Nel 2024 ricorre un duplice anniversario, da un lato la Cina Popolare celebra il 75° della sua fondazione, avvenuta il 1° ottobre 1949 con tutto l’orgoglioso entusiasmo di un cammino marxista che ha riportato Pechino al centro del mondo, protagonista di un impegno verso il multipolarismo e la pace, dall’altro è il 75° della fondazione della Germania Democratica, avvenuta sei giorni dopo il 7 ottobre 1949, un’esperienza generosa e significativa, coraggiosa e sinceramente antifascista, travolta certamente dalla violenta e aggressiva campagna denigratoria occidentale, ma anche e soprattutto dalle manchevolezze nello sviluppo delle forze produttive, vera e propria tragedia delle esperienze socialiste di ispirazione sovietica della seconda metà del Novecento.
Per ricordare la DDR e il suo personale ruolo politico in quella nazione, Egon Krenz, a lungo segretario dal 1974 al 1983 della FDJ – Libera Gioventù Tedesca e poi membro del Politburo e del Comitato Centrale della SED, il Partito Unificato Socialista di Germania, quindi per un mese e mezzo capo di stato dopo i fatti novembrini del 1989 che hanno portato all’apertura della frontiera berlinese, ha dato alle stampe un duplice volume di diari: “Partenza e ascesa. Memorie” e “Progettare e cambiare. Memorie” entrambi per la Edition Ost di Berlino, che sarebbe interessante poter leggere nella loro completezza anche in italiano, laddove qualche meritorio editore ne colga l’importanza non solo storiografica, ma anche politica.
Egon Krenz parla di sé, ma parla anche ovviamente della Germania socialista e ci tiene a sottolineare che è la sua autobiografia, ma anche la biografia di diciassette milioni di cittadini della DDR. Al proposito in una lunga intervista allo Junge Welt nel dicembre 2023 ha affermato: “Ognuno ha vissuto la DDR in modo diverso e ognuno dovrebbe lasciare i propri ricordi ai propri figli e nipoti. Non importa quanto diversi possano essere i ricordi del singolo individuo, chiunque sia onesto con se stesso e con i propri cari non ha vissuto la DDR così come ce la impongono i suoi oppositori politici, ovvero come un gruppo di milioni di creature controllate, rinchiuse dietro un muro con un’economia scadente, circondata da roba ammuffita e informatori della sicurezza statale. La ragion di Stato nella DDR era: mai più la guerra, mai più il fascismo.”
Tra le molte pagine di Krenz, merita particolare attenzione quanto avvenuto nel 1985. A Mosca a marzo Michail Gorbačëv è diventato nuovo segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, anche a Pechino Deng Xiaoping e i dirigenti del Partito Comunista Cinese sperano si possa aprire uno spiraglio di dialogo per la costruzione di un nuovo ordine mondiale che superi i limiti della Guerra Fredda. Segretario Generale del Partito Comunista Cinese è Hu Yaobang, amico di Erich Honecker dalla metà degli anni ’50, quando entrambi guidavano le organizzazioni giovanili dei rispettivi partiti. Hu Yaobang invita Erich Honecker in Cina, ma per il momento il capo di stato tedesco decide di inviare per negoziati economici il suo amico e fidato collaboratore Gerhard Schürer, responsabile della pianificazione della DDR dal 1965 al 1990. Gerhard Schürer tuttavia è anche invitato a una lunga conversazione informale durata diverse ore con Hu Yaobang, il quale gli consegna in conclusione un rilevante messaggio scritto per i dirigenti della DDR. Krenz ricorda: “È stato più emozionante di qualsiasi altro documento che avessi mai letto tra quelli giunti al Politburo.” È lui a leggere per primo le proposte cinesi, perché Erich Honecker è in vacanza. Krenz lo chiama al telefono e gli spiega il contenuto delle fitte ventidue pagine trasmessegli dai cinesi, che vorrebbero appoggiarsi ai buoni uffici della DDR per proporre un dialogo con i sovietici volto all’edificazione di un nuovo ordine mondiale. Honecker dà immediato mandato a Krenz di spedirlo a Mosca: “Invia subito il documento con il mio biglietto da visita direttamente a Gorbačëv.” Krenz dunque fa immediatamente tradurre quelle ventidue pagine in russo e convoca con urgenza l’ambasciatore sovietico Vjačeslav Kotschemasov, il quale si impegna a recapitare quella sera stessa il documento a Gorbačëv. Per un mese Krenz cerca di contenere l’impazienza di Honecker, fremente nell’attesa di un segnale di riscontro da Mosca. Il Cremlino, dopo lungo tempo, non si degna nemmeno di trasmettere una risposta scritta, ma fa recapitare un laconico messaggio verbale: “Vorremmo dire ai nostri amici tedeschi che ci sono ragioni per dubitare della sincerità della Cina.” Racconta Krenz che i tempi e i modi, nonché la sostanza di quella risposta gettano Honecker in uno stato di profonda delusione e amarezza.
Honecker aveva forse compreso che solo dialogando con i comunisti cinesi, in prepotente espansione economica grazie alle riforme introdotte da Deng Xiaoping, ci sarebbe stata una buona occasione per tentare di riformare il socialismo di matrice sovietica, il quale mostrava pesanti cedevolezze rispetto alla capacità produttiva e alle necessarie risposte di benessere attese dai cittadini di tutto il blocco sovietico.
Honecker certo non poteva immaginare che quattro anni dopo a cuor leggero Gorbačëv, il quale nel frattempo invece di rilanciare l’economica sovietica si era perso a blaterare di democrazia, avrebbe scaricato tutti i paesi dell’Europa Centrale nel tentativo del tutto fallimentare di tentare il salvataggio dell’Unione Sovietica, oramai caracollata a livelli di disorganizzazione e immiserimento senza precedenti, fomentati dall’inettitudine di Gorbačëv stesso e dei suoi collaboratori.
Non sarà un caso che dopo aver incontrato Gorbačëv a Pechino nel maggio del 1989 Deng Xiaoping abbia sentenziato che il capo di stato sovietico era un idiota.