Il 25 aprile 1974, il Movimento delle Forze Armate (MFA), un gruppo di giovani ufficiali dell’esercito portoghese, rovesciò la dittatura salazarista e pose fine non solo a quasi mezzo secolo di fascismo nella penisola lusitana, ma anche alle sanguinose guerre coloniali condotte dal regime portoghese in Angola, Mozambico, Guinea-Bissau, ecc. L’MFA, in cui alcuni ufficiali erano impregnati di cultura anticapitalista (come Otelo de Carvalho) o addirittura marxista-leninista (come Vasco Gonçalves, primo ministro dal luglio 1974 al settembre 1975), collaborò con i partiti che avevano partecipato alla Resistenza fin dal 1926 (anno del colpo di Stato militare che abolì la democrazia portoghese), a partire dal Partito Comunista Portoghese (PCP), che era stato costretto alla clandestinità e aveva saputo organizzarsi in modo disciplinato e rigoroso per far fronte alla violenta repressione che aveva causato migliaia di sparizioni e di morti. Una repressione che ha approfittato della grande indifferenza delle “democrazie liberali” atlantiste e della Comunità Economica Europea (CEE), l’antesignana dell’UE, che non si sono fatte scrupolo di commerciare con la dittatura salazarista piuttosto che appoggiare il nuovo regime emerso dalla Rivoluzione dei Garofani, un regime in cui il PCP – per un certo periodo – e l’MFA hanno dato impulso al processo di trasformazione sociale fino all’estate del 1975.
Quella portoghese è un’esperienza rivoluzionaria troppo spesso ignorata
Spesso ignorata, misconosciuta o dimenticata, l’esperienza portoghese merita di essere riscoperta, innanzitutto per i suoi reali successi. Oltre alla rapida decolonizzazione – che tuttavia non ha impedito all’Angola e al Mozambico di sprofondare in guerre “civili” in cui il Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA) di Agostinho Neto e il Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo) di Samora Machel, aiutati da truppe cubane, hanno combattuto contro gli avversari sostenuti dall’imperialismo – nazionalizzazioni, riforma agraria, adozione di una legge che riconosce l’esproprio delle terre occupate e la loro cessione (maggio 1975), aumenti salariali, estensione delle libertà, creazione di una potente organizzazione inter-sindacale per la difesa degli interessi dei lavoratori, eccetera: tutto questo è opera dell’alleanza tra il PCP e l’MFA, che all’epoca era al potere a Lisbona.
Le criticità di una rivoluzione nazional-democratica
Tuttavia, la “Rivoluzione dei Garofani” ci ha anche insegnato molte lezioni sulle difficoltà di condurre un processo rivoluzionario. L’MFA e il PCP hanno dovuto in particolare affrontare le seguenti problematiche:
- la Chiesa, la destra reazionaria e la fazione fascista dell’esercito, che non accettò la perdita del potere e tentò un colpo di Stato l’11 marzo 1975 per riportare al potere il generale Spinola, che si era dimesso dalla presidenza del Paese pochi mesi prima.
- Il Partito Socialista Portoghese (PSP) di Mario Soares, utile idiota della CEE e degli Stati Uniti (dove preferì recarsi piuttosto che partecipare a un congresso dei partiti socialisti dell’Europa meridionale nel gennaio 1976, in un momento in cui questi partiti socialisti osavano proclamarsi ancora marxisti), che beneficiava del sostegno finanziario della potente Fondazione Friedrich Ebert (legata alla SPD) della Germania Ovest, che voleva che il PSP assumesse il suo status di satellite “socialdemocratico” anticomunista.
- Il Portogallo è diventato un vero e proprio luogo di pellegrinaggio per estremisti trotzkisti e maoisti di ogni tipo, i cui ricorrenti tentativi di aggirare il potere rivoluzionario in atto hanno messo in difficoltà il PCP e di fatto rafforzato proprio la Socialdemocrazia sostenuta dalle borghesie europee e dall’imperialismo statunitense.
- Le pressioni dei sindacati anti-comunisti, a partire dalla Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi (CISL, antesignana dell’attuale Confederazione Sindacale Internazionale) fondata dall’agente della CIA Irving Brown – allora guidata dal sindacalista della Germania Ovest Otto Kersten, per impedire l’unità di una potente centrale sindacale dominata da sindacalisti vicini al PCP.
- L’ostilità della CEE, che rifiutava di dare aiuti finanziari al nuovo governo antifascista – ma era felice di commerciare con Salazar e il suo successore Marcelo Caetanao – e, allo stesso modo, dei regimi conservatori e “socialdemocratici” al potere, tra cui la Francia di Valéry Giscard d’Estaing e la Repubblica Federale Tedesca di Helmut Schmidt.
