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La sinistra italiana unita per la “Rivoluzione civile”. Capolista il procuratore antimafia Antonio Ingroia.

Licandro e Ingroia

Il noto procuratore anti-mafia del pool di Palermo, Antonio Ingroia, si candida al parlamento e al governo italiano e ha presentato nelle scorse settimane a Roma il suo movimento. Con il sostegno della sinistra radicale, soprattutto del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) il cui membro di Segreteria Orazio Licandro è fra i promotori del manifesto programmatico, parte la sfida di “Rivoluzione Civile”.

Come simbolo della lista è stato scelto il quadro del “Quarto Stato” stilizzato, a simboleggiare i lavoratori che, dal 2008 sono privi di rappresentanza parlamentare, dopo che alle ultime elezioni nessun deputato comunista e socialista era stato eletto, lasciando il ruolo dell’opposizione ad una forza politica ambigua e legalista come il partito di Antonio Di Pietro, “Italia dei Valori” (IdV) e agli ormai pochi socialdemocratici presenti nel Partito Democratico (PD) di Pierluigi Bersani. Un’organizzazione, questa, orientata sempre più al centro. Negli intenti, la lista Ingroia dovrebbe permettere “una rivoluzione civile fatta di esponenti della società, dell’associazionismo e della buona politica” – così ha spiegato il magistrato di Palermo, che ha continuato: “sarò candidato premier per una battaglia per la legalità e la giustizia, per  diritti del lavoro contro le macerie che si lascia alle spalle il governo Monti”. Ma la domanda è: come si è arrivati a ricompattare la sinistra, quando fino a poche settimane fa tutto sembrava perduto?

Tutto inizia a Rimini, un anno fa…

Ingroia al Congresso del PdCI

Antonio Ingroia non è uscito alla scoperto solo di recente, come vogliono far credere alcuni suoi detrattori: a fine ottobre 2011, infatti, il magistrato si era presentato a Rimini al 6° Congresso Nazionale del Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) e dopo un caloroso abbraccio al segretario di questo Partito, l’ex-ministro della giustizia Oliviero Diliberto, si era rivolto alla platea comunista lodando l’impegno dei militanti e spiegando di sentirsi – creando scandalo a destra – un giudice di parte, un partigiano della Costituzione sorta dalla Resistenza antifascista. E proprio “Partigiani della Costituzione” era lo slogan scelto dal PdCI per la propria tessera 2012. Lì si sono gettate le basi per la “Rivoluzione civile” che oggi si presenta alle elezioni politiche. A riconoscerlo è pure un accanito nemico di questo progetto, il trozkista Salvatore Cannavò, che in un suo recente articolo afferma: “il regista occulto dell’operazione, del resto, sembra essere proprio uno dei dirigenti comunisti più classici e tradizionali, Oliviero Diliberto”.

Due strategie diverse

Come abbiamo scritto a inizio novembre (leggi) la Federazione della Sinistra (FdS) – il cartello elettorale che univa il PdCI con il Partito della Rifondazione Comunista (PRC) dell’ex “demoproletario” Paolo Ferrero e il Movimento per il Partito del Lavoro di Cesare Salvi e Gian Paolo Patta – non era riuscita a restare unita. Una situazione strana, in quanto nel documento congressuale del PdCI si leggeva: “Dobbiamo rafforzare la FdS e metterla a disposizione di un’unità della sinistra più ampia di quella che già abbiamo realizzato” e, come ha ammesso il responsabile organizzazione di questo partito, Francesco Francescaglia: il PdCI aveva “la consapevolezza che, se si fosse andati ad elezioni anticipate, la FdS sarebbe stata nel centro-sinistra, con la formula del fronte democratico”. In effetti, proprio questa pareva la strada: anche nel documento di maggioranza del Congresso del PRC si leggeva, infatti, che “nel quadro dell’attuale legge elettorale maggioritaria proponiamo quindi di dar vita ad un Fronte democratico tra le forze di sinistra e di centro-sinistra per sconfiggere le destre e porre condizioni migliori per difendere e rilanciare la democrazia e la Costituzione”. Insomma tutte le componenti della FdS volevano costruire un’alleanza di centro-sinistra, dialogando quindi con il PD e con Sinistra-Ecologia-Libertà (SEL), il partito di Nichi Vendola.

