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I primi quarant’anni del Laos socialista

Tra la folta vegetazione e i viali alberati, in un orizzonte ancora capace di preservarsi da una eccessiva cementificazione, costeggiata dal maestoso Mekong, si stende Vientiane, popolata da un milione di abitanti, capitale della Repubblica Democratica Popolare del Laos, che ha festeggiato i quaranta anni di socialismo, iniziati il 2 dicembre 1975.

12562653_10208266096187473_1891609998_oLa repubblica socialista nasce dopo un ventennio di terribile guerra e infinite distruzioni causate dall’imperialismo, prima francese, per decenni bestiale sfruttatore della colonia indocinese, poi statunitense. Pochi ricordano infatti che il Laos è stato totalmente attraversato dalla guerra del Vietnam e martoriato da oltre due milioni e mezzo di bombe sganciate dall’aviazione di Washington in meno di un decennio, volte a colpire il movimento comunista locale e il sostegno da questo prestato al popolo vietnamita, guidato dal grande Ho Chi Min e dal generale Giap, in lotta per la libertà e l’unità nazionale. Le bombe cadute in Laos causano ancora ogni anno migliaia di morti e di invalidi, anche a tanti anni di distanza dalla fine della guerra, cosicché l’impegno dello Stato per lo sminamento è significativo e costante, come l’assistenza ai numerosi invalidi civili.

A Vientiane come nel resto del paese svettano le cupole dei monasteri buddisti, in Laos vi è ampia libertà di culto. Qui, come in Iran ai tempi della Rivoluzione, i luoghi di fede sono stati i soli in cui l’opposizione al precedente regime si è potuta organizzare e dialogare con le masse, in Laos il marxismo riconosce da tempo nel sentimento religioso una parte di quella insopprimibile identità personale e collettiva dei popoli.

12562409_10208266099507556_1678989077_oNel 1975 i comandanti marxisti della lunga lotta di Liberazione laotiana diventano gli artefici del nuovo Stato che si impegna per garantire casa, scuola, lavoro, cultura, salute ai tre milioni di laotiani, nel frattempo raddoppiati, arrivando oggi a sei milioni e mezzo di cittadini, a cui si aggiunge almeno mezzo milione di persone provenienti dalle nazioni vicine. Un cammino di eguaglianza che ha visto i dirigenti del Partito Rivoluzionario del Popolo Lao prima promuovere lo sviluppo in un quadro di forte impegno pubblico, poi orientarsi, dalla metà degli anni ’90, su un modello denghista, in cui nel campo economico è lasciata ampia libertà ai cittadini di organizzarsi e sotto il controllo del Partito è promossa una vivace collaborazione da parte degli investitori stranieri.

Il Laos, sola nazione indocinese senza sbocchi al mare, è composto per due terzi da contadini, capaci di produrre per loro e per le città, con ampi spazi verdi che hanno favorito l’ecoturismo, con una presenza annuale di oltre quattro milioni di persone, tanti sono i giovani di ogni parte del mondo in giro per il Laos con lo zaino sulle spalle.

Il Partito è convinto che la forza del socialismo sia nella potenza del messaggio rivoluzionario e nell’eguaglianza che promuove, non si deve quindi avere timore del confronto tra le idee, internet in Laos è totalmente libero, senza alcuna limitazione.

La crescita economica, dopo l’ingresso nell’ASEAN nel 1997 e nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2012, è annualmente in media del 7%, un risultato ottenuto grazie all’esportazione delle eccedenze agricole, dal caffè al riso, e di parte della produzione dell’industriale leggera, principalmente tessile, dal cotone alla seta. Il Laos è fortunatamente privo di industrie pesanti, di cui oggi conosciamo il devastante impatto ambientale, che certo metterebbero a repentaglio la tutela dell’ambiente e l’indotto del turismo, una voce importante del bilancio nazionale, ma non privo di infrastrutture, realizzate e in progettazione, come una linea ferroviaria che colleghi Vientiane alla Cina.

Da sempre il Laos socialista è parte del Movimento mondiale dei paesi Non Allineati, nel quale apporta un contributo fattivo per un mondo multipolare e solidale.

12544863_10208266059826564_280793405_oSupanuvong è stato il primo presidente e Kaysone Pomvihane il primo capo del governo, uomini eccezionali il cui ricordo vive nel cuore del popolo e di coloro che continuano la loro opera. Il Laos socialista è uno straordinario esempio di come anche una nazione piccola e a lungo martoriata possa, attraverso uno sviluppo creativo della teoria marxista, promuovere concretamente il benessere dei suoi cittadini. Nel corso del 2016 si svolgerà il decimo congresso del Partito e l’elezione del nuovo parlamento, che ha l’ambizione di avere un terzo di donne tra i deputati.

Tutto questo dimostra come il socialismo e l’eguaglianza non siano orizzonti superati, ma una concreta parte del cammino del nuovo secolo, dall’Asia, si pensi alla superpotenza cinese, al Vietnam e al Laos stesso, nonché alla Corea Popolare, ancorché legata quest’ultima a un impianto sociale socialista classico che fortunatamente i nuovi dirigenti stanno cercando di superare con un rinnovato dinamismo in campo economico, ai paesi latinoamericani che hanno intrapreso la strada del socialismo bolivariano.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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