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Impariamo dal Coronavirus: serve più Stato e meno mercato

L’attuale crisi legata al Coronavirus ha messo in evidenza tutta una serie di problemi intrinsechi al nostro sistema economico neoliberista già ben presenti prima dell’arrivo del Covid-19.Nelle ultime settimane si è visto come diversi privati abbiano approfittato della situazione per far lievitare il proprio bilancio annuale: basti pensare infatti all’attitudine di molte aziende private come l’AGIE che nonostante i sussidi per il lavoro ridotto hanno proceduto con tutta una serie di licenziamenti, mettendo così in ulteriore difficoltà i lavoratori già colpiti dalla crisi sanitaria ed economica ad essa legata.

Non si dimentichi poi come il mercato privato abbia fissato prezzi esorbitanti per disinfettanti e mascherine alfine di trarre maggior profitto dalla grande domanda di questi beni così importanti in queste circostanze.L’interesse privato e la logica del profitto predominanti nel nostro Paese hanno ostacolato una soddisfacente e rapida risposta istituzionale federale alla crisi sanitaria. Le numerose privatizzazioni promosse negli ultimi decenni ai danni di un settore pubblico ritrovatosi indebolito hanno comportato numerosi problemi, divenuti particolarmente evidenti nelle ultime settimane. È emblematico in tal senso il caso della privatizzazione di Alcosuisse, che ha comportato la liquidazione delle riserve di etanolo, fondamentali per la produzione di disinfettante.

Le contraddizioni del sistema capitalista, che antepone la logica del profitto alla salute dei cittadini, è inoltre particolarmente visibile nelle recenti dichiarazioni della direttrice della clinica privata Santa Chiara di Locarno, che si è lamentata di una carenza di malati di Covid-19 nella sua struttura.

Questi citati precedentemente sono solo alcuni esempi degli effetti delle politiche neoliberiste, ma ci permettono di comparare la nostra situazione a ciò che succede al di fuori dei confini nazionali.

Se in Europa si è assistito a una corsa all’accaparramento di materiale sanitario, in Cina si è saputo costruire un ospedale in soli 10 giorni per un totale di 1’500 posti letto, si sono potuti isolare i focolai di maggiore diffusione del virus e delocalizzare di conseguenza la produzione di queste zone per la salvaguardia dell’economia nazionale. Tutto ciò non ha unicamente portato la Cina a risolvere la crisi sanitaria, ma le ha anche permesso di esprimere la sua solidarietà internazionale inviando personale e materiale sanitario laddove ve ne fosse bisogno.

Tutto ciò è stato possibile, poiché questo Paese socialista antepone l’interesse pubblico a quello privato controllando inoltre i settori che garantiscono alla popolazione i servizi fondamentali come ad esempio la sanità.

A fronte di quanto si è verificato durante questa pandemia, la Svizzera farebbe dunque bene a imparare dai suoi errori e a invertire la rotta, ponendo sotto il controllo dello Stato i settori strategici legati all’interesse pubblico, come la sanità. Si vede in tal senso la necessità di creare una cassa malati unica, pubblica e con premi proporzionali al reddito. Per rispondere con efficienza e organizzazione alle esigenze collettive, occorre che lo Stato metta al centro delle sue politiche gli interessi dei lavoratori e si opponga alla logica del profitto.

Insomma, il concetto delle nazionalizzazioni non deve più essere un tabù e dovrebbe anzi essere inserito in un processo di moderna pianificazione economica.

Angelica Forni

Angelica Forni, classe 1998, ha conseguito un Bachelor in Relazioni internazionali a Ginevra e sta studiando Public Management all'Università della Svizzera italiana. È consigliera comunale a Losone e fa parte del coordinamento della Gioventù Comunista Svizzera (GC).