Ma così non fu: il PRC cambiò repentinamente strategia e chiese alla FdS di correre contro il centro-sinistra. Questo produsse la spaccatura della federazione: le altre componenti – PdCI in testa – infatti non accettarono la svolta di Ferrero e continuarono il dialogo con Bersani e con Vendola per costruire un fronte ampio che permettesse di vincere le elezioni sia contro la destra di Silvio Berlusconi, sia contro il rischio di un nuovo governo guidato dal banchiere europeo Mario Monti. Il PRC invece si lanciava in un progetto politico confuso e piuttosto autoreferenziale, “Cambiare si può”, tentando di costruire una lista contro tutto e tutti, destinata alla marginalità.

Per settimane sono stati continui e furibondi gli attacchi da parte dei militanti del PRC contro il PdCI e in particolare contro il suo segretario Diliberto, tacciati di “tradimento”, di “opportunismo”, di “subalternità al PD” e – clamorosamente – anche di “aver spaccato la Federazione della Sinistra”. Un clima che certo non aiuterà a unire i comunisti.

La mossa “Kansas City”

Mentre il PRC cercava di emergere non senza difficoltà in “Cambiare si può”, il PdCI stava però abilmente mettendo in atto una mossa “Kansas City”, ovvero: guardare a destra per colpire a sinistra! Una sottile strategia politica, la quale alla fine ha sbaragliato il campo ed è risultata egemonica a sinistra. Mentre si sondava il terreno per un accordo ampio con il centro-sinistra moderato (cioé mentre si guardava a destra), si preparava nel contempo il terreno per il piano B, qualora non si fosse raggiunto l’accordo. In questo modo, quando il PD rifiutò l’alleanza coi comunisti, questi ultimi senza alcuna subordinazione e con grande indipendenza, si mossero immediatamente: il PdCI si fece promotore con Antonio Ingroia dell’appello “Io ci sto” che è oggi alla base della lista “Rivoluzione civile” a cui alla fine, per necessità, hanno aderito anche i partecipanti al progetto “Cambiare si può” e il PRC. In pratica i presunti “traditori” del PdCI, sono coloro che più di tutti hanno permesso alla sinistra radicale di unirsi e di poter sperare di contare qualcosa nonostante il niet di Bersani!

10 punti per rivoluzionare l’Italia

L’appello “Io ci sto” di Antonio Ingroia prevede dieci punti programmatici su cui costruire un’alleanza di sinistra anti-capitalista alternativa al PD, il quale ha invece scelto una strada neo-liberista ed ultra-europeista basata sulle politiche di austerity e che rischia di portarlo al suicidio politico.

La lista Ingroia propone che la ricostruzione di un’Italia distrutta dal berlusconismo e dal montismo sia ricostruita partendo dai concetti quali “legalità e solidarietà”. Con legalità si intende qui in particolare, naturalmente, la lotta al crimine organizzato e all’evasione fiscale dei grandi capitali.

Il punto 2 chiede uno “stato laico” e apre sulle “differenze di genere” (intesi qui anche i diritti civili per gli omosessuali).

Successivamente si chiede una “scuola pubblica che valorizzi gli insegnanti e gli studenti”, riconoscendo a questi ultimi un protagonismo solitamente ignorato, e si rivendica che l’università e la ricerca scientifica non siano “sottoposte al potere economico dei privati”.

In ambito sociosanitario si parla di “centralità dei pazienti” e di “riconoscimento professionale del personale”.

Al punto 4 si torna a parlare di legalità nel senso di sviluppare una politica anti-mafia efficace e si ammette – finalmente! – che la mafia ha relazioni con il potere politico-istituzionale.

Il punto successivo è particolarmente schierato a sinistra: si esplicita che lo sviluppo economico deve obbligatoriamente rispettare “i diritti dei lavoratori e la salute dei cittadini”, nonché l’ecosistema. Inoltre si chiarisce la necessità “della pace e del disarmo” contro il militarismo che chiedeve l’acquisto di nuovi aerei da combattimento quando la popolazione fatica ad arrivare alla fine del mese.

Il punto 6 strizza l’occhio ai piccoli imprenditori e artigiani nonché alle nuove identità lavorative (i falsi indipendenti precarizzati) e chiede che essi non siano soffocati da tasse che dovrebbero semmai colpire i grandi capitali.  Inoltre si evidenzia la necessità di favorire l’economia reale piuttosto che quella finanziaria.

