E sciopero è stato!
La mattina dell’otto febbraio, più di cento operai hanno incrociato le braccia alla Trasfor di Molinazzo di Monteggio. La decisione è stata presa alle 6.30 dall’assemblea generale degli operai, riuniti all’entrata della fabbrica. Gli operai hanno deciso di bloccare l’accesso alla fabbrica, posizionando delle auto davanti ai cancelli.
La decisione scaturisce dopo un rientro dalle vacanze di natale concitato. Il 23 di dicembre, durante la tradizionale panettonata con i famigliari dei dipendenti, la direzione della azienda annuncia agli operai che dal 2011 dovranno svolgere 2 ore in più a pari salario. L’augurio di buon natale del signor Palladini, direttore dello stabilimento, non è però stato digerito dai lavoratori in produzione.
Con l’aiuto del sindacato Unia, hanno consegnato una petizione firmata da praticamente tutti gli operai ed una parte significativa degli impiegati, per chiedere alla direzione di rinunciare all’accordo. Non c’è stato nulla da fare, la commissione del personale (Cope) si è lasciata ingannare ed a sostenuto l’accordo.
Visto l’atteggiamento della Cope gli operai hanno deciso di raccogliere le firme per destituirla. È stata firmata petizione da quasi tutti gli operai, segno evidente di quanto questa non fosse rappresentativa della volontà delle maestranze.
Ad ogni modo la direzione non ha voluto cedere alle richieste certamente legittime degli operai. A questo punto, con un importante sostegno del sindacato Unia, i lavoratori decidono di passare per vie più dure. Vista la rigidità della parte padronale, comincia a ventilare la minaccia di sciopero. Una risoluzione che apre la possibilità a delle misure di lotta è stata votata in assemblea da numerosi operai ad inizio febbraio.
Visto l’ennesimo rifiuto della direzione, anche solo d’incontrare i rappresentanti sindacali di Unia, la mattina dell’otto febbraio si concretizza la mobilitazione. Nonostante alcuni funzionari OCST presenti abbiano tentato di smorzare gli animi, turno dopo turno si è votato lo sciopero. Così si è continuato fino nel primo pomeriggio quando tutti i turni si sono astenuti dal lavoro. La direzione è stata più volte invitata ad esprimersi difronte ai lavoratori, in risposta sono stati inviati degli scagnozzi dei piani alti che hanno cercato di dividere gli operai. Visto lo scarso successo dei colletti bianchi, è stata poi avvertita la polizia cantonale, che è sopraggiunta a sciopero già deciso. I funzionari di Unia si sono impiegati a mettere a tacere alcune teste calde in giacca e cravatta che cercavano di minacciare gli scioperanti, mentre i funzionari OCST scroccavano qualche adesione immeritata. D’altronde uno dei direttori dell’azienda era particolarmente adirato con Scolari del cristiano sociale perché non è riuscito a rispettare i patti. Probabilmente l’OCST aveva cercato di chiudere la questione con una bella mangiata tra padroni e sindacato…
Da notare la presenza di un militante, non certo di base, del Partito Democratico, che con un paio di suoi collegi in doppio petto, hanno invitato la polizia ad obbligare gli operai ad andare a lavorare. Importante la riposta dell’agente: “mi, ordini dà ti an ciapi mia!”. Le forze dell’ordine hanno semplicemente dovuto assicurare che qualche colletto bianco non passasse alle vie di fatto. Gli operai hanno saputo mantenere la calma in modo molto più esemplare, non giustificando in alcun modo un intervento qualsiasi da parte della polizia.
In tardo pomeriggio la direzione cede infine, ed accetta d’incontrare una delegazione composta da quattro operai, due sindacalisti Unia e purtroppo anche due sindacalisti dell’OCST. La trattativa si è conclusa con poca cosa, la risoluzione proposta all’assemblea degli operai dalla delegazione è stata rigettata dalla maggioranza dei presenti. È tuttavia sorto un gruppo di operai indecisi che hanno creato molti battibecchi che si sono conclusi con uno scoraggiamento generale e la fine dello sciopero, solo per ora si spera…
Rimangono dei dubbi sul ruolo dei sindacati nelle trattative, sapendo che OSCT è quello che è, e che Unia eredita almeno in parte la tradizione sindacale della FMLO. Forse sarebbe stato meglio uscire con un nulla di fatto, la risoluzione proposta era da evitare. Probabilmente sarebbe stato meglio incoraggiare a continuare lo sciopero per aumentare la pressione sulla direzione, già al quanto nervosa. La richiesta fino a quel momento era l’annullamento dell’accordo firmato dalla Cope ormai destituita.
La mattina dell’otto febbraio, più di cento operai hanno incrociato le braccia alla Trasfor di Molinazzo di Monteggio. La decisione è stata presa alle 6.30 dall’assemblea generale degli operai, riuniti all’entrata della fabbrica. Gli operai hanno deciso di bloccare l’accesso alla fabbrica, posizionando delle auto davanti ai cancelli.
