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Grecia: la sinistra trionfa, ma non riesce a formare il governo.

Dal voto della scorsa domenica la Grecia conosce una fra le sue maggiori crisi politiche degli ultimi tempi, che ha visto l’affondamento dei socialdemocratici del PASOK (il Partito Socialista); l’indebolimento della Nuova Democrazia (ND), formazione liberale-conservatrice di centro-destra; l’entrata in parlamento con oltre una ventina di seggi di “Alba Dorata”, partito dichiaratamente neo-nazista e la notevole crescita della coalizione della sinistra anticapitalista SYRIZA, guidata dal giovane Alexis Tsipras, nella quale troviamo il partito maoista KOE, i post-comunisti del SYNASPISMOS, gli eco-comunisti di AKOA, i socialisti del DIKKI, i troskisti della DEA e altre sigle minori. SYRIZA cresce in modo impressionante, ma il risultato è soprattutto determinato dai voti persi dal PASOK. La base socialdemocratica è quindi passata sì a un voto più radicale, ma non ha probabilmente apprezzato le modalità politiche adottate dal KKE, che invece si trovava nelle migliori condizioni storiche per “rubare” voti alla socialdemocrazia in difficoltà. Una chance che evidentemente ha perso.

 

SYRIZA non ce la fa a formare un governo

Oggi gli occhi sono tutti puntati sulla Grecia, sia quelli degli affaristi che quelli dei politici, perché ND ha rinunciato a costituire un governo e, per la prima volta nella storia greca, una formazione di sinistra radicale ha ricevuto l’incarico di trovare una maggioranza per governare. L’esperimento è però fallito per mancanza di numeri e di accordi. Alexis Tsipras ha infatti non solo e comprensibilmente declinato ogni contatto con i neo-nazisti, ma ha posto come condizione il rifiuto dei piani di austerità imposti al paese dall’UE, dalla Banca Centrale Europea e dal FMI (la famosa Troika). A chi si poteva dunque rivolgere? Sicuramente ND e PASOK non potevano accettare tali condizioni visto la loro subalternità alla Troika; restavano solamente, oltre ai socialisti di Sinistra Democratica (DIMAR), che ha ottenuto il 6.10% e 19 seggi, il Partito Comunista (KKE), che con l’8.47% e 26 deputati realizza sì un leggero progresso, ma debole se si pensa alla sua massiccia mobilitazione contro i piani di rigore della Troika degli ultimi tempi. A questo punto abbiamo solo 91 deputati e ce ne vorrebbero 151. E in più servirebbe l’accettazione da parte di questi partiti, ma solamente DIMAR si è detta effettivamente favorevole mentre il KKE ha rifiutato seccamente di negoziare con gli “opportunisti” di SYRIZA. Delle nuove elezioni molto probabilmente saranno quindi convocate in giugno e nel frattempo la crisi e il disagio sociale potranno solo peggiorare.

 

Perché la sinistra radicale greca è divisa?

Il KKE e il SYRIZA (la cui linea è determinata dal SYNASPISMOS) hanno posizioni diverse su più aspetti: sul debito pubblico il KKE ne chiede l’annullazione, mentre SYRIZA è per una sua rinegoziazione. Il KKE è per l’uscita dall’UE e dall’Euro, SYRIZA è per una (illusoria) riforma dell’UE e del ruolo dell’Euro. Anche sulla visione della Grecia post-capitalista non si hanno punti comuni: SYRIZA è per le riforme strutturali, mentre il KKE si dichiara per il rovesciamento dello Stato borghese e alla creazione dei consigli operai  per sezione di produzione. Ciò detto, non mancano però anche dei punti comuni, che sono malgrado tutto, invidiabili: sia SYRZA che KKE infatti sono favorevoli alle nazionalizzazioni dei settori chiave dell’economia greca, un punto comune, questo, che avrebbe permesso al KKE, proprio per la notevole formazione politica dei suoi quadri e per la sua capillarità, d’imporre le sue idee sulle questione della pianificazione dell’economia. SYRIZA inoltre, pur illudendosi sull’UE, ne avrebbe rifiutato i diktat di stampo liberista, altro aspetto che non andrebbe sottovalutato visto i rapporti di forza internazionali. A queste ipotesi il KKE replica, lasciando sbigottiti tanti comunisti nel mondo, in questo modo: “Alexis Tsipras con le sue dichiarazioni ha utilizzato il mandato ricevuto per curare la propria prossima campagna elettorale, facendo proposte parziali che hanno il carattere di un proclama preelettorale, diretto ai più disperati per ingannarli e prendere voti” e “un governo non deve occuparsi solamente di quattro cinque questioni, ma di tutto”, in pratica nessun compromesso e nessuna priorità.

