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Più selezione e più islam nelle scuole. La Turchia va indietro, l’UE è felice.


Lo spezzone del KESK

Il governo turco di Tayyip Erdogan è in mano al Partito islamico-moderato AKP. Tale partito, al di là della retorica del premier e delle finte litigate in TV con Israele, porta avanti una politica assolutamente filo-atlantica, neo-liberista e di sottomissione degli interessi nazionali all’imperialismo occidentale. Il governo del partito egemone di Ankara – finanziato dalla setta integralista dell’oligarca Fetullah Gülen che risiede (naturalmente) negli USA – gode insomma degli appoggi non solo degli USA (che pretenderebbero “esportare” una presunta democrazia in giro per il mondo) e dell’UE (che dovrebbe avere la laicità fra i suoi valori fondamentali). Così non è.

Nei giorni scorsi è stata dispersa ad Ankara una manifestazione di professori e studenti che intendevano protestare contro una riforma del sistema d’istruzione che mira ad aumentare il peso della religione nell’educazione dei giovani. Da ieri, di fatto, la Polizia (lottizzata dal partito di governo, a differenza dell’esercito in mano storicamente ai kemalisti laici), sta impedendo di fatto a studenti e docenti di poter manifestare contro la riforma del sistema educativo imposta da Erdogan.

AKP vuole riformare una legge varata nel 1997 dal governo del leader socialdemocratico Bülent Ecevit che oltre a vietare alle alunne di indossare il velo in tutti gli istituti educativi, era fortemente ispirata a principi laicisti e patriottici della Rivoluzione turca del 1923 guidata da Mustafa Kemal Atatürk e sostenuta dall’Internazionale Comunista di Lenin. Una legge che diminuì la selezione sociale negli studi, aumentando gli anni di scolarizzazioni obbligatori da 5 a 8, introducendo di fatto la scuola media unica per tutte le ragazze e tutti i ragazzi, e che vietò a qualsiasi studente sotto i 15 anni di frequentare scuole confessionali. La legge del 1997 permise inoltre un maggiore controllo affinché nelle regioni del sud-est del paese controllate spesso dai latifondisti curdi anche alle donne fosse garantito il diritto all’istruzione. Tutto questo ora è in pericolo.

Conferenza stampa dei sindacalisti

Il governo vuole introdurre infatti un modello definito “4+4+4” a causa del fatto che la contro-riforma impone che l’istruzione obbligatoria sia strutturata in tre tappe di quattro anni l’una: primaria, secondaria, istruzione superiore o professionale. In quest’ultimo livello sarebbero incluse da ora anche le scuole confessionali gestite dalle sette religiose dell’islam fondamentalista. La legge attuale ha fatto crollare il numero di queste scuole, create originariamente per formare i dignitari religiosi, ma utilizzate da molte famiglie conservatrici per sottrarre i loro figli al regime scolastico laico pubblico.

Una contro-riforma pesantemente criticata – in quanto subordina il sistema educativo del paese ai precetti dell’Islam – dai sindacati, sia quelli “indipendenti” come quello di ispirazione kemalista “Türk Egitim Sen” sia quelli legati alla sinistra, come il sindacato “Egitim-Sen” aderente alla confederazione del pubblico impiego KESK. Le posizioni governative sono invise, oltre che ai sindacati degli insegnanti, persino dalle organizzazioni studentesche, come il sindacato degli allievi “Genç-Sen” legato alla Confederazione dei Sindacati Rivoluzionari (DISK), gli studenti organizzati nel Partito Comunista di Turchia (TKP’li Ögrenciler) e laUnione della Gioventù di Turchia (TGB), vicina al Partito dei Lavoratori (IP). Quest’ultimo sul suo sito (link) qualifica nientemeno che di “fascista” la repressione della polizia.

Gli agenti in tenuta antisommossa hanno attaccato una manifestazione a cui partecipavano migliaia di docenti, studenti e attivisti sindacali nel quartiere di Kizilay della capitale Ankara. Contro i manifestanti, che sfilavano in corteo pacificamente, la Polizia ha usato i manganelli, i gas lacrimogeni e poi anche i cannoni ad acqua. Una volta attaccati alcuni manifestanti hanno lanciato pietre contro i celerini tentando di resistere ma alla fine sono stati dispersi dalla violenza delle cariche e non sono riusciti ad arrivare sotto al parlamento come preventivato. Mercoledì, invece, settantaquattro sindacalisti del KESK che erano in viaggio verso Ankara per partecipare ad una conferenza stampa erano stati bloccati e trattenuti dalla Polizia ad Adana, con la motivazione che la conferenza stampa non era autorizzata dal Ministero dell’Interno. Ricevuta la notizia migliaia di lavoratori e studenti avevano passato la notte in una piazza del quartiere di Kizilay prima di dar vita alla marcia poi impedita dalle forze di sicurezza. Sempre ieri la polizia ha disperso e impedito manifestazioni simili in altre città del paese.

Il governo “democratico” imposto (con finanziamenti, propaganda massiccia, corruzione, ecc.) dall’UE al popolo turco sta pian piano procedendo con il proprio golpe contro l’ordinamento del paese: dopo la riforma costituzionale che eliminava i riferimenti alla lotta partigiana contro i colonialisti, i processi di privatizzazione e di svendita al capitale euro-americano delle aziende statali, ora la riforma della scuola in senso da un lato islamista e culturalmente reazionario e dall’altro fortemente selettivo, così che solo una élite socialmente controllata possa continuare gli studi. In poche parole: suicidare la sovranità e il know-how del paese a favore della dipendenza dall’imperialismo.

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