Il punto 7 rende evidente l’alleanza coi comunisti: Antonio Ingroia chiede infatti “la democrazia nei luoghi di lavoro, il ripristino del diritto al reintegro se una sentenza giudica illegittimo il licenziamento e la centralità della contrattazione collettiva nazionale”.

Di seguito si propone di abolire la lottizzazione partitica nei consigli di amministrazione, una cosa che anche in Ticino dovremmo imparare.

In merito ai candidati alle elezioni si informa che essi saranno selezionati sulla base della competenza e dell’impegno per la cosa pubblica.

L’ultimo punto parla invece di “questione morale”, un concetto che riporta alla mente Enrico Berlinguer, l’amatissimo segretario del vecchio Partito Comunista Italiano: essa, però, non si deve limitare – spiega Ingroia – alla “legalità formale”. Ci vogliono insomma regole per l’incandidabilità dei condannati e dei rinviati a giudizio, ma solo “per reati gravi” (infatti molti sindacalisti e comunisti sono stati condannati dalla giustizia borghese per aver difeso i lavoratori contro la proprietà privata: è evidente che loro non vanno puniti, ma valorizzati!). Inoltre, sempre al punto 10, si chiede di “ripristinare il falso in bilancio e una vera legge contro il conflitto di interessi”.

La più ampia unità

Nella lista “Rivoluzione Civile” si sono aggregati numerosi soggetti politici ed esponenti della società civile. Oltre ai già citati PdCI e PRC con i loro circa 50mila tesserati, ha aderito al progetto di Antonio Ingroia anche la Federazione dei Verdi. Il neo-costituito “Movimento Arancione” capeggiato dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e quel che rimane dell’IdV sono pure parte del progetto ingroiano. Ma “Rivoluzione Civile” gode anche dell’appoggio di personalità della cultura e dell’associazionismo: oltre al vignettista Vauro, ci sono pure Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace, il responsabile di Emergency Gino Strada, l’astrofisica Margherita Hack del movimento “Democrazia Atea”, il direttore del Centro Studi “Anna Seghers” di Milano nonché collaboratore di Sinistra.ch Davide Rossi, il direttore della rivista di storia critica “Historia Magistra” Angelo d’Orsi e il noto giornalista Sandro Ruotolo. Anche dal mondo della musica arrivano sostegni a Ingroia: in primis Fiorella Mannoia e Franco Battiato. Dal mondo operaio si schiera invece Antonio Di Luca, lavoratore della FIAT a Pomigliano e uno dei più attivi esponenti del sindacatoFIOM. Molti altri sono i volti che provengono dai movimenti anti-mafia: Pippo Giordano, ex ispettore della Direzione Investigativa Antimafia che ha affiancato Borsellino e Falcone; Gabriella Stramaccioni, direttrice di «Libera»; Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato nella strage di Via d’Amelio; Franco La Torre, presidente di «Flare» la rete internazionale contro le mafie, nonché figlio di una vittima di mafia: il boss Totò Riina fece infatti uccidere nel 1982 Pio La Torre, membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano (PCI), segretario sindacale e deputato promotore di una legge sui patrimoni mafiosi.

Tante calunnie per fermare Ingroia

Immoralità? – E’ immorale, secondo alcuni, che un magistrato deponga la toga per lanciarsi in politica. Ma lo “scandalo” strumentale che investe Ingroia, non si sente quasi quando a candidarsi – per il PD – è l’ex procuratore Pietro Grasso, il quale però, non solo è stato nominato al suo posto di responsabilità proprio da Berlusconi, ma addirittura, in cambio del favore, voleva assegnare un premio al suo governo per la lotta alla mafia. Non c’è che dire: il PD sceglie bene i suoi rappresentanti…

Favoritismo verso il padronato? – Da parte dell’ex-eurodeputato Marco Rizzo, oggi convertitosi al più ortodosso del marxismo-leninismo, è stata invece avanzata la calunnia secondo cui Ingroia favorirebbe i regali fiscali alle grandi aziende, strumentalizzando il già citato punto 6 del manifesto di “Rivoluzione Civile”. Nulla di tutto ciò: in un’intervista concessa a Tgcom24 il candidato premier si dichiara “assolutamente favorevole ad una patrimoniale per i super-ricchi e alla promozione della crescita tramite la defiscalizzazione delle piccole e medie imprese e tramite la lotta senza quartiere ai patrimoni illegali e all’economia sommersa”. La patrimoniale per i super-ricchi tradotta altrimenti è la “Tassa dei milionari” proposta in Svizzera del Partito Comunista ticinese e in Belgio dal Partito del Lavoro.