 

Pericolo fascista? Si, no, forse…

Gli amici esteri del KKE, come vedremo più avanti, consigliano ai compagni greci di lavorare per l’unità, ma il KKE non smette di stupire e nell’imbarazzo generale se ne esce parlando di “pseudo-rivoluzionari di Alba Dorata e SYRIZA”. Una dichiarazione infelice che sta suscitando polemiche a non finire, in quanto pone sullo stesso piano i neo-nazisti con la sinistra radicale. Un atteggiamento provocatorio oltre che ingiusto che Aleka Papariga, la segretaria del KKE, poteva rispamiarsi. Al di là di ciò è disaramente vedere come per la Direzione del KKE i neo-nazisti siano degli “pseudo-rivoluzionari”, in pratica una realtà inoffensiva e non degli squadristi violenti, sostenuti dai poteri forti che ha l’obiettivo di atomizzare la classe operaia distruggendone le organizzazioni sindacali e i partiti operai. Secondo il giornalista greco dai noti sentimenti progressisti Yorgos Mitralias “un tale misconoscimento della natura delle organizzazioni fasciste da parte della sinistra greca è premonitore dei drammi futuri. E il peggio è questi drammi non si limiteranno a livello elettorale”.

 

Un errore tattico del KKE?

Un errore tattico, quello del KKE. Non ha dubbi Nicolas Maury, membro del Consiglio Nazionale della Gioventù Comunista Francese, che non nasconde la sua simpatie per i comunisti greci. I rancori fra SYNASPISMOS (che è la componente maggioritaria in SYRIZA, scissione del KKE) e il KKE sono importanti, notoriamente ideologici, certamente, ma il Partito Comunista ha commesso comunque, per Maury, un errore tattico importante. La situazione politica mostra infatti più dati importanti: il crollo dei partiti di sistema (ND e PASOK); una radicalizzazione dell’elettorato verso la sinistra (SYRIZA, DIMAR e KKE) e un messaggio politico dei greci carico di rassegnazione ma anche di rabbia. A differenza di SYRIZA, va precisato, il KKE beneficia di una diffusione importante nelle città operaie e popolari, e ha una linea politica chiara e per nulla eclettica. Malgrado ciò avrebbe potuto benissimo accettare la mano tesa dal suo rivale, nonostante le divergenze sull’UE. Questa è la tesi anche del quotidiano comunista tedesco “Junge Welt”, uno degli ultimi giornali dei tempi della ex-DDR a resistere. In effetti il KKE, malgrado le sue forti reti e il potente sindacato PAME, è vittima di un’immagine (spesso a torto) di partito ultra-settario e chiuso su se stesso e sul sogno della rivoluzione. Se il KKE avesse deciso di accettare la proposta di alleanza con SYRIZA, ciò avrebbe portato svariati vantaggi per i comunisti e per il popolo greco: avrebbe permesso di togliere al KKE la sua immagine falsamente “chiusa” e allo stesso tempo rinforzare lo spirito di lotta del popolo, nonché rinforzare l’elettorato del KKE, unendo tutti coloro che lottano solitamente con il PAME ma che non hanno votato comunista sia per paura della teoria del voto utile, sia per una retorica a volte estremista e dogmatica. Un accordo fra i due maggiori partiti della sinistra radicale avrebbe inoltre imposto un’altra agenda politica al popolo greco, sapendo che la situazione è ben lontana dall’essere rivoluzionaria. Anche essendo lontani dai 151 deputati necessari per imporsi, ci sarebbe stato insomma agli occhi dei greci un forte segnale politico, quello dell’unità contro i piani d’austerità. Invece ora la camera dei deputati sarà ben presto disciolta, e le nuove legislative saranno convocate e non è detto che da questo secondo turno i comunisti possano migliorare il loro risultato, anzi appare verosimile piuttosto il contrario.

