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Gloria La Riva, candidata socialista alla presidenza statunitense

L’8 novembre 2016, il giorno successivo al 99° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, sarà quello delle elezioni presidenziali a stelle e strisce.

Anche l’anno prossimo i candidati saranno almeno una decina, tuttavia i maggiori mezzi di comunicazione fingeranno che sia una esclusiva partita tra i due candidati del mostro bicefalo democratico-repubblicano, un mostro non molto diverso da quello socialdemocratico-conservatore europeo.

Nonostante l’imprevedibilità di Donald Trump, che in ogni caso i repubblicani stessi cercheranno di bloccare con qualche campagna mediatica, perché Trump non risponde al partito e ai suoi interessi, ma agisce con sfrontata libertà, esasperando il desiderio di politiche liberiste sul fronte interno e il disimpegno in campo internazionale, il fronte repubblicano dovrebbe vedere prevalere il “cubano” Marc Rubio, senatore della Florida, ferocemente anticomunista e legato ai pessimi ambienti dei dissenti di Miami, nemici della Rivoluzione cubana. Rubio è molto più duttile e pronto a modificare la sua linea politica secondo le necessità comunicative del momento e si mostra infinitamente più abile di Jeb Bush, fratello noioso del precedente ignorantissimo presidente ed entrambi figli del presidente dal 1988 al 1992, già capo della CIA a metà degli anni ’70, quando la presidenza Ford ha imbarcato alla Casa Bianca tutti i peggiori neoconservatori, tra cui – oltre a Bush padre – Cheney e Rumsfeld.

Sembrano fuochi di paglia quelli di Ben Carson, l’anomalo afro-americano di destra che sembra prevalere momentaneamente nei sondaggi, così come Carly Fiorina, l’amministratrice italo-americana di HP, troppo educata e preparata, rappresentante di una destra in punta di forchetta, eccessivamente lontana dal voto iracondo, ignorante e xenofobo di buona parte dell’elettorato repubblicano.

I democratici, nonostante qualche refolo vagamente socialdemocratico di Senders, bollato dai media occidentali del tutto improvvidamente come “socialista” solo perché chiede più politica e meno Wall Street, rispondono con la scaltrezza di Hillary Clinton, che ambisce a essere la prima donna presidente degli Stati Uniti e, tra tutti i candidati dei due partiti, è sicuramente l’unica a conoscere la realtà planetaria e tutte le implicazioni del ruolo militare ed economico statunitense. Valga la pena ricordare che i colpi di stato “soft” contro Zelaya in Honduras e Lugo in Paraguay durante il primo mandato di Obama li ha organizzati lei. Tutti gli altri candidati in merito alla politica estera si limitano a generiche dichiarazioni che oscillano tra il disimpegno interessato, il contenimento della spesa pubblica e l’inesausto desiderio guerrafondaio di risolvere tutto con aerei, carri armati e fucili, per l’evidente gioia dei fabbricanti di armi che sono tra i più determinanti finanziatori dei candidati dei due partiti maggiori. Un desiderio guerrafondaio che non nasconde neppure più dietro la farsesca affermazione della “esportazione della libertà” la volontà di accaparrarsi le materie prime energetiche e alimentari del resto del mondo.

Un attento analista come Andrew Spannaus, ritiene che l’esile equilibrio tra Rubio e la Clinton possa essere rotto a vantaggio del repubblicano se questo sceglierà come candidato vicepresidente il governatore dell’Ohio, John Richard Kasich, permettendo ai repubblicani di vincere in uno degli stati chiave per la vittoria elettorale, in quel caso alla Clinton non resterebbe che cercare il consenso degli ispanici candidando Julian Castro, l’ex sindaco della città texana di Sant’Antonio, ora Segretario della Casa e dello Sviluppo Urbano nel governo Obama, una scelta che tuttavia non offre la certezza che possa davvero spostare gli equilibri tra i due partiti.

Una candidata davvero socialista, capace di radicare la sua azione nelle analisi di Karl Marx tuttavia c’è: è Gloria La Riva, del Party for Socialism and Liberation (PSL). Il partito, dopo aver candidato Peta Lindsay alle ultime presidenziali statunitensi, questa volta propone Gloria La Riva, già candidata nel 2008. Il programma del partito è quello di sempre, un progetto di società fondato sui diritti sociali per il popolo statunitense, tra i più violentemente esclusi da tali diritti per il liberismo imperante, con un numero di poveri e sottoalimentati impressionante, prima nazione al mondo per consumo di droghe lecite (psicofarmaci) e illecite (a partire da cocaina ed eroina). Un quadro desolante e devastante di cui i media occidentali non parlano mai. Il partito poi fonda la politica estera su una totale revisione dell’atteggiamento imperialista praticato da sempre dai governi statunitensi e propone nuove forme di cooperazione e di collaborazione con gli stati e i popoli della terra, a partire dal pieno riconoscimento delle ragioni dei palestinesi a esigere una propria nazione con confini chiari e rispettosi della loro storica presenza in Medioriente. I voti del partito saranno un chiaro segnale di quanto sia accresciuta la consapevolezza tra i cittadini statunitensi della necessità di un radicale cambiamento.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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