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I ragazzi dello sciopero sono meglio di così…

Sarò fuori dal coro, ma a me – e lo dico con tutto il rispetto per le scelte artistiche e soggettive dei professionisti che lo hanno realizzato – il documentario sui ragazzi dello sciopero per il clima non è piaciuto!

Il tema dell’inquinamento, del consumismo, dello sfruttamento delle risorse naturali è importantissimo ma questo documentario non ha raggiunto le aspettative. Ed è un peccato perché un movimento come questo, che porta in piazza un numero così elevato di giovani (al di là della sua efficacia e dei giudizi che si può avere sullo stesso) va analizzato con serietà.

Quello che emerge dalla pellicola è però uno spaccato di fatto molto individualista, quasi un’analisi psicologica dei singoli ragazzi, del tutto avulsa dalla vera dimensione collettiva (e dunque politico-sindacale) del movimento. Sul piano di massa il film si riduce quasi solo alla fiumana di gente dei cortei, ma le dinamiche che emergono sono – per assurdo – autoreferenziali e appunto …psicologiche, quasi ad alimentare un diseducativo narcisismo fra i giovani, dove questo o quel ragazzo – selezionati peraltro anche in modo molto discutibile – parla di sé, della sua famiglia, dei suoi hobby, delle sue granitiche certezze.

L’elemento politico che ne esce è di conseguenza di una banalità a tratti quasi disarmante. Ma non è la verità: la consapevolezza politica di molti dei ragazzi fra i fondatori di questo movimento in Ticino è ben maggiore (e lo so per esperienza personale). Il documentario non corrisponde insomma alle discussioni, anche molto approfondite sul piano dei contenuti e delle modalità organizzative, che sono state condotte all’interno del movimento del clima e del sindacato studentesco nei mesi scorsi (una fra tutte la contraddizione fra la visione socio-economica e la visione  etico-spirituale dell’approccio ai temi ecologici). Anche le immagini selezionate delle discussioni assembleari sono politicamente secondarie. E nel complesso il rischio è che passi l’idea di un movimento radical-chic, addirittura cosmopolita come lo definisce il sociologo intervistato dalla RSI: il modo migliore quindi per creare una divisione fra i ragazzi dello sciopero e i ceti popolari, i lavoratori. Ma anche qui la realtà sembra essere un’altra…

Gli scioperi per il clima si rivelano essere, e per fortuna, qualcosa di diverso: un movimento che si dà una dimensione comunitaria e che non si traduce affatto nella sommatoria di individualità come invece si vorrebbe fomentare con la narrazione “liberal” tipica della società post-moderna di cui la cinematografia anche targata RSI non è immune! E questa dimensione la vediamo proprio ora, in vista della manifestazione del 15 maggio 2020, in cui emergono esplicitamente elementi innovativi straordinari: uno fra tutti il legame del discorso ecologico con quello sindacale e dunque il nesso che questi giovani hanno saputo stabilire fra le questioni ambientali e le questioni sociali.

Il legame del movimento del clima con il movimento studentesco inizialmente e con il movimento operaio poi, è il vero (e forse unico) dato di innovazione strategica e dunque di cesura politica col passato. Ma non a caso il documentario glissa praticamente del tutto questo aspetto. La politica – ad esclusione di una bandiera dei Verdi e di un giovane compagno del mio Partito (lo dico quindi non per questioni partitiche, ma culturali!) – è infatti quasi assente, tanto il discorso è presentato in modo vago e dunque …innocuo.

Massimiliano Ay

Massimiliano Ay è segretario politico del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2008 al 2017 e ancora dal 2021 è consigliere comunale di Bellinzona e dal 2015 è deputato al parlamento della Repubblica e Cantone Ticino.