 

Papariga 2012 e Lenin 1917

Una chance storica rischia così di essere gettata via e sarà il KKE che verrà accusato di ciò. Un accordo con SYRIZA avrebbe peraltro anche permesso ai comunisti di imporre le proprie idee politiche e smascherare le contraddizioni politiche di SYRIZA che è una formazione molto eclettica e incoerente. Ciò avrebbe impostato quindi una situazione pre-rivoluzionaria che solamente il KKE avrebbe potuto gestire, grazie al suo apparato e alla preparazione, ma per riuscirci dovrebbe rompere l’isolamento e le masse popolari dovrebbero prendere coscienza che il KKE sia l’unico a poterlo fare.  Oggi, invece, si può constatare che il Partito Comunista è politicamente isolato, è una cittadella sott’assedio, e ciò lo rende totalmente incapace di costruire un movimento rivoluzionario o di imporre delle rivendicazioni immediate. Il partito bolscevico di Vladimir Lenin, se avrebbe seguito la linea dettata da Aleka Papariga, la segretaria generale del KKE, non avrebbe mai controllato Pietrogrado nell’ottobre del 1917. Fu l’apporto, notoriamente rurale, dei “socialisti rivoluzionari” che permise il trionfo della Rivoluzione d’Ottobre. I comunisti greci dovrebbero esserne consci. Maury continua: “sventolare le bandiere e caricare come dei pazzi contro l’artiglieria è bello, romantico ma inutile, e tatticamente stupido. Una possibilità storica è forse stata persa, peccato, e peccato per il KKE che è un grande partito comunista. Domani i greci conosceranno ancora l’austerità e la miseria perché due partiti non si parlano”.

 

Reazioni all’estero

Mauro Gemma, direttore della rivista online “MarxXXI” in Italia, ammette su Facebook, osservando i risultati: “una certa dose di settarismo nel rapporto con il resto della sinistra greca e anche nell’approccio agli scenari internazionali ha limitato fortemente l’impatto del voto comunista”. Il riferimento qui non è solo al rifiuto di ogni alleanza del KKE con SYRIZA ma anche alla critica invasiva che i comunisti greci hanno rivolto ai comunisti cinesi, russi, francesi e spagnoli, nonché al loro apostrofare come “socialdemocratico” il processo rivoluzionario in Venezuela. Tuttavia continua Gemma: “i compagni del KKE, partito serio e ben diverso dalle frange ultraminoritarie che lo scimmiottano in Italia, aprirà certamente un confronto”. Il segretario del Partito dei Comunisti Italiani Oliviero Diliberto tace addirittura del risultato del KKE a si congratula con una generica “sinistra” greca. La scelta del KKE di privilegiare i rapporti con il gruppuscolo scissionista “Comunisti – Sinistra Popolare” guidato da Marco Rizzo probabilmente non è stato molto apprezzato a Roma. Che i comunisti ellenici aprano un confronto con il resto della sinistra è l’auspicio anche del Partito Comunista della Svizzera Italiana, che al suo ultimo congresso aveva ricevuto un delegato del Comitato Centrale del KKE quale ospite d’onore. Il segretario Massimiliano Ay, pur felicitandosi per l’aumento di voti dei comunisti greci, sulla sua bacheca Facebook così commenta il risultato: “Ora è necessaria l’unità per uscire dalla crisi da sinistra e bloccare l’avanzata fascista”. Sulla stessa linea d’onda il commento di Janosch Schnider, membro del Comitato Centrale del Partito Svizzero del Lavoro: “Il popolo greco ha votato in massa Syriza, facendone quadruplicare i voti. Prima delle elezioni il KKE aveva il doppio dei consensi di Syriza, mentre ad averne il doppio ora è il partito di Tsipras, con i comunisti che si sono presi le briciole del voto anti-austerity. Un atteggiamento più dialettico avrebbe magari permesso ai comunisti di essere l’avanguardia di un governo di sinistra. Speriamo che le discussioni in seno ai comunisti producano delle aperture che permettano di riprendere la fiducia dei greci, che evidentemente, durante le scorse elezioni, non se la sono sentita di votare KKE”. Ma non manca il dibattito fra i comunisti svizzeri: Leonardo Schmid, ex-segretario del Partito Svizzero del Lavoro, uno degli “hardliner”, è di tutt’altra opinione. Secondo Schmid le aspettative dei comunisti “si nutrono nella lotta popolare per il rovesciamento del sistema, il risultato elettorale è un indicatore di secondo piano e qualcosa di molto luccicante che in realtà puzza tantissimo” sostenendo con queste parole pienamente la linea dei vertici del KKE. Giovanni Apostolou, giovane militante comunista di Parma e molto vicino al KKE nonché conosciutore del movimento operaio greco, conferma “la correttezza dell’impostazione gramsciana: autonomia comunista e azione unitaria di massa, senza confondere, annegare e annacquare il Partito Comunista nelle coalizioni più ampie (senza perdere il ruolo e le caratteristiche di partito d’avanguardia proprio dei comunisti) ma, al contempo, senza rinchiudersi nel proprio guscio, rifiutando una politica di fronte sociale e politico e di alleanze più vaste”.

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