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Esplode il conflitto sociale: gli studenti italiani bloccano scuole, treni e città

La stazione ferroviaria di Catania è stata paralizzata dagli studenti che hanno fatto ritardare due treni a lunga percorrenza. A Trieste di universitari e i ricercatori hanno occupato i binari della stazione, scandendo slogan ed esponendo striscioni di protesta. A Milano i giovani sono saliti sul tetto di un edificio dell’università Bicocca e hanno occupato i binari della stazione Greco-Pirelli. La protesta è animata da centinaia tra ricercatori, studenti e studenti che per mantenersi agli studi devono accettare lavori precari. A Genova il corteo di oltre tremila studenti liceali e universitari ha creato gravi disagi alla circolazione stradale nel centro cittadino. Gli studenti di Padova sono scesi sui binari. A Bologna la manifestazione è finita sull’autostrada bloccandone il traffico. A Palermo i varchi di accesso al porto sono stati chiusi dai ragazzi. Una strategia nuova, solo in parte già vista due anni fa in occasione dell’autunno 2008 dominato dal fenomeno del'”Onda”: gli studenti si mobilitano a macchia di leopardo per essere meno controllabili della forze di sicurezza che Berlusconi ha mobilitato e nel contempo per raggiungere più obiettivi sensibili possibili. Attivissimi i vari collettivi studenteschi di scuola e di facoltà (l’associazione Démos negli atenei milanesi, il collettivo Nosmet a Firenze, il collettivo autonomo universitario a Napoli, ecc.), ma anche strutture sindacali più radicate: il Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente, sigla che unisce studenti e docenti, molto forte nel tessuto urbano lombardo ma non solo controlla vari licei; ma è pure presente l’Unione degli Studenti (il sindacato di centro-sinistra), la Rete degli Studenti (struttura moderata legata al sindacato interprofessionale CGIL) e altre sigle minori del mondo giovanile e studentesco. E nel frattempo centinaia di scuole sono occupate dagli studenti che si autogestiscono e impediscono il normale svolgimento dell’attività didattica.

Essere istruiti è l’unico modo per essere liberi

Ma come nasce questa situazione di tensione? Certamente il contesto di crisi economica e sociale che sta attraversando l’Italia, così come tutta l’Europa, è un elemento non trascurabile. Come spiega Gian Piero Cesario, responsabile del dipartimento politica scolastica della Federazione Giovanile dei Comunisti Italiani (FGCI): “C’è in tutta Italia un’opposizione sociale furibonda ma consapevole che contrasta, strada per strada, aula per aula, le politiche economiche di questo infausto governo, i tagli indiscriminati alla pubblica istruzione, e si oppone agli esiti disastrosi che ciò avrà per il destino di un paese già martoriato da quella piaga chiamata precarietà. Il governo è sull’orlo del precipizio e noi gli stiamo dando la spinta necessaria perché cada”. Non soltanto. I effetti il governo di Roma ha tagliato il 90% delle borse di studio per gli studenti di famiglie non benestanti, ma è stato varato un provvedimento che dopo aver tolto fondi alle scuole pubbliche, le fa confluire nelle scuole private confessionali a cui l’élite del paese invia i propri rampolli. Il parlamento (ormai senza quasi più nessuna vera forza di opposizione) ha poi approvato – come ci si poteva attendere – la legge proposta dal ministro dell’educazione Mariastella Gelmini, la quale ha descritto il suo progetto politico in ambito educativo quale elemento che possa mettere fine “alla cultura ugualitaristica del ’68”. Ecco che così l’esecutivo del ricco industriale di Arcore, dopo aver riportato i fascisti al governo, sta riuscendo nel suo intento di rendere l’università ancora più selettiva sul piano sociale e di classe, nonché privatistica sul piano strutturale ed economico. Secondo la Rete dei Comunisti: “si tratta di un obiettivo strategico in cui non contano solo i fattori di spesa ma l’ideologia dominante che deve tornare ad affermarsi lì dove intelligenze e soggettività critiche possono e debbono formarsi al massimo livello possibile”.

Esemplare capacità di azione

La capacità di mobilitazione messa in campo dagli studenti italiani contro lo smantellamento sociale dell’università e della scuola pubblica è impressionante: quelle che si stanno vedendo in questi giorni sono giornate di mobilitazione incisiva, autonoma, estesa e organizzata riuscendo a colpire i luoghi strategici della vita delle varie città italiane. Solo così infatti, entrando a diretto contatto con la società civile, anche in modo brusco e forte, gli studenti possono sperare di farsi sentire, di mettere a conoscenza l’intera popolazione della propria rabbia e delle contraddizioni della società che stanno ormai raggiungendo l’esasperazione. Mobilitazioni piccole ma numerose, continue e di disturbo permettono infatti di costruire quel necessario rapporto di forza che potrebbe far cedere perlomeno su alcuni aspetti il governo e il padronato. Gli studenti italiani dimostrano insomma una capacità di autorganizzazione totale rispetto persino ai partiti della sinistra istituzionale che, al di là di qualche comunicato stampa, sono stati colti di sorpresa e non hanno saputo essere realmente parte integrante del movimento di protesta. Lo stesso dicasi per i sindacati operai, che stanno sempre più adeguandosi al dictat neo-corporativo (come durante il Ventennio!), dove la CGIL ha portato addirittura in piazza i lavoratori insieme ai padroni per chiedere esenzioni fiscali a questi ultimi.

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