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Lucky, o la poetica della tarda età

Come la sigaretta si consuma nel crepitare della carta e del tabacco, così trascorrono le giornate di Lucky dove, all’interno della ripetizione, le variazioni sul tema costituiscono altrettanti spunti di riflessione.

Lucky ha novant’anni, è ateo, fuma un gran numero di sigarette al giorno e nel frigo tiene solo latte. Non si è mai sposato e non ha avuto figli, e grazie alla sua salute di ferro è sopravvissuto a tante persone che vivevano con lui nella cittadina sperduta nel deserto. Trascorre le giornate in due bar che frequenta quotidianamente assieme a un gruppo di fedelissimi avventori, tra parole crociate e discussioni. La routine giornaliera che assieme a proprietari di bar, camerieri, avventori quotidiani e commercianti sembra aiutarlo a poter stare solo senza solitudine, viene stravolta un giorno da un malore dovuto all’età, che lo costringerà a chinarsi su aspetti dell’esistenza fino a quel momento distanti.

Il film del regista John Carroll Lynch attore molto conosciuto nel circuito hollywoodiano (Fargo, Zodiac, Shutter Island) al suo esordio alla regia, si avvale di un cast d’eccezione. In esso spiccano il più famoso omonimo regista David Lynch, Tom Skerritt, ma soprattutto il protagonista Harry Dean Stanton, nato nel 1926, che, in qualche modo, nel film racconta anche sé stesso. Un’interpretazione intensa, carica di emozione ma anche ironia, brillante sotto tutti gli aspetti: a detta di chi scrive, nonostante manchino ancora molti film del concorso internazionale, il Pardo d’oro come miglior attore protagonista sarebbe in buone mani.

IMG_6252È un film talmente ricco, dalle mille sfaccettature e dalla poetica incisiva ma al tempo stesso delicata, che scriverne può diventare un atto irrispettoso della bellezza e del senso dell’opera. Il film racconta senza patemi di una fase della vita dove le difficoltà, specie se vissute da sole, assumono carica e significato diverso. Dove volgere lo sguardo al passato può essere faticoso, ma anche smentire vecchi pregiudizi e visioni. Estremamente rispettoso della dignità dell’età anziana, spesso svilita nel discorso pubblico in una fase storica dove la frattura generazionale è importante e complessa da affrontare, Lucky inserisce in un filone di cinema indipendente americano (si veda anche il bellissimo Nebraska di Alexander Payne del 2013) che ha deciso di affrontare la vecchiaia attraverso uno sguardo che restituisce appieno, oltre alle difficoltà, anche la bellezza e le possibilità per chi la attraversa. Filone che, spesso, racconta le storie di anziani in cittadine piccole e abbandonate, metafora (volontaria o meno) della frammentazione in atto da svariati anni negli Stati Uniti.

In seguito al malore, il protagonista si chinerà assieme ad altre persone del villaggio, attraverso una serie di dialoghi sempre curatissimi, su tematiche riguardanti la vita, l’esistenza, le relazioni. Si tratta di un film filosofico, dove i personaggi sono interessanti e mai banali, senza che nessuno di loro rechi su di sé l’eccezionalità o eccentricità di avvenimenti straordinari, ma ognuno con una storia da raccontare. Uno degli aspetti significativi del film è la restituzione alla tarda età di tutti le sue caratteristiche, senza la fastidiosa enfasi giovanilista dei tempi d’oggi che batte il ferro della “terza giovinezza” con fini di consumo e omologazione.

Simone Romeo

Simone Romeo, classe 1993, è pedagogista e dottorando di ricerca in "Educazione nella società contemporanea" presso l'Università di Milano-Bicocca. Già consigliere comunale a Locarno per il Partito Comunista, collabora da diversi anni con sinistra.ch.