Ingroia dalla parte dei picchiatori di Genova? – Un’altra perla che settori dell’estremismo di sinistra disfattista si sono inventati, pur di impedire ai comunisti di tornare in parlamento, è quella secondo cui Antonio Ingroia si sia schierato al fianco dei poliziotti condannati per la brutalità dimostrata contro i manifestanti pacifici durante il G8 di Genova 2001. Ma se così fosse perché con Ingroia si candida anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ragazzo ucciso dalla Polizia in situazioni tutt’altro che chiare, nonché vice-presidente dell’associazione dedicata alla memoria di Federico Aldrovandi, un’altra delle vittime dell’impunità poliziesca? Ingroia ha affermato: “La legge va applicata anche nei confronti degli uomini migliori”. Anzitutto è una dichiarazione che risale al periodo in cui era un magistrato e non un politico, in secondo luogo non va scordato che alcuni dei poliziotti condannati (giustamente) per i fatti di Genova, avevano condotto indagini fondamentali sulle mafie assieme all’allora pubblico ministero. Ecco che, inserite nel loro contesto originale, queste parole assumono tutt’altro significato. Peraltro Ingroia ha negli scorsi giorni condannato esplicitamente i fatti di Genova di 11 anni fa definendoli una “lacerazione del tessuto democratico”, come si può ascoltare in questo video.

Fuggi fuggi generale? – Lo storico Paul Ginsborg ha deciso di voltare le spalle a Ingroia, poiché quest’ultimo non avrebbe avuto sufficiente coraggio per “rottamare” i dirigenti di partito. La lotta di Ginsborg è un odio viscerale verso i partiti in generale, soprattutto quelli comunisti. Il famoso storico italo-inglese dimentica forse che i partiti sono una parte importante della partecipazione dei cittadini in una democrazia e che il qualunquismo e l’anti-politica sono invece l’anticamera del fascismo. Sulla medesima linea d’onda di Ginsborg anche Marco Revelli. Non che ci dispiaccia molto: sul quotidiano “Il manifesto” del 17 novembre 2011, infatti, quest’ultimo aveva salutato con entusiasmo il governo tecnico (cioè di fatto “golpista”) e liberista di Mario Monti. Che persone simili non abbiano niente né di “rivoluzionario” né di sinistra ci pare quindi evidente. Significativo che quotidiani importanti come “La Stampa” di Torino facciano di tutto per ampliare queste “defezioni” così da far credere che “Rivoluzione Civile” si stia sfaldando ancora prima di entrare nel vivo della campagna elettorale.

Anche in Svizzera si muove qualcosa…

M. Ay con O. Diliberto

E agli italiani all’estero chi ci pensa? Dalla Segreteria del Partito Comunista del Canton Ticino si esprime Massimiliano Ay: “il manifesto dei 10 punti è un programma minimo su cui costruire un progetto unitario di sinistra in vista delle elezioni italiane. Non mi attendo che Ingroia faccia il comunista, mi attendo che con il contributo dei comunisti questa lista possa incidere nella politica della vicina repubblica, la cui base democratica è stata distrutta da Berlusconi e Monti, senza dimenticare la complicità di settori moderati del centro-sinistra. In questo senso il mio Partito è disponibile a sostenere la campagna di questa lista fra gli elettori italiani che abitano e lavorano in Svizzera”.

Simone Romeo

Abbiamo poi chiesto ad alcuni politici italo-ticinesi di sinistra di esprimersi. Simone Romeo, 19enne, studente liceale e consigliere comunale comunista a Locarno potrà per la prima volta esercitare il suo diritto di voto anche in Italia, nel comune di Viggiù. Anche lui voterà l’ex-magistrato di Palermo: “credo sia importante sostenere l’ex pubblico ministero – ci ha spiegato Romeo – in quanto, oltre ad aver sempre condotto una magistrale lotta alla mafia, ha un programma trasparente a vantaggio dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della scuola pubblica. Senza ovviamente dimenticare il chiaro smarcamento dal modo di fare politica ad personam della destra di Berlusconi e dalle politiche liberiste di Monti, cosa che invece l’altra ‘sinistra’ si dimentica spesso di fare”.