La decisione scaturisce dopo un rientro dalle vacanze di natale concitato. Il 23 di dicembre, durante la tradizionale panettonata con i famigliari dei dipendenti, la direzione della azienda annuncia agli operai che dal 2011 dovranno svolgere 2 ore in più a pari salario. L’augurio di buon natale del signor Palladini, direttore dello stabilimento, non è però stato digerito dai lavoratori in produzione.
Con l’aiuto del sindacato Unia, hanno consegnato una petizione firmata da praticamente tutti gli operai ed una parte significativa degli impiegati, per chiedere alla direzione di rinunciare all’accordo. Non c’è stato nulla da fare, la commissione del personale (Cope) si è lasciata ingannare ed a sostenuto l’accordo.
Visto l’atteggiamento della Cope gli operai hanno deciso di raccogliere le firme per destituirla. È stata firmata petizione da quasi tutti gli operai, segno evidente di quanto questa non fosse rappresentativa della volontà delle maestranze.
Ad ogni modo la direzione non ha voluto cedere alle richieste certamente legittime degli operai. A questo punto, con un importante sostegno del sindacato Unia, i lavoratori decidono di passare per vie più dure. Vista la rigidità della parte padronale, comincia a ventilare la minaccia di sciopero. Una risoluzione che apre la possibilità a delle misure di lotta è stata votata in assemblea da numerosi operai ad inizio febbraio.
Visto l’ennesimo rifiuto della direzione, anche solo d’incontrare i rappresentanti sindacali di Unia, la mattina dell’otto febbraio si concretizza la mobilitazione. Nonostante alcuni funzionari OCST presenti abbiano tentato di smorzare gli animi, turno dopo turno si è votato lo sciopero. Così si è continuato fino nel primo pomeriggio quando tutti i turni si sono astenuti dal lavoro. La direzione è stata più volte invitata ad esprimersi difronte ai lavoratori, in risposta sono stati inviati degli scagnozzi dei piani alti che hanno cercato di dividere gli operai. Visto lo scarso successo dei colletti bianchi, è stata poi avvertita la polizia cantonale, che è sopraggiunta a sciopero già deciso. I funzionari di Unia si sono impiegati a mettere a tacere alcune teste calde in giacca e cravatta che cercavano di minacciare gli scioperanti, mentre i funzionari OCST scroccavano qualche adesione immeritata. D’altronde uno dei direttori dell’azienda era particolarmente adirato con Scolari del cristiano sociale perché non è riuscito a rispettare i patti. Probabilmente l’OCST aveva cercato di chiudere la questione con una bella mangiata tra padroni e sindacato…
Da notare la presenza di un militante, non certo di base, del Partito Democratico, che con un paio di suoi collegi in doppio petto, hanno invitato la polizia ad obbligare gli operai ad andare a lavorare. Importante la riposta dell’agente: “mi, ordini dà ti an ciapi mia!”. Le forze dell’ordine hanno semplicemente dovuto assicurare che qualche colletto bianco non passasse alle vie di fatto. Gli operai hanno saputo mantenere la calma in modo molto più esemplare, non giustificando in alcun modo un intervento qualsiasi da parte della polizia.
In tardo pomeriggio la direzione cede infine, ed accetta d’incontrare una delegazione composta da quattro operai, due sindacalisti Unia e purtroppo anche due sindacalisti dell’OCST. La trattativa si è conclusa con poca cosa, la risoluzione proposta all’assemblea degli operai dalla delegazione è stata rigettata dalla maggioranza dei presenti. È tuttavia sorto un gruppo di operai indecisi che hanno creato molti battibecchi che si sono conclusi con uno scoraggiamento generale e la fine dello sciopero, solo per ora si spera…
Rimangono dei dubbi sul ruolo dei sindacati nelle trattative, sapendo che OSCT è quello che è, e che Unia eredita almeno in parte la tradizione sindacale della FMLO. Forse sarebbe stato meglio uscire con un nulla di fatto, la risoluzione proposta era da evitare. Probabilmente sarebbe stato meglio incoraggiare a continuare lo sciopero per aumentare la pressione sulla direzione, già al quanto nervosa. La richiesta fino a quel momento era l’annullamento dell’accordo firmato dalla Cope ormai destituita.
