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La morte di Margareth Thatcher non suscita cordoglio. In pochi ricordano la sua alleanza con Pinochet e Pol Pot.

Non faceva più politica attiva dagli anni ’90 ma il ricordo di Margareth Thatcher, seppellita oggi a Londra, è sempre rimasto vivo nella classe operaia e nel movimento sindacale inglese e non solo. Un ricordo tutt’altro che positivo, fatto non solo di povertà e disoccupazione, ma anche di guerre e di morti. Talmente forte era l’indignazione che, anche dopo tanti anni, alla notizia del decesso dell’ex-donna forte conservatrice, numerosi lavoratori si sono riversati nelle piazze festeggiando. La tirannia della “lady di ferro” era finalmente finita per sempre, e poco importava in questo contesto delle “quote rosa” o dei “voti trasversali” della serie “l’importante è che ci siano più donne in parlamento”: le lavoratrici inglesi non si sono lasciate abbindolare da questo discorso e sono scese in piazza anche loro contro la Thatcher.

La svolta neo-liberista

 

Margareth Thatcher, primo ministro di Gran Bretagna dal 1979 al 1990 per il Partito Conservatore, fu assieme al presidente statunitense Ronald Reagan, una dei fondatori della svolta neo-liberista che l’economia occidentale dovette soffrire per lunghi decenni e che ancora oggi fa tanti danni. La sua ambizione era di creare una classe di piccoli azionisti che potesse continuare a votarla, perché come lei stessa cinicamente faceva capire: i poveri non votano! I suoi piani non andarono a buon fine: i ricavi delle privatizzazioni da lei fomentate furono riversati nei consumi, il mercato immobiliare si gonfiò fino all’insostenibilità e lo scoppio della bolla immobiliare gettò il paese in una recessione pesante. Il dogmatismo della Thatcher anti-statalista la indusse a distribuire i proventi derivanti dalla scoperta di nuovi giacimenti di petrolio invece di convogliarli in un fondo sovrano. La sua visione di destra miope e caratterizzata da un disumano “darwinismo sociale” le impediva di progettare sul lungo periodo a favore dello sviluppo del Paese e della collettività: una programmazione strategica dell’economia era considerato già troppo “socialista” per i suoi gusti, che prediligeva invece l’affarismo e la speculazione del “tutto e subito”. Thatcher era poi una paladina delle differenze dei redditi e l’iniquità del sistema capitalista veniva da lei ritenuto un’opportunità per la sua classe sociale di riferimento.

L’accordo con Pinochet

Margareth Thatcher, che considerava il leader della lotta all’apartheid sudafricana Nelson Mandela nientemeno che un “terrorista”, fu amica intima di tiranni come il dittatore fascista cileno Augusto Pinochet, che la aiutò nel dichiarare guerra all’Argentina per evitare di perdere il dominio coloniale sulle isole Malvinas (che gli inglesi chiamano “Falklands”). Una guerra durata dal marzo al giugno 1982, che costò la vita a 649 giovani coscritti argentini e a 255 militari britannici e che rinsaldò il dominio imperialista in America latina. Non è un caso, insomma, se la “Fondazione Presidente Augusto Pinochet” ha voluto ricordare l’ex premier britannica come una “importante statista” e una “grande leader mondiale”. La Lady di ferro, ha continuato in un comunicato stampa, l’istituzione creata in memoria del dittatore cileno e che riunisce oggi alcuni ex gerarchi del regime, ha partecipato in maniera “decisiva alla caduta del Muro di Berlino”. Un grande merito per i fascisti!