Cappelletti sarà candidato a Lugano in aprile

Abbiamo sentito anche un altro giovanissimo cittadino con doppia nazionalità, Edoardo Cappelletti, 18enne e candidato al Municipio e al Consiglio Comunale di Lugano il prossimo aprile, che dal canto suo – di fronte all’appuntamento elettorale nella vicina penisola – afferma: “La lista ‘Rivoluzione Civile’ è la concretizzazione di una volontà popolare in rottura con le politiche di austerità imposte dall’Unione Europea e le forze politiche italiane che, dopo aver sottoposto a pesanti sacrifici le fasce più deboli della popolazione sull’altare del liberismo economico, ancora le sostengono. La costituzione di un fronte comune avverso a tale politica, che possa realmente condizionare gli attuali equilibri e veda riconfluire al suo interno tutti quei soggetti politici disposti a lottare contro la dittatura di Bruxelles e per i fondamentali diritti dei lavoratori, è quindi sintomo di grande responsabilità politica; sono fiero di dire che i comunisti, nell’apportare il loro contributo a questo progetto, rappresentano una di queste componenti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Micheli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Micheli, 22enne, studente universitario, in passato rappresentante studentesco al Liceo di Mendrisio ed ex-coordinatore del Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), era tentato di votare il “Movimento 5 stelle” di Beppe Grillo perché “sembrava l’unica alternativa alla politica dell’austerity di Mario Monti e non da ultimo l’unico movimento che si opponesse chiaramente alle guerre d’aggressione imperialiste che avesse i numeri per incidere nel panorama politico italiano”, ma alla fine Micheli ha optato per la lista “Rivoluzione civile” poiché: “con Antonio Ingroia c’è la reale possibilità di superare gli sbarramenti elettorali con posizioni ancora più chiare e schierate per la salvaguardia dei diritti e dei lavoratori rispetto a Grillo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mattia Tagliaferri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mattia Tagliaferri, consigliere comunale della sinistra unita di Losone e giovane dirigente del Partito Comunista ticinese andrà anche lui a votare alle elezioni politiche italiane. Inizialmente favorevole a un accordo fra il PdCI e il PD, afferma: “Il PD si è dimostrato molto settario verso la sinistra, preferendo coalizzarsi con il centro rappresentato da Matteo Renzi e dai neoliberisti” e continua: “dopo quasi vent’anni di berlusconismo in cui l’Italia e gli italiani si sono visti paralizzare il paese, e con la parentesi Monti di azzeramento della democrazia e di austerità ai danni delle classi meno agiate (con il consenso anche del PD), l’Italia necessita di un cambiamento radicale. ‘Rivoluzione civile’ e i Comunisti Italiani, che ne sono parte attiva, sono il volto sano della politica; fatta di passione, onestà e sono soprattutto il simbolo di una politica fatta per sostenere gli ultimi. Per questo, come italiano in Svizzera, sosterrò Antonio Ingroia”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Aris Della Fontana é Candidato al Consiglio Nazionale per il Partito Comunista (PC)
Aris Della Fontana

 

 

 

 

 

 

 

 

Aris Della Fontana ha 21 anni ed è consigliere comunale nel piccolo villaggio di Pollegio, studente universitario a Bologna, è da tre anni coordinatore della Gioventù Comunista della Svizzera Italiana. Anche lui di origine italiana così descrive la lista capeggiata dall’ex-procuratore antimafia: “è la sola lista che può porre questioni che l’Italia non può eludere se vuole uscire dalla crisi politica e sociale. In particolare è importante investire nel settore della ricerca pubblica perché l’economia può crescere solo nella produzione ad alto valore aggiunto: in questo modo l’Italia può ritagliarsi uno spazio in questa UE germano-centrica. La lista Ingroia pone poi la questione della democrazia nei luoghi di lavoro e la centralità della contrattazione collettiva, in pratica una cesura positiva rispetto al passato”.

