Espulso dalla scuola reclute e incarcerato: “non spareremo contro gli operai”!

Nell’ultima edizione del giornale della Federazione Svizzera del Servizio Civile (CIVIVA) lo storico ed ex-deputato a Berna, Jo Lang, uno dei dirigenti del Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSoA) ha ricordato quando venne espulso della scuola reclute.

Nell’estate 1974 Jo Lang ha 20 anni e viene chiamato a scuola reclute a Morat. In caserma viene pubblicato un giornale dove l’allora giovane studente in storia scrive un articolo nel quale, alla domanda “Come lottare per i diritti democratici nell’esercito?”, risponde “Attribuendosi semplicemente i diritti nelle caserme”. Apriti cielo! La giustizia militare interviene: si tratterebbe di un “appello a violare i regolamenti militari”.

Jo Lang è tradotto in tribunale e il 19 giugno 1975 viene condannato a 4 mesi con la condizionale di 4 anni. Del caso si occuperà anche il parlamento federale grazie a un’interpellanza dell’allora consigliere nazionale e sociologo ginevrino Jean Ziegler. Intanto l’irriverente soldato viene espulso dalla scuola reclute. “Ma non dall’esercito!” – specifica Lang – il quale dovette pure sorbirsi dei corsi di ripetizione e dei corsi di complemento.

Appello alle reclute: “obiettate in massa!”

Siamo nel 1989 e in votazione popolare un terzo dei cittadini vota a favore dell’abolizione dell’esercito. Alcuni ufficiali, sconvolti dal risultato ritenuto troppo elevato, ammettono che il grande numero di “abolizionisti” è dovuto alla mancanza in Svizzera di un servizio civile per gli obiettori di coscienza, che finiscono ancora dietro le sbarre. Non era del tutto vero, ma ciò faceva comodo al Gruppo per una Svizzera senza Esercito (GSoA) che cavalcò questo tema, arrivando a inizio degli anni ‘90 a lanciare un pretenzioso appello ai coscritti per un’obiezione di massa.

Jo Lang

Ci vuole coraggio a rifiutare gli ordini. Jo Lang aderisce all’appello. Scrive al suo comandante che avrebbe svolto il suo ultimo corso di ripetizione “solo quando ci sarebbe stato un servizio civile”. Apriti cielo… un’altra volta. Di nuovo di fronte al giudice, e questa volta condannato a 20 giorni di carcere da espiare! Ma anche qui: nessuna espulsione dall’esercito. Ai militari svizzeri piace divertirsi coi dissidenti!

Nel 1993 Lang deve recuperare il corso di ripetizione, ma il servizio civile ancora non è in vigore. Coerentemente con le sue idee, rifiuta di nuovo l’ordine di marcia!

Per la terza volta si trova davanti al Tribunale di divisione e il processo diventa a questo punto tutto politico: l’avvocato difensore Marc Specha, esperto in disobbedienza civile, piazza l’appello del GSsE in un contesto di filosofia del diritto; l’imputato, storico di formazione, impartisce al giudice una storia dei diritti umani in Svizzera. Il pubblico apprezza, la corte un po’ meno: altri 25 giorni di carcere da espiare ma finalmente, questa volta, arriva pure l’espulsione dalle forze armate.

Jo Lang accetta di passare oltre 6 settimane in prigione come un criminale, pur di non prestare le sue ultime 2 settimane in caserma. E’ chiaro che quella non era un battaglia individuale: Jo Lang sapeva che questa sua lotta personale aveva in realtà un impatto politico e dunque collettivo. Ci vuole coraggio e coerenza politica: valori diversi rispetto all’opportunismo che oggi sembra sia il valore a cui la società individualista intende conformizzare le nuove generazioni. Con alcune rare eccezioni, fra cui il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) e il suo gruppo SOS-Reclute.

Perché un pacifista accettava di arruolarsi?

Alcuni esponenti di sinistra rifiutavano in quegli anni di assolvere la scuola reclute, preferendo la prigione. Eppure Jo Lang non si rifiutò di entrare in caserma. Come mai? E’ lui stesso a spiegarlo tanti anni dopo: “dal putsch di Pinochet dell’11 settembre 1973, durante il quale i soldati poveri avevano sparato contro dei civili poveri, molti avevano tratto la conclusione seguente: una tale tragedia può essere evitata solo se i soldati sono organizzati”.

E’ una tesi, questa, che ancora oggi si sente in alcuni frange della sinistra più ideologizzata (mentre il resto dei giovani che si reputa di sinistra va a militare solo per conformismo e soldi). Un dispiegamento della milizia contro delle manifestazioni popolari a favore di scenari golpisti in quegli anni sembrava plausibile e ci si illuse che l’esercito fosse riformabile dall’interno orientandone la politica a favore dei lavoratori. Non era così, naturalmente, e oggi questa ipotesi appare ancora più illusoria. Il Partito Comunista, ad esempio, ha oggi fatto del rifiuto di arruolarsi un principio della propria militanza.

Ma se nel 1985 il GSsE poté lanciare la sua iniziativa per abolire l’esercito, a sua volta determinante per conquistare la legalizzazione del servizio civile nel 1996, il merito va anche ai commilitoni di Jo Lang che, da lui organizzati, sfidarono la Polizia militare, che brancolò nel buio, firmando e diffondendo illegalmente l’appello “Non spareremo mai contro operai, contadini o studenti” che venne appeso in tutta la Svizzera.

Oggi Berna vuole tornare indietro e ostacolare il Servizio Civile. Non basterà raccogliere le firme per un referendum: occorrerà insistere con i neo-maggiorenni affinché rifiutino di andare a scuola reclute e chiedano di essere astretti al Servizio Civile per il quale molti obiettori nei decenni passati sono stati privati della loro libertà.