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A Gaza l’angoscia è ancora viva, ad un anno dalla guerra che ha ucciso 551 bambini

I muri dell’ufficio di Salim Abu Rous, direttore della scuola superiore Doha di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, sono decorati con medaglie e trofei. Ha un album fotografico dei suoi allievi che giocano in squadre di calcio o in atri club.

Un migliaio di ragazzi, divisi in due tornate, frequenta la sua scuola. Sono talmente tanti che fatica a ricordare il nome di ogni ragazzo ucciso nella guerra della scorsa estate.

“Mi ricordo di Haitham Abdul Wahab,” dice finalmente, sfogliando uno degli album mentre ne cerca una foto. “Era un bravo ragazzo. Era molto amato a scuola. È stato ucciso a casa di suo zio con suo fratello e sua madre.”

Sei allievi della Doha sono stati uccisi durante la guerra: è il numero più alto tra le scuole della Striscia. In totale, più di 550 bambini palestinesi sono morti. A Gaza, le scuole hanno perso allievi e maestri, e i feriti si contano a migliaia.

La difficoltà di Salim Abu Rous nel ricordare tutti i ragazzi che sono morti è comprensibile, visto che alcuni erano stati trasferiti solo di recente nella sua scuola, una delle più grandi della Striscia.

Ma c’è un’altra ragione, più amara. “Ci sono state talmente tante morti nell’ultima guerra,” dice, “che è difficile elaborarle.” La conseguenza è che, almeno ad un livello istituzionale, è come se quei ragazzi fossero stati quasi cancellati dalla memoria della scuola. Ma nelle loro case, nei quartieri e nei villaggi nell’area di Rafah – che è stata teatro di uno dei più pesanti attacchi della guerra, durata 50 giorni – l’angoscia è ancora viva, anche ad a un anno di distanza.

Anas Mumar aveva 16 anni quando è stato ucciso il 20 luglio dello scorso anno. “Erano le due di notte. Non stavamo dormendo qui. Era troppo pericoloso. Eravamo andati in un altro posto che credevamo più sicuro,” ricorda suo padre, Mahmoud Hussein Mahmoud Muamar, un ex impiegato del ministero degli affari religiosi.

“Ci fu un esplosione fortissima. Anas stava dormendo, ma si svegliò e andò sul balcone a vedere cos’era successo. Dopo un po’ tornò dentro. Proprio allora la casa fu colpita di nuovo. I suoi due fratelli morirono sul colpo, e Anas rimase ferito.”

La faccia di Mahmoud si riempie di lacrime. “L’abbiamo portato all’ospedale… ma è morto. Era un bravo ragazzo. Era un bravo studente che amava il calcio e tifava il Barcellona. Era religioso, come i suoi fratelli. Quest’anno avrebbe dovuto seguire l’ultimo anno di scuola. Volevo che andasse all’università e che diventasse un maestro.”

Gli abitanti più giovani della Striscia portano i segni più pesanti e duraturi della guerra della scorsa estate. Un rapporto pubblicato ieri [il 6 luglio, ndr] da Save the Children, intitolato A Living Nightmare: Gaza One Year On, mostra che 551 bambini sono stati uccisi e 3’436 sono stati feriti, di cui il 10% soffre di danni permanenti. Un bambino israeliano è stato ferito durante la guerra, e 270 sono stati feriti.

Il rapporto mostra come, a Gaza, tre quarti dei bambini soffrano di casi frequenti di enuresi, mentre l’89% dei genitori afferma che i loro bambini soffrono di sensazioni persistenti di ansia e oltre il 70% dei bambini dice che ha paura di un’altra guerra. Dei bambini interrogati, sette su dieci soffrono regolarmente di incubi.

Ciò che è chiaro è che la perdita degli adolescenti più grandi – come i sei studenti della Doha, ormai prossimi all’età adulta – ha avuto un grande impatto sia sui loro fratelli più giovani che sui loro genitori, aggravando il senso di fatalismo e di disperazione in una Gaza la cui ricostruzione, a lungo promessa, è stata a malapena eseguita.

Una bandiera verde di Hamas sventola sopra il complesso familiare dove è morto Muhammad Behabsa, 17 anni, in una stradina sabbiosa di Salaam, un quartiere di Rafah. Non ci sono dubbi che quella casa, e le cinque attorno, abitate da parenti, siano state un obiettivo mirato degli Israeliani.