Le posizioni padronali sono insostenibili
Da parte padronale si argomenta con le solite scuse. Secondo loro, una ditta come la Trasfor, che fa comunque dei prodotti di qualità, riuscirà a stare in piedi solo aumentando lo sfruttamento dei lavoratori. Il grande direttore aveva la Jaguar, tra tutti i direttori un milione in auto di lusso c’era tutto. Contando che se l’auto è di lusso, i tipi non hanno una casetta, ma una o due belle ville, sicuramente lo sforzo lo avrebbero potuto fare loro, si parla di sei o sette persone. Invece lo fa chi prende 3’500 franchi lordi, poco meno poco più. Inoltre un’industria che assembla pezzi metallici con finiture di qualità, associata dell’Associazione Svizzera del Metallo – di cui Schneider Amman sa qualcosa, non rinuncia facilmente al marchio ASM, uscendo dalla convenzione collettiva o minacciando di delocalizzare. D’altronde il mito che, vista la concorrenza della Cina, non possiamo più avere mezzi di produzione nel nostro paese è ridicola. Il tessuto industriale del nostro paese potrebbe benissimo mantenuto se la politica si occupasse di pianificare l’economia, invece di cercare il modo di mascherare i furti della borghesia ai danni dei lavoratori.
La scusa del cambio è anche in questo caso inaccettabile. In primo luogo quando il cambio era alto non si aumentavano i salari e si diceva perché le merci costano troppo! È una presa in giro che deve finire, ancora una volta l’industria in Svizzera può sopravvivere se la politica si muove in modo da definire un progresso intelligente per il nostro paese. Se invece ci si sottomette all’Ue, come è stato fatto concludendo dei “bilaterali” molto unidirezionali, dai lavoratori versi i padroni, questo sarà impossibile. La fluttuazione dell’euro non è una novità, la lira aveva movimenti anche più tumultuosi. Il problema dell’euro è un altro, è che è controllato dai monopoli imperialisti su scala europea, principalmente concentrati in Germania, Francia e Gran Bretagna. Non c’è un popolo che ha guadagnato qualcosa con l’euro, perché anche con l’euro i profitti se li intascano i borghesi. E sono i profitti che gli operai dovranno, prima o poi, saper conquistare, e solo li i diritti veri verranno.
Da parte padronale si argomenta con le solite scuse. Secondo loro, una ditta come la Trasfor, che fa comunque dei prodotti di qualità, riuscirà a stare in piedi solo aumentando lo sfruttamento dei lavoratori. Il grande direttore aveva la Jaguar, tra tutti i direttori un milione in auto di lusso c’era tutto. Contando che se l’auto è di lusso, i tipi non hanno una casetta, ma una o due belle ville, sicuramente lo sforzo lo avrebbero potuto fare loro, si parla di sei o sette persone. Invece lo fa chi prende 3’500 franchi lordi, poco meno poco più. Inoltre un’industria che assembla pezzi metallici con finiture di qualità, associata dell’Associazione Svizzera del Metallo – di cui Schneider Amman sa qualcosa, non rinuncia facilmente al marchio ASM, uscendo dalla convenzione collettiva o minacciando di delocalizzare. D’altronde il mito che, vista la concorrenza della Cina, non possiamo più avere mezzi di produzione nel nostro paese è ridicola. Il tessuto industriale del nostro paese potrebbe benissimo mantenuto se la politica si occupasse di pianificare l’economia, invece di cercare il modo di mascherare i furti della borghesia ai danni dei lavoratori.
La scusa del cambio è anche in questo caso inaccettabile. In primo luogo quando il cambio era alto non si aumentavano i salari e si diceva perché le merci costano troppo! È una presa in giro che deve finire, ancora una volta l’industria in Svizzera può sopravvivere se la politica si muove in modo da definire un progresso intelligente per il nostro paese. Se invece ci si sottomette all’Ue, come è stato fatto concludendo dei “bilaterali” molto unidirezionali, dai lavoratori versi i padroni, questo sarà impossibile. La fluttuazione dell’euro non è una novità, la lira aveva movimenti anche più tumultuosi. Il problema dell’euro è un altro, è che è controllato dai monopoli imperialisti su scala europea, principalmente concentrati in Germania, Francia e Gran Bretagna. Non c’è un popolo che ha guadagnato qualcosa con l’euro, perché anche con l’euro i profitti se li intascano i borghesi. E sono i profitti che gli operai dovranno, prima o poi, saper conquistare, e solo li i diritti veri verranno.
Solidarietà da Sinistra
Sconcertato ed allo stesso tempo solidale si é fin da subito mostrato il Partito Comunista (PC), che in una nota diramata alla stampa se la prende con la parte padronale rea di avere “tentato, nel modo più autoritario possibile, di impedire la libertà sindacale chiedendo l’intervento della Polizia”. Secondo i comunisti l’atteggiamento tenuto dai gestori dell’azienda é stato inamissibile e sconsiderato, così facendo” i vertici dimostrano di avere un senso della democrazia indegno del nostro Paese!” I lavoratori devono riscoprire lo sciopero come importante strumento di lotta, soprattutto, aggiunge il PC, “in questo periodo molto critico per il mondo del lavoro, con un attacco preciso e frontale da parte del padronato, riteniamo fondamentali le singole lotte che partono dal basso nelle aziende locali per difendere questi diritti.”