Amedeo Sartorio

E’ cittadino italiano pure il consigliere comunale di Brione sopra Minusio, Amedeo Sartorio, che si schiera apertamente con la “Rivoluzione Civile”: “non si tratta né di una lista comunista né di una lista anti-europeista – ci spiega Sartorio – ma visto lo stato della sinistra radicale in italia, dopo anni e anni di liquidazionismo, è senza dubbio il progetto elettorale, di un certo peso, più progressista che ci si potesse aspettare. La drammatica situazione in cui versa il popolo italiano obbliga a mettere in pratica quegli insegnamenti della tradizione comunista che spingono, in tempi bui come questi, a fare un fronte ampio con quelle forze democratiche che si oppongono al massacro sociale, alle politiche economiche selvaggiamente neo-liberiste, alla mafia, alla guerra. Il disfattismo e il settarismo portano solo acqua al mulino delle destre. Bisogna quindi trovare ciò che unisce e non ciò che divide”. Il 23enne continua poi giudicando quella di Ingroia la sola lista “che si oppone sia alla triade filo-atlantica e autodistruttiva PD-Monti-PDL, sia alla pericolosa ed enigmatica antipolitica di Grillo. Da italiano all’estero Sartorio voterà dunque ‘Rivoluzione Civile’ con lo scopo di “riportare la sinistra in parlamento, così da contenere lo spostamento a destra del baricentro politico nazionale. Pretendere di più in questo periodo di crisi economica e di crisi della sinistra sarebbe idealismo puro”.

Lo scetticismo marginale

Vi sono però anche partiti, per quanto fortemente marginali, che si ispirano al marxismo in forme più o meno ortodosse e che si distanziano dai due maggiori partiti comunisti italiani (PdCI e PRC). Si tratta di sigle minoritarie che danno particolare importanza alla propria identità e che non sono pronte a trovare compromessi con forze politiche più moderate.

Il PCI-ML – Le posizioni espresse da tali partiti “dissidenti” – con tutto il rispetto – ci sembrano piuttosto retoriche. Quella di Ingroia “è una lista di natura borghese e capitalistica, è totalmente estranea alla lotta e alle conquiste di classe del proletariato italiano e alla costruzione della prospettiva socialista nel nostro paese” – ci spiega da Ischia Domenico Savio, segretario generale del Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista (PCI-ML) fondato nel 1999 e di cultura enverista – che continua: essa “si pone l’obiettivo di migliorare il governo dell’infame sistema capitalistico permettendone la sopravvivenza”. Per questa ragione il PCI-ML si candiderà “in qualche collegio elettorale chiedendo alla classe lavoratrice il voto per il nostro Partito dove siamo presenti con una propria lista e l’astensione dove siamo assenti”.

Il PMLI – Critiche simili arrivano anche da Firenze, dove ha sede il Partito Marxista Leninista Italiano (PMLI) sorto nel 1969 su ispirazione “maoista” e guidato da Giovanni Scuderi: il principale difetto della lista guidata da Antonio Ingroia “è quello di non varcare i confini del sistema capitalistico e della sua Costituzione borghese e anticomunista. Si tratta di una coalizione elettorale borghese e riformista il cui scopo principale è quello di ricondurre nelle istituzioni borghesi la gran parte dell’elettorato di sinistra che da anni si è staccato da esse e dai partiti della ‘sinistra’ borghese”. Il PMLI non si candiderà, questo perché “sulla base della attuale situazione concreta politica, sociale, elettorale esistente in Italia, il PMLI ritiene che l’astensionismo elettorale tattico (diserzione delle urne, annullare la scheda, lasciarla in bianco) sia la scelta più giusta e più efficace per delegittimare, indebolire e disgregare le istituzioni rappresentative borghesi, per elevare la coscienza politica delle masse, per abbattare ogni illusione elettorale, parlamentare, governativa, riformista, pacifista e costituzionale”.

Il CSP – Sulla stessa linea d’onda anche Comunisti-Sinistra Popolare (CSP), fazione scissasi nel 2009 dal PdCI e diretta dall’ex-eurodeputato Marco Rizzo, il quale, convertitosi di recente all’ortodossia marxista-leninista, non ha condiviso la decisione di rinunciare alla falce e martello nel simbolo di “Rivoluzione civile”. Pure Ingroia come capolista viene rifiutato: egli non sarebbe il magistrato che ha contrastato la mafia a rischio della sua stessa vita, ma sarebbe “attento solo alla ribalta dei mass media di ritorno da una vacanza guatemalteca”. Naturalmente non poteva mancare la frase di circostanza che, detta proprio da Rizzo (quattro legislature a Roma, una a Bruxelles e privilegi di parlamentare acquisiti) suona perlomeno assurda: “la politica istituzionale conta quasi nulla”.

