Si svolgerà fra pochi giorni una particolare assemblea inter-sindacale di tutto il personale dell’Università di Ginevra. L’ateneo, protagonista anch’esso del movimento studentesco solidale verso la Palestina, non è più lo stesso da quando le scene della repressione poliziesca hanno iniziato a circolare. Qualcosa si è rotto nell’equilibrio politico interno all’Università. In molti si chiedono se in Svizzera esista ancora la libertà accademica e il pluralismo. Il Sindacato Interprofessionale dei Lavoratori (SIT) – combattiva sigla sindacale presente solo a Ginevra – e il Sindacato Svizzero dei Servizi Pubblici (VPOD) hanno infatti convocato i loro affiliati che lavorano a diverso titolo nel campus ginevrino a un’assemblea generale dal titolo significativo: “Dopo l’occupazione, ritorno alla normalità?”. Ed è quel punto interrogativo finale a fare tutta la differenza…
La Polizia stia fuori dai locali universitari!
Intorno alle 5:00 del mattino di martedì scorso, infatti, la Polizia è entrata nell’edificio “UniMail” per evacuare gli studenti che da una settimana occupavano pacificamente uno spazio per protestare contro l’inazione dell’Università di Ginevra di fronte ai massacri in Palestina. Per SIT e VPOD si tratta di uno sgombero che “è senza precedenti e lascerà per sempre un segno nella nostra Alma Mater: mai prima d’ora a Ginevra la Polizia era intervenuta arrestando gli studenti nei locali dell’università”, intervendo per di più contro un movimento studentesco che esprimeva un’opinione e che non compiva evidentemente nulla di criminoso. Ciò solleva molti interrogativi sul ruolo dell’Università, continuano i sindacati: “gli eventi della scorsa settimana hanno un impatto diretto sulle nostre condizioni di lavoro come dipendenti dell’Università. […] Ci chiediamo: che ruolo abbiamo come insegnanti? Qual è la nostra posizione e quali sono le nostre responsabilità come ricercatori? Cosa significa un’università che lavora per i diritti umani al di là degli opuscoli satinati distribuiti nei corridoi? Crediamo che sia urgente aprire uno spazio di discussione su quanto è accaduto e raccogliere le domande sollevate dai nostri studenti”.
Ma all’università è ancora possibile esprimersi liberamente?
L’appuntamento è quindi all’UniMail a mezzogiorno di mercoledi 22 maggio e all’ordine del giorno vi sono quattro punti prioritari esposti su un volantino distribuito al persone accademico: “l’uso di misure repressive contro i nostri studenti” è il primo della lista. Segue una seconda questione di fondo: “L’università come luogo in cui l’impegno e la protesta sono ancora possibili”. Le altre trattande riguardano invece “l’opportunità di mantenere legami con le università israeliane” e l’accoglienza di accademici e studenti palestinesi perseguitati dal regime sionista di Tel Aviv.
Anche gli operai sono solidali con gli universitari
Già nei giorni scorsi la CGAS, l’alleanza di tutti i sindacati operai che operano sul territorio del Canton Ginevra aveva reagito “con profonda preoccupazione allo sgombero particolarmente brutale da parte della polizia, avvenuto la notte del 14 maggio, della sala Uni Mail occupata pacificamente da studenti in solidarietà con il popolo di Gaza. Nonostante l’occupazione non impedisse in alcun modo lo svolgimento delle lezioni e si svolgesse in modo trasparente e particolarmente pacifico, la polizia ha effettuato uno sgombero degno di un film poliziesco, ammanettando studenti pacifici come fossero criminali”. Sebbene la CGAS si dica “sollevata” dal fatto che la rettrice abbia ritirato le denunce contro gli studenti, per i sindacati “questo è il minimo che si possa fare e non riduce in alcun modo la gravità della repressione”.
In democrazia un conflitto politico non si risolve con la Polizia!
A preoccupare i sindacati è soprattutto quella che definiscono la “deriva verso la giudiziarizzazione dei conflitti sociali, di cui questo sgombero fa parte. Presentando una denuncia contro gli studenti, il Rettorato ha aperto la porta all’intervento della polizia sotto l’autorità della Procura. Si tratta di un metodo che alcuni datori di lavoro poco attenti ai diritti democratici non esitano a utilizzare per interrompere gli scioperi o cercare di imbavagliare sindacati e dipendenti”. È esattamente quello che anche il deputato ticinese Massimiliano Ay, segretario politico del Partito Comunista, aveva espresso in un suo articolo (leggi) pubblicato anche dal nostro portale criticando quei rettori che con troppa facilità “sporgono denuncia per violazione di domicilio contro i loro stessi studenti dimostrando l’incapacità di gestire un conflitto sul piano dialettico, sia politico che educativo, come dovrebbe fare un insegnante, portandolo invece subito sul piano giudiziario, cioè criminalizzando ogni forma di dissenso”.