/

L’Irlanda del Nord ferita: 40 anni fa il “Bloody Sunday”!

Il 30 gennaio 1972, quarant’anni fa, fa circa trentamila persone si riunirono a Derry per partecipare alla più imponente manifestazione di massa mai svoltasi nell’Irlanda del Nord. Erano ragazzi e operai, donne e bambini, scesi nelle strade per chiedere la parità di diritti civili per la popolazione cattolica (originaria del luogo, quindi irlandese) rispetto a quella protestante (dei “colonizzatori” inglesi), armati solo del loro coraggio nel salire sulle barricate di un quartiere molto povero e anche molto repubblicano (particolarmente inviso alla monarchia londinese), della città. Il quartiere di Derry era stato “liberato”: il giornalista italiano Fulvio Grimaldi racconta: “l’esercito inglese si era dovuto ritirare da lì come dalle zone repubblicane delle altre principali città nordirlandesi, come Belfast, Armagh e Newry. Aveva dovuto farlo in seguito alle manifestazioni e alle offensive di massa organizzate dagli abitanti ed era quindi una zona liberata. Al suo ingresso campeggiava infatti la scritta ‘state entrando nella Derry libera’ – una scritta che, restaurata, è rimasta ancora oggi – e questo corteo voleva manifestare in difesa di questa libertà e per ottenere uguali condizioni”.

Alle quattro del pomeriggio un reggimento speciale di paracadutisti inglesi armato con mitragliatrici pesanti cominciò però a sparare sulla folla che sfilava pacificamente per le vie della città. In quella tragica giornata, poi divenuta nota come la Domenica di Sangue (Bloody Sunday), persero la vita tredici civili, quasi tutti giovanissimi (tanti avevano solo 17 anni), mentre altri quattordici rimasero gravemente feriti.

Alcuni di loro furono colpiti alle spalle e uno di loro che sventolava un fazzoletto bianco fu freddato sul posto. Uno dei testimoni di questa carneficina era, appunto, il noto giornalista d’inchiesta italiano Fulvio Grimaldi, il quale assicurò che tutti i manifestanti erano disarmati. La sua testimonianza è una pagina toccante che in pochi purtroppo nelle nostre scuole ricordano: questa – bisogna dirlo chiaramente – è la democrazia liberale occidentale!

Ecco cosa raccontava Grimaldi al suo rientro: “Le fotografie e le registrazioni audio che sono riuscito a raccogliere quel pomeriggio dimostrano inequivocabilmente che si trattò di un assalto premeditato, a freddo, dell’esercito inglese contro civili e manifestanti inermi. Alle 16 mi trovavo alla testa del corteo. Alcune file di manifestanti si erano fermati di fronte a una barriera di soldati inglesi che impediva ai manifestanti di entrare nel centro della città. Obiettivo del corteo sarebbe stato raggiungere il municipio, invece il cordone di militari inglesi impediva a tutti di passare. Anche molti giornalisti furono costretti a rimanere al di fuori: c’eravamo soltanto io e un collega francese, Gilles Peress. Ci trovavamo entrambi in queste prime file del corteo quando iniziò uno scambio di insulti e lanci di sassi, ricambiati dall’esercito con gas lacrimogeni e idranti che sparavano acqua colorata. Lo scambio durò circa dieci minuti, dopodiché il corteo riprese il suo percorso verso il cuore del quartiere di Bogside, dove ci sarebbe stata una manifestazione con interventi tra gli altri anche di Bernadette Devlin, la famosa pasionaria della resistenza irlandese. Anche noi riprendemmo il cammino. Ci trovavamo a quel punto in coda al corteo, che si era mosso molto velocemente mentre erano in atto gli scontri. Da lì assistemmo all’ingresso improvviso – assolutamente inaspettato e travolgente – dei blindati inglesi, al cui interno si trovava il famigerato primo battaglione dei paracadutisti. Quattro o cinque blindati si precipitarono all’inseguimento della coda del corteo, ci superarono, si fermarono e saltarono fuori alcuni paracadutisti con maschere antigas, elmetti, in perfetta tenuta da guerra. Imbracciavano i micidiali mitragliatori Sterling: armi terribili, capaci di fare buchi enormi anche nel cemento. Immediatamente si inginocchiarono, presero la mira e spararono nella coda del corteo, in mezzo alla gente, che si stava allontanando e che a quel punto, pensando ancora di essere bersagliata da proiettili gomma, idranti o lacrimogeni e non da pallottole vere, non si preoccupò più di tanto e continuò a fuggire. Ma a un certo punto caddero delle persone. Il primo fu un ragazzino di sedici anni, colpito da una pallottola che gli entrò nella spalla destra e gli uscì sul fianco sinistro, dall’alto in basso, probabilmente perché correva curvo mentre tentava di scappare. Era praticamente una delle ultime persone del corteo. Io mi trovavo vicinissimo a lui, a circa tre metri, e sono riuscito a fotografarlo mentre moriva, e mentre un prete, padre Daly – che poi sarebbe diventato il vescovo di Derry – gli dava l’estrema unzione. Quel ragazzo fu il primo ucciso della giornata. Poi ho fotografato una donna che è stata colpita a una gamba, che poi le è stata amputata, una signora di una cinquantina d’anni. Ho visto un ragazzo coraggiosissimo, che a quel punto si è buttato in mezzo a questo spazio, in cui avveniva la sparatoria, contro i fuggitivi e ha cominciato a urlare ‘vigliacchi, sparate a me, non alle donne’, e prontamente gli hanno sparato nel ginocchio e da allora è paralizzato. Poi la mattanza è continuata: per venti minuti i paracadutisti inglesi hanno sparato ininterrottamente su questa povera gente. Hanno anche ucciso un ragazzo che si trovava a terra ferito e implorava di essere risparmiato. Un parà gli si è avvicinato e da pochi centimetri gli ha sparato alla testa. È stato un vero mattatoio, con persone che non sapevano più dove trovare rifugio”.

La tesi di Grimaldi, inizialmente non presa in considerazione viste le simpatie di sinistra del giornalista,  fu confermata dal primo ministro inglese David Cameron decenni più tardi, quando l’inchiesta giudiziaria voluta dall’ex-premier laburista Tony Blair nel 1998, dimostrò che i militari si erano macchiati di un massacro di innocenti. I risultati dell’inchiesta guidata dal giudice britannico Lord Mark Saville, resi pubblici il 15 giuno 2010, sottolineano le colpe gravissime delle giovanissime reclute di leva inglesi armate fino ai denti e spedite a reprimere la manifestazione popolare, pacifica, organizzata per protestare contro la limitazione dei diritti civili che Londra aveva decretato contro la popolazione nordirlandese. Come spesso accade un esercito di popolo, basato sulla coscrizione obbligatoria, non è meno pericoloso di un esercito di mercenari professionisti.

Per molti dei presenti fu proprio l’aggressione estremamente violenta dell’esercito e dei paramilitari inglesi, la scintilla che provocò un rapido e massiccio avanzamento delle file dell’IRA (Irish Republican Army) e tutta la scia di violenze, attentati e morti che ne conseguirono nei trent’anni di guerra civile e di ingiustizia di cui è causa l’imperialismo britannico. Assume oggi quindi particolare rilievo questa triste storia quando il governo inglese, sia esso laburista o conservatore è indifferente, pretende di insegnare ad altri Stati, con tanta ipocrisia (atta a nascondere i reali interessi in gioco), il rispetto dei diritti umani e della democrazia.

Lascia un commento