Durissima la reazione del Partito Comunista, sezione ticinese del Partito Svizzero del Lavoro, che per bocca del suo segretario politico Massimiliano Ay definisce “reazionaria” la decisione del Consiglio federale, il quale pare abbia deciso di “smantellare, passo dopo passo, il diritto dei giovani di scegliere se prestare un servizio civile a favore della collettività o se assoggettarsi al servilismo militare agli ordini di fanatici che ritengono Francia e Italia dei potenziali nemici della patria”. Chiaro qui il riferimento alla cartina dei potenziali avversari del paese disegnata dal comandante delle forze armate elvetiche Blattman nel marzo 2010. La scelta del governo appare secondo Ay “in controtendenza rispetto alla politica militare della borghesia europea”: l’esercito svizzero, infatti, sarebbe “in balia di nazionalisti chiusi a riccio nella loro mentalità da ridotto nazionale” che, così facendo, di fatto aumentano il numero di effettivi: “se pensiamo che la Svizzera ha un numero di soldati attivi quasi parificabile a quello della Germania c’è da che chiederci sul grado di sanità mentale di certi onorevoli”, conclude durissimo il segretario comunista, peraltro direttamente coinvolto nel 2001 nel rifiuto degli ordini alla caserma di Friborgo.
Anche il Partito Socialista ha espresso rammarico per la riforma varata dal governo e su Facebook il granconsigliere PS Carlo Lepori ha scritto: “L’esercito teme di avere sempre meno reclute e allora rende la vita difficile agli obiettori… invece di preoccuparsi di quelli che mentono per schivare il servizio militare”.
Non condivide del tutto questa opinione il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), che dal 2003 dispone di un ufficio di consulenza per aiutare i giovani ad uscire dalla caserma con ogni mezzo: anche schivare ogni servizio serve alla causa anti-militarista, insomma! Ed è proprio il coordinatore del SISA Mattia Tagliaferri in un’intervista radiofonica, a definire quello che arriverà con l’applicazione della riforma come “il momento più nero per gli obiettori di coscienza dopo quello in cui ancora venivano messi in prigione”. Sul sito del sindacato si legge poi la censura del SISA nei confronti del governo, reo di essere rimasto fermo al palo del 1914-’18, date della prima carneficina mondiale. Il riferimento non è fuori luogo come potrebbe sembrare: “nel 1914 l’Europa era sull’orlo del socialismo” scriveva Fernard Braudel e per evitare questo i governi occidentali decisero di far massacrare i lavoratori fra loro nella contesta inter-imperialista fra le più sanguinose della storia umana. Oggi potremmo dire che per evitare che la crisi economica produca un senso di critica sociale fra le giovani generazioni, occorre intrupparle e omologarle per bene nelle caserme. Ma è anche il dato prettamente economico e lavorativo a preoccupare il SISA: “Il fatto che verranno dimezzati i rimborsi spesa a quei civilisti che prestano servizio presso un istituto d’impiego che non può fornire prestazioni in natura è un vero e proprio furto. Questa misura – spiega Tagliaferri – è uno sdoganamento bello e buono di lavoro sottopagato che andrà oggettivamente a creare ulteriore dumping in molti settori – come quello sanitario – in cui ci sono già molti problemi da un punto di vista sindacale”. Il SISA ribadisce quindi il proprio sostegno all’iniziativa popolare per abolire il servizio militare obbligatorio, nel cui comitato promotore figura proprio l’altro coordinatore del sindacato, il mesoccone Janosch Schnider.
Fra i professionisti del pacifismo troviamo Luca Buzzi, uno dei pionieri del servizio civile in Ticino, che dal 1977 si è battuto a tutela dei ragazzi che preferivano il carcere alla scuola reclute pur di restare coerenti coi proprio principi ideali, in una lettera aperta ha criticato anzitutto il fatto che la modifica dell’ordinanza di applicazione della legge sul servizio civile sia stata modificata dal governo in tempi rapidissimi: pensiamo infatti che una mozione ancora peggiore che voleva reintrodurre l’esame della coscienza per i renitenti alla leva era stata bocciata in parlamento solo il 2 dicembre scorso! Buzzi – che oggi coordina il Centro per la nonviolenza della Svizzera italiana di Bellinzona – va poi nel dettaglio della controriforma: “la necessità di riconfermare la domanda dopo 4 settimane, oltre a prolungare i termini di ammissione, potrebbe portare per una semplice dimenticanza o imprevisto, alla non ammissione. La limitata possibilità di scelta degli impieghi, penalizzerà le piccole associazioni (già in parte escluse a causa del pagamento dell’indennità alla Confederazione per occupare un civilista, che ora viene addirittura aumentata), proprio in un momento nel quale si cercano nuove possibilità d’impiego per l’aumento dei civilisti”. Buzzi teme inoltre che il dimezzamento delle indennità possa portare a un ricorso all’assistenza sociale degli obiettori che devono mantenere una famiglia e che il cosiddetto “periodo lungo” di 6 mesi (per quanto si possano spartire in due tappe) da svolgere entro tre anni dall’ammissione (attualmente si aveva tempo fino ai 27 anni di età) costringerà chi continua gli studi a scegliere di fare un anno sabbatico.
Non si riscontra per adesso alcuna presa di posizione pubblica da parte dei giovani socialisti ticinesi e dei giovani Verdi che finora non hanno protestato. Vivace per contro la reazione della Gioventù Comunista, la quale ritiene “sciagurata” la scelta di Berna, che consisterebbe nel “punire la volontà dei giovani di rendersi utili alla società senza imbracciare fucili e scattare sull’attenti davanti a ufficiali integralisti, persone dal comportamento infantile per palesare il proprio potere“. La citazione è dell’attuale sindaco di Bellinzona, Brenno Martignoni, che – cosa poco nota – nel 1981 pubblicò un diario della sua scuola reclute in cui in questi termini dipingeva i suoi superiori. Il coordinatore dei giovani comunisti Aris Della Fontana, che proprio in questo momento sta svolgendo il suo servizio civile in un ospedale commenta: “la destra e l’estrema destra in consiglio federale, invece di migliorare le condizioni di impiego per i civilisti (ragazzi apprezzati dalla popolazione per il loro aiuto concreto in settori di vitale importanza per il benessere della comunità), vuole tagliare loro i rimborsi finanziari e diminuire gli istituti di impiego. Si tratta di angherie per discriminare chi rifiuta coraggiosamente di omologarsi”. Secondo Della Fontana i più penalizzati saranno le reclute che sviluppano un conflitto di coscienza durante il servizio militare e che d’ora in poi dovranno sottoporsi a una sorte di “esame” in caserma: “sappiamo come questi avverranno – spiega il giovane comunista – saranno condotti da psicologi esperti nel truffare i ragazzi (che saranno già sufficientemente confusi) per ostacolare il loro diritto di prestare un servizio alternativo come previsto dalla Costituzione federale. L’obiettivo non è solo mantenere un controllo sociale sui giovani intruppandoli, ma anche incassare soldi: siamo sicuri che questa pratica aumenterà il numero di inabili al servizio costretti a pagare la tassa militare; al di là dei mille trucchi per farsi scartare, già oggi infatti molti giovani vengono esclusi dal servizio militare perché non si sa dove piazzarli!”.
In sintesi: se sempre più giovani chiedono di poter essere utili alla popolazione svolgendo un servizio alla collettività in ambiti civili, ecologici e sociali, significa che l’esercito ha perso di legittimità e non la potrà certo riconquistare attraverso misure coercitive e amministrative per impedire ai giovani di “obiettare”.