L’accordo con Pol Pot

La Thatcher strinse però alleanza non solo coi golpisti cileni, ma anche con un piccolo gruppuscolo cambogiano che spesso viene identificato come “comunista”, ma in verità era una realtà che agiva contro i sovietici per conto dell’Occidente: essa univa una variante estrema di “maoismo” con un pensiero reazionario quasi di ritorno alla società medioevale, i famiferati “Khmer rossi” di Pol Pot. Questo gruppuscolo senza alcuna base popolare in Cambogia, divenne in poco tempo una realtà di massa: fu un’abile mossa politica di Washington. Gli USA (del presidente Richard Nixon) bombardarono segretamente la Cambogia, un paese a quel tempo neutrale, così da fomentare la rabbia popolare che venne incalanata dai “Khmer rossi” grazie a una retorica vagamente “comunista” e anti-americana, in realtà erano proprio preparati dagli americani per permettere loro di prendere il potere e allineare la Cambogia contro il Vietanam (che era socialista e guardava all’Unione Sovietica). Il direttore delle operazioni della CIA in loco scriveva il 2 maggio 1973: I seguaci di Pol Pot “usano i danni causati dagli attacchi dei B-52 quale tema principale della loro propaganda. Quest’approccio ha portato al riuscito arruolamento di giovani. I residenti dicono che la campagna propagandistica è stata efficace presso i rifugiati delle aree oggetto degli attacchi dei B-52“. I “Khmer rossi” riuscirono a prendere così il potere con una retorica comunista che utilizzavano però in funzione anti-comunista e al soldo dell’Occidente. Dopo due anni e mezzo di dittatura e di genocidio, il Vietnam (paese a guida comunista) decise di intervenire militarmente e liberare la Cambogia. Il governo di Washington e di Londra, con la Thatcher in prima fila, a quel punto sostenerro nuovamente il deposto Pol Pot (in esilio in Thailandia): “Era il nemico del loro nemico: il Vietnam, la cui liberazione della Cambogia non avrebbe mai potuto essere riconosciuta, perché venuta dalla parte sbagliata della guerra fredda. Per gli statunitensi, che ora sostenevano Pechino contro Mosca, era anche un regolamento di conti, dopo la loro umiliazione sui tetti di Saigon” come scrive bene il giornalista indipendente John Pilger, sul supporto che la Thatcher diede ai Khmer Rossi e pubblicato il 17 aprile 2000 sul “New Statesman”. Oggi è noto che il governo statunitense finanziò con 85 milioni di dollari dal 1980 al 1986 i dirigenti dei “Khmer Rossi” a cui venne garantito ancora per anni il seggio all’ONU, screditando completamente questo organismo internazionale. Fino al 1989 il ruolo della Gran Bretagna thatcheriana in Cambogia rimase tuttavia piuttosto segreto. Le prime notizie apparvero sul “Sunday Telegraph”, scritte da Simon O’Dwyer-Russell, giornalisti d’inichiesta che rivelò come gli inglesi si occupavano dell’addestramento delle forze guidate da Pol Pot. Inoltre Margaret Thatcher aveva affermato candidamente come “i più ragionevoli tra i Khmer rossi dovranno avere la loro parte in un futuro governo“. Nel 1999, Ta Mok, comandante militare dei “Khmer rossi” agli arresti, ammise che il regime era sostenuto da Madeleine Albright, Margaret Thatcher, Henry Kissinger, Ronald Reagan e George Bush.

Lo sciopero dei minatori

In Gran Bretagna è però ricordata per il pugno di ferro usato contro i minatori in sciopero fra il 1984 e il 1985: il cosiddetto “UK miners’ strike” fu una delle più importanti lotte sindacali guidata dall’Unione Nazionale dei Minatori (NUM) in risposta alla decisione della Thatcher si chiudere la maniera di carbone di Cortonwood. Un primo passo verso lo smantellamento di una ventina di altri siti con oltre 20mila licenziamenti. Lo sciopero promosso dal NUM coinvolse oltre 150mila lavoratori che potereono godere di una notevole solidarietà internazionale, a cui il governo rispose dispiegando enormi quantità di poliziotti che in 51 settimane di sciopero uccisero 2 operai e avviarono 10mila procedimenti penali. Come al solito la Polizia garantì la libertà del padronato. Ma la Thatcher era amica anche di Michail Gorbaciov, il presidente dell’Unione Sovietica, colui che iniziò a distruggere dall’interno il socialismo e che secondo alcune fonti era fin dagli anni ’70 sul libro paga della CIA come infiltrato nel Partito Comunista sovietico. Arthur Scargill, storico leader sindacale inglese impegnato anima e corpo coi minatori, fece appello a Mosca affinché finanziasse il sindacato e permettesse di continuare la lotta di classe. Gorbaciov incredibilmente, contro ogni tradizione internazionalista tipica del suo governo, si rifiutò di concedere l’aiuto agli operai inglesi, proprio su richiesta della Thatcher: il sindacato, così, alla fine, dissanguato finanziariamente, non poté più garantire la lotta e lo sciopero si interruppe bruscamente. Fu una delle sconfitte più cocenti della classe operaia britannica. Scargill fu battuto dopo una lunga lotta di logoramento dalla “lady di ferro”. Dal canto suo i socialdemocratici del Partito Laburista decisero di far fuori politicamente il sindacalista, così da preparare una nuova era politica: i laburisti abbandonarono il socialismo e adottarono una linea economica sempre più orientata al libero mercato, collaborando coi conservatori nel distruggere quel che rimaneva di socialità nel Regno Unito. Scargill dal canto suo, espulso dai laburisti, decise di fondare il Partito Socialista del Lavoro (SLP), che esiste tutt’ora su basi marxiste, ma rimane schiacciato dal sistema elettorale bipolare inglese che impedisce una vera democrazia rappresentativa.

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