- Le manovre della CIA, che inviò un esperto di complotti e colpi di Stato, Frank Carlucci, per garantire che i comunisti fossero emarginati e che il Portogallo rimanesse all’interno della NATO, in linea con le idee del generale Spinola.
- Infine, c’era il Fondo Monetario Internazionale (FMI), che impose un blocco finanziario al governo di Vasco Gonçalves… e fornì invece “aiuti” al governo Soares a partire dal 1977, dopo che quest’ultimo aveva sciolto l’Intersindacale, estromesso dal potere l’MFA e il PCP e affermato le sue radici atlantiste ed europeiste.
Le lezioni della Rivoluzione dei Garofani
In breve, il Portogallo è stato un laboratorio per le oligarchie borghesi, le forze capitaliste, europeiste e atlantiste e i loro satelliti socialdemocratici, così come per l’imperialismo statunitense, per testare tutte le ricette per impedire alla sinistra di svolgere una politica autenticamente di sinistra e per frustrare, senza reprimerlo con la forza, un processo rivoluzionario. In questo senso, l’esperienza portoghese offre alcuni preziosi insegnamenti ancora oggi utili per chi si riconosce in un Partito Comunista:
- I ripetuti tradimenti dei socialdemocratici e dei sindacati cosiddetti “indipendenti” o “liberi” nei confronti del processo rivoluzionario, con il Partito Socialista che ha finito per approvare i vincoli del FMI e la pratica della collaborazione di classe come nel Canton Ticino la conducono i cosiddetti Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT).
- La necessità di un Partito Comunista veramente ancorato al pensiero marxista-leninista. Il PCP rifiutò infatti la mutazione “eurocomunista” degli anni ’70, in cui si erano invece imbarcati con esiti nefasti i partiti comunisti italiano, spagnolo e francese.
- Il ruolo dell’esercito, il cui sostegno, anche solo da parte di una fazione disciplinata dell’esercito seguace del marxismo-leninismo, è fondamentale per un processo costantemente destabilizzato da tentativi di golpe fomentati da reazionari con l’appoggio della CIA. Ecco perché in Svizzera occorre sostenere la necessità di ancora la neutralità nella Costituzione federale e rendere l’esercito meno dipendente dalla NATO.
- L’impossibilità di perseguire una politica di sinistra all’interno della CEE – ora Unione Europea (UE) – e quindi l’assoluta necessità di non ratificare l’accordo quadro con cui il governo svizzero vuole invece sottomettersi al grande capitale di Bruxelles.
- La necessità di rompere con la globalizzazione capitalista, le cui istituzioni (come il FMI) strangolano qualsiasi Paese impegnato in un percorso di sviluppo sovrano, che voglia rompere con il capitalismo e i suoi fondamenti ideologici oggi perlopiù neoliberali.
- Infine, c’è l’urgenza di rompere con la NATO, cosa che il Portogallo non ha saputo fare di fronte all’azione destabilizzante e controrivoluzionaria dell’imperialismo USA.
La socialdemocrazia non sa gestire il conflitto ed è destinata a cedere
La Grecia è stata martirizzata nel 2010 dalla Troika (FMI – Commissione Europea – Banca Centrale Europea); il governo “socialista” francese di François Mitterrand ha capitolato nel 1982-1983 al “progetto europeo”; l’Italia è stata spazzata via dal “riformismo” europeista guidato dai tecnocrati Monti, Prodi e Draghi; la Spagna socialdemocratica di José Luis Zapatero (come la Francia di Lionel Jospin e poi di François Hollande) adotta i “criteri di Maastricht” e attua contro-riforme smantellando i servizi pubblici e distruggendo le conquiste democratiche e sociali: insomma l’Europa ha sofferto terribilmente, e continua a soffrire, dell’ordine euro-atlantico. Al contrario, come il Portogallo nel 1974-1975, la Russia bolscevica, la Cina popolare, il Vietnam socialista e Cuba e il Venezuela bolivariano hanno dimostrato come un governo, anche non comunista, sostenuto dall’esercito realmente patriottico e non svenduto all’estero e che gode del sostegno popolare, possa resistere alla “guerra economica” e alla destabilizzazione del regime perpetrata dall’imperialismo americano, dalle forze del capitale e dai loro utili idioti. Il Portogallo offre tante lezioni storiche su cui riflettere per realizzare l’indispensabile programma per la neutralità e il lavoro sintetizzata dalle parole d’ordine “No UE – No NATO”.
(Libera traduzione e adattamenti ad opera della nostra redazione dell’articolo originale in lingua francese apparso nel 2020 su: https://www.initiative-communiste.fr/articles/europe-capital/25-de-abril-dia-da-liberdade-em-portugal-ne-pas-oublier-les-lecons-de-la-revolution-portugaise/)