I CARC – Il Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC) di tendenza anch’esso “maoista”, ritiene che sia la lista “Rivoluzione Civile” sia la lista del “Movimento 5 Stelle”, rappresentino una possibilità da sostenere, in quanto i suoi candidati “danno voce e alimentano l’insofferenza verso l’attuale corso delle cose e la volontà di cambiamento della parte più attiva, d’iniziativa e generosa delle masse popolari, ne raccolgono la fiducia, l’interesse e le aspirazioni. Qui sta la loro importanza e le loro potenzialità, non nelle idee e nei propositi dei loro promotori, comici o magistrati che siano e neanche nella radicalità dei loro programmi”. Un sostegno solo passivo e indiretto, quindi, non perché siano di sinistra, ma perché creerebbero un terremoto sociale dalla cui confusione i CARC – che a dirla tutta costituiscono il braccio legale del “(Nuovo) Partito Comunista Italiano” che agisce in clandestinità e che non disdegna azioni violente – potrebbero trarre vantaggio.

Sinistra Critica – Sul fronte dei movimenti trozkisti abbiamo posizioni diversificate, ma tutte naturalmente contrarie in ultima analisi ad ogni forma di unità del fronte progressista: “Sinistra Critica” rinuncia a candidarsi e non manca di condannare la lista di Ingroia perché permetterebbe di “riverniciare” i comunisti secondo loro screditati. Il leader del referente italiano del “Segretariato Unificato della Quarta Internazionale” (USFI), Franco Turigliatto, ha affermato che la piattaforma dei 10 punti di Ingroia sarebbe “di netta impostazione sociale interclassista e politica liberal-democratica”.

Il PCL – Il piccolo Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) di Marco Ferrando, referente italiano del “Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale” (CRFI), un’altra formazione trozkista, invece, presenterà proprie liste rigorosamente di disturbo contro il “giustizialista” Ingroia. E ha lanciato persino un banner (qui a sinistra) quasi la sua campagna fosse orientata più a danneggiare la lista della sinistra unita che non a contrastare la destra.

Il PdAC – L’ancora più marginale gruppo trozkista chiamato Partito d’Alternativa Comunista e diretto da Francesco Ricci, che invece è referente in Italia della “Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale” (LIT-QI), non è da meno: rifiuta di unirsi a quella che definisce una “ammucchiata” retta dalla “collaborazione di classe”.

Ingroia oscurato dai TG: l’UE non lo vuole!

La campagna elettorale è ormai entrata nel vivo. La candidatura di Ingroia e la formazione di questa sua lista che ha saputo far dialogare comunisti, ecologisti e società civile su un programma minimo, oggi più che mai “rivoluzionario” per la situazione disastrosa in cui l’Italia si trova, fa paura a molti esponenti dei poteri forti. Non a caso le televisioni, sia pubbliche sia private (cioè di proprietà della famiglia Berlusconi) stanno sistematicamente oscurando la lista “Rivoluzione Civile”.
Mentre il giornalismo fazioso piegato agli interessi di bottega come quello di Bruno Vespa dava pochi giorni fa la lista di Ingroia al di sotto del quorum, diversi altri sondaggi ammettevano che essa invece saliva nei consensi in modo vertiginoso, arrivando addirittura all’11% in Sicilia e al 5,5% nazionale dopo una settimana dalla sua presentazione (un record!).
Tale situazione, evidentemente, crea molti problemi, soprattutto alla coalizione guidata dal PD e sostenuta dagli ex-comunisti di SEL e dai seguaci del defunto latitante corrotto Bettino Craxi oggi riuniti nel ricostituito Partito Socialista Italiano (PSI) di Riccardo Nencini. Se Ingroia dovesse infatti emergere, il PD a causa del suo settarismo, potrebbe non riuscire a governare e questo scenario inquieta anzitutto l’UE.
Solo due liste sono dichiaratamente subalterne al diktat della Banca Centrale Europea e Berlusconi ormai c’entra ormai poco: Preso atto che la lista centrista di Monti, stando ai sondaggi, non sfonda, Bruxelles si ritrova a tifare per la coalizione capeggiata da Bersani (che non a caso candiderà pure l’ex-direttore di Confindustria) e che ha già garantito altri tagli nel sociale e sostegno al fiscal compact. Se Ingroia dovesse crescere troppo vi saranno difficoltà a creare maggioranze che si pieghino senza fiatare ai voleri dell’UE: ne guadagnerebbe insomma la democrazia, a scapito dei banchieri!

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