Fondo Monetario e Banca Mondiale ammettono: i biocombustibili aggravano le carestie!

La Banca Mondiale (BM), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e altri organismi regionali hanno ammesso che sacrificare alimenti per produrre biocombustibili aggraverà la fame nel mondo. Paul Ziegler, cattedratico dell’Università Centrale di Berlino, ritiene che l’uso del biocombustibile è un crimine contro l’umanità.
Recenti report di FMI e di BM hanno segnalato che la situazione della fame sta tornando di una gravità estrema a causa dell’uso che alcune nazioni fanno del cibo per produrre combustibili.
La BM ha avvisato che se i prezzi degli alimenti continueranno a salire, migliaia di persone saranno vittime dell’inedia, e che la crisi sociale causata dall’inflazione potrà scatenare un conflitto di grandi proporzioni in regioni dell’Africa, Asia e America Latina. Proprio per questa ragione di fondo, ha ricordato, sono scoppiati i recenti disordini ad Haiti, Filippine ed Egitto.
L’organizzazione dell’ONU per l’Agricoltura e l’alimentazione (FAO) ha rivelato che il prezzo del paniere medio per una famiglia in America Latina è rincarato del 45% negli ultimi nove mesi.
Ziegler ha dichiarato che bruciare centinaia di milioni di tonnellate di mais, cereali, riso e altri prodotti agricoli è un fattore che sta alla radice dei rincari alimentari. Egli ha pure dichiarato che la politica del FMI obbliga molti paesi del Terzo Mondo ad adottare una politica agricola orientata all’esportazione a costo dell’economia di sussistenza.
Il mondo si trova, ha detto, in una situazione pericolosa in cui le rivolte per fame possono moltiplicarsi. Il rappresentante della FAO a Cuba, Marcio Porto, ha definito inaccettabile il numero delle persone affamate nel mondo, nonostante sia diminuita dai 1.023 milioni del 2009 ai 925 milioni di quest’anno. Sono cifre più alte di quelle precedenti la crisi economica e alimentare del 2008 e 2009, e più alti del livello esistente quando nel 1996 venne deciso di ridurre della metà il numero degli affamati nel mondo.
Secondo la FAO, il grosso di chi vive in quelle condizioni si trova nei paesi in via di sviluppo, dove sono il 16% della popolazione.
Anche se l’Africa sub sahariana ha diminuito a circa 12 milioni di persone i denutriti, più di 240 milioni di africani vivono ancora in condizioni d’insufficienza alimentare.
Il Presidente della Conferenza Regionale della FAO, l’angolano Alfonso Pedro Canga, ha detto che per l’Africa è ora di affrontare il problema della fame facendo leva sulla mobilitazione delle risorse di ogni paese. Lo sforzo regionale per combattere la fame e la povertà deve essere sostenuto dall’appoggio finanziario e tecnico degli altri paesi sviluppati e degli organismi internazionali.
L’incapacità dell’India di tradurre la sua crescita economica in una riduzione della fame è venuta alla luce in un report dell’Istituto Internazionale di Ricerca della Politica Alimentare (IFPRI in inglese). L’India occupa il posto 67 fra 87 nazioni, dietro Pakistan, Nigeria, Sri Lanka e Sudan. La lista si basa su tre indicatori: la prevalenza della malnutrizione nei bambini minori di cinque anni, l’indice della mortalità infantile e la proporzione delle persone sottoalimentate.
L’Indice di fame globale definito a partire da questi tre aspetti colloca i paesi in una scala di 100 punti in cui un punteggio superiore a 20 è considerato allarmante, e sopra 30 molto allarmante. L’India ha ottenuto 24,1 punti, soprattutto per essere il paese col 42% dei bambini malnutriti nel mondo. Questa posizione contrasta con la crescita esibita dall’economia indiana negli ultimi anni, e nonostante la crisi globale.
Secondo il direttore per l’Asia dell’IFPRI, Ashok Gulati, la spiegazione sta nel fatto che l’India, a differenza della Cina, per esempio, ha orientato i suoi successi economici verso i settori del servizio, in particolare le tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni, mentre rimane inalterata la sua agricoltura.
Il rincaro degli alimenti nei prossimi anni aumenterà la fame in America Latina, è quanto indicato dall’ultimo appello della FAO. La situazione descritta dall’organismo internazionale conferma che la recessione ha aumentato da 47 a 52,5 milioni le persone denutrite nel 2010, situazione che in America centrale peggiorerà.
Il rappresentante regionale della FAO, José Graziano, ha spiegato che il ritorno del problema fame in America Latina è importante, perché era l’unica zona del pianeta che stava per eliminare il problema. L’aumento dei prezzi internazionali degli alimenti a partire dal 2006 e la crisi finanziaria ed economica del 2009, sono le principali cause della malnutrizione negli ultimi anni.
L’instabilità e la stagnazione di Stati Uniti ed Europa colpirà le nazioni sudamericane legate a quelle economie che dispongono di scarse risorse per sviluppare politiche sociali. Guatemala, El Salvador, Honduras e Nicaragua, sono paesi in cui da due a cinque persone sono malnutrite, e qui la situazione sociale e finanziaria è la più complessa della regione.
Secondo l’informativa della FAO il numero di persone affamate nel mondo passerà quest’anno a 925 milioni. La Banca centrale della Repubblica Dominicana e alcuni analisti segnalano che il tasso d’inflazione accumulato in nove mesi del 2010 è basso, ma ciò è un disastro per i settori di minor introiti. L’ente bancario si è detto ottimista perché questo fatto colloca il paese in condizioni favorevoli per passare dal 6 al 7 % stabilito per questa banca, senza considerare gli effetti sulla povertà.
Alle spese per l’educazione si attribuisce l’aumento dell’indice dei prezzi, ma gli alimenti, le bevande e i trasporti, insieme hanno raggiunto il 75,53 % dell’indice dei prezzi al consumatore (IPC). Gli alimenti che rincarano di più sono le carote, il caffè, il pane, il latte in polvere, il pollo fresco, il riso e la carne. La variazione nei trasporti, dicono, dipende dall’aumento del 3,6 % nei servizi di trasporto pubblico in auto, autobus e motocicletta.
Fonte: Resistenze.org

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