Come molti abitanti della zona colpiti duramente dagli attacchi dell’esercito israeliano, i Behabsa vivono ancora vicino alle rovine dove i membri della loro famiglia sono morti.

La casa principale è stata colpita da un attacco aereo che ha aperto un cratere ancora visibile. Un po’ più tardi, alcune case più piccole appartenenti alla famiglia sono state ridotte in macerie da una seconda raffica di attacchi, apparentemente di fuoco d’artiglieria.

“È successo alle tre di notte del 2 agosto,” ricorda il padre di Muhamad, Shiab Hussein Behabsa, 52 anni. “Era per conto suo, stava dormendo […] in una casa dietro a questa. Prima un F16 ha colpito questa casa con una bomba, e poi tre proiettili d’artiglieria hanno colpito le altre cinque case. È stato fatto a pezzi. Cinque sui cugini sono stati uccisi nello stesso incidente.”

Come Anas, avrebbe voluto andare all’università, in questo caso per studiare diritto. “Il suo direttore e gli altri maestri sono venuti a farci le loro condoglianze. I suoi amici vengono ancora trovarci. Era il mio secondo figlio, ma era l’anima della famiglia. Gli piaceva scherzare, ma sapeva anche rendersi utile. Se c’era bisogno di qualcosa, era sempre lui che si occupava di andare a cercarla fuori casa.”

Naim Qishta, 17 anni, anche lui della Doha, è morto lo stesso giorno tornando da un lavoro estivo che aveva trovato in una fattoria. “Quando la guerra è cominciata, ha continuato a lavorare,” dice suo padre Abdullah. “Ci siamo trasferiti nella casa di un parente di mia moglie quando è cominciata l’invasione di terra. Il 2 agosto il proprietario della fattoria l’ha chiamato per sapere se poteva andare a dare da mangiare agli animali. Ha detto che la situazione vicino alla fattoria era sicura. Ma non lo era. Quando è arrivato lì, gli Israeliani erano vicini e il proprietario gli ha detto che poteva restare a dormire alla fattoria. “Ma voleva tornare a casa e prendere dei vestiti e farsi una doccia. Ci ha chiamati ogni dieci minuti. Poi le chiamate si sono interrotte. Stava rincasando con un altro lavoratore, quando sono stati colpiti da un missile sparato da un drone, vicino a casa.”

Alla scuola, ora chiusa per le vacanze estive, Salim Abu Rous descrive l’impatto di perdere così tanti dei suoi allievi. “All’inizio, il ministero dell’educazione mandava gente per dare supporto alla scuola. Avevamo un programma di aiuto psicologico, con scenette, film e altre attività supportate dall’Unicef. “Abbiamo chiamato una squadra di calcio con i nomi dei ragazzi. Alcuni dei loro amici parlano ancora di loro.”

Hasan Zeyada, uno psicologo di gruppo della Striscia, crede che i bambini ed i ragazzi siano i più colpiti, sia a causa dell’ultima guerra che della situazione nella quale versa Gaza: i bambini con più di nove anni hanno vissuto tre guerre e una situazione di assedio economico ininterrotto. “I bambini presentano tutti i problemi che ci si può aspettare. Ipervigilanza, incubi, problemi cognitivi. I maestri lamentano un crollo del rendimento scolastico. Per quel che riguarda la comunicazione, sono diventati più violenti, sia verbalmente che fisicamente.”

A Rafah, Suleiman Loulahi, un beduino agricoltore che ha perso suo figlio Bilel, 17 anni, allievo della Doha morto anche lui il 2 agosto, riflette sul fatalismo strisciante che si è insediato a Gaza. Ha chiamato il suo nuovo neonato Bilel, come il fratello morto che non conoscerà mai, ucciso da un missile mentre stava tornando a casa da dei parenti, dove stavano dando da mangiare ai loro piccioni. Luolahi dice: “Guardo il mio altro figlio, e in questi giorni mi chiedo quale sia il punto di incoraggiare i bambini ad andare a scuola, a diventare persone migliori ed andare avanti, quando ci sarà un’altra guerra tra pochi anni. Quando rischieremo di perderli ancora.”

Peter Beaumont

Fonte: The Guardian, martedì 7 luglio |  Trad.it.: Damiano Bardelli

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