/

Le difficoltà dei comunisti tedeschi: la DKP tenta gradualmente di aprirsi ai giovani

Novantuno delegati delle federazioni regionali contro sessanta hanno eletto Patrik Köbele (classe 1962) alla dirigenza del Partito Comunista Tedesco (DKP) riunito a Congresso nei primi di marzo. Köbele ha sorpassato la presidentessa uscente, Bettina Jürgensen in un clima tutt’altro che disteso. Nato nel 1968, dopo la chiusura dello storico Partito Comunista di Germania (KPD) da parte della autorità tedesco occidentali su pressioni statunitense, il DKP è sempre stato un partito tenuto sotto controllo dalla polizia politica di Bonn prima e di Berlino oggi.

Un partito che stenta a trovare uno spazio

Il DKP con il crollo dei paesi del socialismo reale è entrato in una profonda crisi e non ha più saputo realmente risollevarsi. Questo a causa anche della concorrenza che proveniva dai Länder orientali, dove la tradizione comunista era stata tutta di fatto egemonizzata prima dalla PDS (il Partito del Socialismo Democratico, erede della SED al potere ai tempi della divisione del paese) e in seguito dalla LINKE, che ha saputo unire la tradizione comunista governativa della ex-DDR con le istanze sindacali e socialisteggianti dell’Ovest guidate da Oskar Lafontaine. Oggi la corrente comunista interna alla LINKE si sta indebolendo progressivamente, conseguentemente allo spostamento su posizioni riformiste dei vertici del sodalizio. Il che non si traduce però di rimando in un miglioramento delle posizioni del DKP che, con i suoi circa 4’200 membri, stenta ad essere riconosciuto quale punto di riferimento per la sinistra combattiva del Paese, divisa, anche se solo marginalmente con i maoisti del MLPD. I comunisti tuttavia riescono a mantenere alcune roccaforti a livello comunale, come a Bottrop (116’000 abitanti) dove il DKP in solitaria raggiunge risultati elettorali intorno all’8%, a Püttlingen (19’000 abitanti) conquista il 7%, oppure ancora a Reinheim (17’000 abitanti) supera il 10% e così di seguito in una ventina di cittadine.

Un clima interno rovente

L’elezione del nuovo presidente è stata anticipata da una discussione molto accesa con attacchi anche duri fra la minoranza e la maggioranza di un partito in grave perdita di consensi per evidenti carenze di leadership e per un’incapacità di penetrazione sociale. Il vicepresidente uscente Leo Mayer, membro dell’ex-maggioranza, è stato addirittura fischiato dopo il suo intervento, mentre la relazione introduttiva della Jürgensen, durata quasi un’ora, ha suscitato espressioni di noia da parte di molti delegati che hanno definito la relazione “particolarmente debole” se non addirittura un “bla bla” specioso. Il clima non particolarmente sereno era atteso, poiché anche nella fase preparatoria si era subodorata la situazione, tanto che alcuni “grandi vecchi” che erano stati a capo del Partito negli anni ’80 e ’90 avevano sentito il bisogno di inviare una lettera ai delegati per tentare di placare gli animi ed eventuali rischi di scissione. Fra di essi si leggono le firme di Herbert Mies, Gerd Deumlich, Georg Polikeit, e altri.

Relazioni internazionali

Il nuovo presidente ha contestato alla sua predecessore un appiattimento troppo marcato sui diktat della Sinistra Europea, il contestato contenitore europeista in cui i comunisti tedeschi sono stati trascinati dall’idealismo dei loro dirigenti da circa un decennio. Questo appiattimento si è concretizzato ad esempio negli attacchi ai comunisti greci (KKE) per sostenere esplicitamente l’alleanza di sinistra SYRIZA antagonista al KKE. Köbele ha voluto chiarire che bisogna evitare di interferire nelle questioni interne al movimento progressista di un altro paese e cercare di mantenere delle relazioni positive con entrambe queste forze popolari molto importanti per la realtà greca. La platea ha accolto con grandi applausi questa indicazione di lavoro internazionale che evidentemente sarà applicata anche per altri paesi, in primis il Portogallo dove i comunisti e i verdi sono uniti in alternativa alla sinistra anticapitalista riunitasi nel “Bloco”. Köbele al termine dei lavori ha rilasciato un’intervista al quotidiano comunista “Junge Welt” in cui ha spiegato come nella sua visione il DKP debba restare un membro osservatore della Sinistra Europea e non chiederne l’ammissione a tutti gli effetti. Il nuovo presidente pare inoltre avere una più netta posizione contro l’imperialismo e la politica militarista della Germania nei contesti caldi mediorientali.

Il futuro è nei giovani e nei movimenti

Il DKP fatica a stare all’interno delle contraddizioni dei movimenti sociali di massa: da un lato la direzione uscente aveva intrapreso una linea giudicata molto autoreferenziale, ma anche i settori critici interni al Partito, di orientamento maggiormente leninista, rifiutando quelle che definiscono le “illusioni del riformismo”, stentano a delineare una modalità d’azione che sappia fungere da linea di massa. I problemi maggiori sono quelli relativi all’interazione con il mondo giovanile.  La relazione fra il DKP e i giovani è stata, infatti, negli ultimi anni molto difficoltosa. Durante il congresso i militanti giovani hanno contestato, ad esempio, come la presidentessa uscente del DKP Bettina Jürgensen non avesse accolto l’idea di un’azione di solidarietà con Cuba adducendo motivazioni burocratiche relative alle relazioni bilaterali fra il suo Partito e il Partito Comunista Cubano. Scuse, secondo molti altri delegati, adotte unicamente nell’ottica di sabotare un’azione del movimento giovanile notoriamente critico verso la dirigenza del DKP e incline a soluzioni più radicali di quelle auspicate dalla Jürgensen. Durante il dibattito congressuale anche un’altra delegata adulta ha affermato – suscitando reazioni non entusiaste – che la SDAJ è “un’organizzazione fra le tante con cui dialogare”. In pratica misconoscendo il legame organico (e storico) fra DKP e SDAJ. Un fatto molto grave che denota come in molti partiti comunisti vi siano uno scontro politico-ideoogico che si interseca anche con uno scontro generazionale. Di tutt’altra opinione il neo-presidente che si è ripromesso di ristabilire le relazioni con il movimento giovanile, forse anche rendendosi conto che la media d’età dei tesserati al DKP è di ben 60 anni, il che mette in serio pericolo la stessa sopravvivenza del Partito.

Lascia un commento