In Bolivia la nuova legge sul lavoro minorile è una prima tappa verso il suo superamento

Lo stato plurinazionale della Bolivia, guidato dal grande Evo Morales, il primo presidente che ha restituito dignità e rispetto ai nativi indios, da secoli sfruttati dai colonizzatori e dai loro eredi, ha dato ai bambini e ai ragazzi un quadro normativo e giuridico che ne tuteli il lavoro e ne garantisca l’accesso allo studio.

È tragico constatare come il bestiale sfruttamento imposto da secoli dall’Occidente avesse e abbia reso normale, per le famiglie più umili e povere, instradare i bambini al lavoro, invece di mandarli a scuola. Il governo rivoluzionario della Bolivia vorrebbe che tutte le ragazze e i ragazzi studiassero fino a 18 anni, ma il cammino è lungo, quasi un milione di bambini e ragazzi boliviani è indotto dalle famiglie a impiegarsi in piccole attività domestiche, così come in più massacranti lavori nell’edilizia, nella pastorizia ad alta quota, nelle miniere.

In questo quadro la “Union de Niños, Niñas y Adolescentes Trabajadores de Bolivia”, la UNATSBO, il sindacato dei ragazzi, esempio straordinario di autorganizzazione e autodeterminazione, ha lottato per avere una legge che oggi finalmente è realtà. In Bolivia ora, con l’entrata in vigore del nuovo codice dei minori, il lavoro fino ai 10 anni di età è proibito e quello dai 10 ai 18 anni sarà permesso solo se il minore continuerà a studiare, almeno per un tempo settimanale pari a un quarto di quello lavorativo, la scuola quindi non può e non deve essere abbandonata e debbano essere organizzati dei corsi specifici per giovani lavoratori, così come devono essere tenute in considerazione le loro situazioni specifiche all’interno delle scuole, predisponendo appositi percorsi scolastici.

Il nuovo codice dell’infanzia dà ai ragazzi e alle loro famiglie il diritto ad essere protetti dallo stato contro lo sfruttamento economico e contro qualsiasi attività o lavoro che possa negare la loro dignità e l’accesso all’istruzione. La legge impedisce il lavoro presso terzi fino a 12 anni, ovvero da 10 a 12 anni si può lavorare solo in ambito familiare. In questi due anni, così come tra i 14 e i 18 anni, il lavoro deve essere svolto sotto il controllo del Difensore dell’infanzia e nel rispetto di tutti i diritti lavorativi sanciti dalle leggi sul lavoro.

La legge prevede pene durissime per infanticidio, violenza sui minori, bullismo tra coetanei. Il sindacato dei ragazzi ha vinto i dubbi del presidente Evo Morales rispetto al suo desiderio di un radicale divieto del lavoro minorile, convincendolo che tale disposizione sarebbe stata aggirata costringendo i bambini e i ragazzi a lavorare in nero. Il sindacato giovanile ha invece preteso che tutto possa emergere alla luce del sole e ciò che non rispetta la legge venga denunciato, sanzionato e punito. Per i giovani sindacalisti è importante distinguere tra partecipazione dei bambini e dei ragazzi ad alleviare le dure condizioni di vita delle famiglie, educandosi al contempo alla responsabilità e al sacrificio, e lo sfruttamento lavorativo condotto da persone esterne alla famiglia e dalle imprese.

È quindi questa legge un grande merito del governo boliviano perché, senza nascondersi dietro la retorica di altisonanti proclami che sarebbero stati smentiti dalla realtà, ha deciso di percorrere un cammino lungo e serio che porti all’abolizione del lavoro minorile e al pieno accesso all’istruzione di tutte e tutti, anche i più poveri, fino ai 18 anni. Il cambiamento boliviariano dell’America Latina si arricchisce così di un altro fondamentale contributo, di una nuova pietra miliare in un lungo e faticoso cammino di civiltà, chiamato a vincere troppe dolorose stagioni di imperialismo e neocolonialismo.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.

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