalizzare la “giungla delle casse malati” insistendo sul senso di comunità e ribadendo che al volontariato i comunisti preferiscono un solido servizio pubblico che lo Stato deve garantire ai cittadini. Per il rilancio del Paese occorre inoltre, secondo l’esponente comunista, superare i vincoli di bilancio e più specificatamente il freno al disavanzo che limita grandemente la possibilità dello Stato di intervenire nell’economia.