Non si ha notizia di un supporto degli internauti statunitensi agli yemeniti che muoiono da anni per la guerra sotto le bombe saudite, mentre il loro aiuto ai manifestanti iraniani è spiegato nei telegiornali europei, i quali alle proteste di Teheran dedicano molto più spazio che alla guerra yemenita.
La ragione dell’attenzione mediatica e del supporto internet a stelle strisce, per altro abbastanza ridicolo, almeno per le notizie emerse, nasce dal fatto che il governo iraniano infastidisce coloro che sono contrari a un mondo multipolare, essendo capace grazie alla Rivoluzione del 1979 di garantire l’affermazione dei diritti sociali per quasi 90 milioni di cittadini, triplicati in trent’anni, col più alto tasso di scolarizzazione del Medioriente, in cui le donne hanno avuto accesso alle scuole di ogni ordine e grado, sono il 60% degli studenti universitari, il 50% dei primari d’ospedale e il 40% dei dirigenti d’azienda. La Cina, la Russia e il Venezuela sono interlocutori privilegiati della Repubblica Islamica e le vittorie in Irak e in Siria contro il terrorismo estremista sono arrivate anche per la fondamentale collaborazione degli iraniani. La Repubblica Islamica inoltre è solidale e sostiene i palestinesi e la Corea Popolare, abbastanza per capire perché l’imperialismo abbia tanto in odio il paese sciita. Se questo è il quadro generale, veniamo ai fatti degli ultimi giorni.
Ai primi di dicembre il governo del presidente Rohani annuncia che per il nuovo anno persiano, che inizia il 21 marzo 2018, saranno eliminati i sussidi per un quinto della popolazione e aumentati i prezzi di svariati prodotti di base per lungo tempo calmierati, in più il costo della benzina balzerà a +70% e le bollette di luce e gas a +40%. Verranno triplicate le multe stradali, la tassa per recarsi all’estero passerà da 14 a 44 euro per il primo viaggio e a 88 euro per i successivi. L’accordo sul nucleare con Trump è naufragato, le sanzioni restano, gli investimenti stranieri non arrivano, tutto questo si riverbera in un drammatico aumento dell’inflazione e della disoccupazione.
Giovedì 28 dicembre a Mashad operai, piccoli commercianti, pensionati, tutti fedeli alla Rivoluzione e legati, più ancora che all’ex presidente Ahmadinejad, al conservatore Ebrahim Raisi, candidato contro Rohani alle ultime elezioni, nonché responsabile del mausoleo cittadino dell’Imam Reza, uno dei luoghi più sacri dello sciismo, scendono in piazza contro il governo, fraternizzando in piazza coi pasdaran. Le richieste sono chiare, qualche manifestante privo dei necessari strumenti culturali per capire il fondamentale ruolo dell’Iran nella lotta al terrorismo internazionale, esprime una battuta, certo infelice, sul fatto che prima di aiutare gli irakeni e i siriani si dovrebbero aiutare gli iraniani.
Dopo queste manifestazioni avvengono quattro episodi diversi, che i media occidentali confondono.
Una straordinaria manifestazione partecipatissima per le strade di Teheran a sostegno del governo e della guida suprema Ali Kamenei. Lo svilupparsi in molte altre città di contenute manifestazioni contro il carovita, ma non contro il governo e neppure contro la Rivoluzione Islamica. Il diffondersi sul social “Telegram” di appelli alla mobilitazione contro il governo in persiano e in inglese, per il 70% provenienti dall’Arabia Saudita, con un’intensificazione dell’attività anti-iraniana della televisione londinese in lingua persiana di proprietà saudita.
Tale campagna porta in piazza piccoli gruppi di scalmanati, principalmente dell’alta borghesia di Teheran, i quali non potendo certo protestare per il pane, che a loro non manca, riprendono l’idea della critica alla politica internazionale, dicendo che vengono prima gli iraniani dei siriani e degli irakeni. Alcuni di questi gruppi di critici filo-occidentali scendono in piazza con gli slogan più assurdi: la polizia della capitale ha dato notizia di un gruppo di giovani neppure ventenni arrestato perché inneggiava allo scià, di cui certo non hanno conosciuto la brutale e sanguinaria dittatura, e che interrogati non hanno saputo rispondere del perché si richiamassero a una figura tanto spregevole della storia iraniana. Il dubbio che qualcuno abbia prestato loro gli slogan resta.
Quarto e ultimo episodio, che come evidente c’entra poco col carovita, è l’assalto a una caserma. A quanto è dato sapere promosso da elementi sovversivi sostenuti dai sauditi e prontamente arrestati.
I paragoni con il movimento verde del 2009, come risaputo eterodiretto dall’Occidente, sono quindi molto parziali e in larga parte incongrui. Il governo rivoluzionario che dal 1979 guida l’Iran saprà rivedere le scelte sbagliate e limitare la corruzione, questo chiedono i cittadini e questo accadrà, i provocatori al contrario non avranno alcuno spazio e alcuna possibilità.
Con buona pace degli avversari internazionali della Rivoluzione, gli ayatollah e i pasdaran restano per la maggioranza assoluta della popolazione la più sincera garanzia di autonomia e indipendenza della nazione iraniana.