“Il Ghana non può più continuare a fare politica sulla base di un qualsivoglia sostegno che il mondo occidentale, Francia o Unione Europea possono darci. Non ha funzionato e non funzionerà. Dobbiamo uscire da questa mentalità di dipendenza. La Francia farà i suoi interessi, e quando questi coincidono con i nostri, tant mieux, come dicono i francesi. Ma la nostra preoccupazione dovrebbe essere quella di capire che cosa dobbiamo fare in questo XXI secolo per togliere il cappello dalle mani dell’Africa per chiedere aiuto e carità. Semmai è il continente africano, quando si guardano alle sue risorse, che dovrebbe dare denaro agli altri. Dobbiamo avere una mentalità che ci dice che possiamo farlo. E una volta che avremo questa mentalità sarà una liberazione per noi stessi e per l’Africa”.
A pronunciare queste parole è stato, a fine 2017, il presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, di fronte al presidente della Francia Emmanuel Macron. Detto fatto: oggi il Ghana rinuncia agli “aiuti” del Fondo Monetario Internazionale e inizia una nuova stagione di sovranità nazionale e quindi economica. E in effetti tutti i valori macroeconomici denotano un chiaro miglioramento.
Emancipandosi dalla Francia neo-colonialista che nell’area continua a dettare legge vergognosamente, insomma, il paese africano si sviluppa. Eccome se si sviluppa: con tassi di crescita dell’8,5% del prodotto interno lordo. E questo è stato possibile non solo per la relativa stabilità istituzionale del Paese e la sicurezza rispetto al terrorismo religioso, ma anche perché ha scelto i propri partner strategici, rinunciando cioè alla Francia e dando priorità alla Cina e all’Eurasia. Due miliardi di dollari di import e quasi 2,5 miliardi di dollari di export (gas, petrolio, cacao, ecc.): queste sono le cifre del Ghana che fra i primi otto parter commerciali oggi vede la Cina, l’India, il Sudafrica (tre dei cinque paesi emergenti dei cosiddetti BRICS) ma anche la Svizzera neutrale.
Si conferma quindi l’analisi del Partito Comunista svizzero che da tempo va spiegando che il futuro della Svizzera è quello di giocare un ruolo di protagonista nella nuova conformazione geoeconomica del mondo, se saprà cioè valorizzare la propria neutralità e svincolandosi sempre più dal campo atlantico e diventando un ponte strategico fra l’Eurasia e i paesi del sud del mondo.