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La maggioranza delle nazioni chiede la pace, i giovani svizzeri vogliono la neutralità

Al deflagrare un anno fa del conflitto russo-ucraino, il presidente cinese Xi Jinping, interrogato sugli avvenimenti ha risposto: “Jie líng hái xu xì líng rén”, ovvero: “spetta a chi ha legato il sonaglio al collo della tigre il compito di toglierlo”, celebre citazione tratta dall’antico poeta Huì Hóng della dinastia Song, ovvero sono gli Stati Uniti e la NATO i responsabili della guerra e loro devono adoperarsi per assecondare e comprendere le richieste russe relative alla sicurezza russa e mondiale, ovvero togliere il sonaglio che loro stessi hanno posto al collo della tigre russa.

Purtroppo l’intenzione di togliere il sonaglio non è ancora giunta, sebbene la Russia da metà dicembre 2022 a fine gennaio 2023 abbia temporeggiato per un mese e mezzo con l’esplicita richiesta di arrivare a un cessate il fuoco che confermando lo statu quo potesse in ogni caso portare alla pace. Washington ha rifiutato la proposta e l’Unione Europea si è associata, con l’evidente intento di continuare una guerra, mediatica, economica, finanziaria e militare che ha tutto l’intento, nella volontà della NATO e dei suoi alleati, di salvare il modello occidentale di sfruttamento delle materie prime energetiche e alimentari praticato a danno di tutte le nazioni di Africa, Asia e America Latina, imponendo contestualmente il dollaro come moneta di scambio, quando oramai è risaputo che senza cannoni non potrebbe in nessun modo continuare ad assolvere a questo ruolo.

Il conflitto russo-ucraino, oltre alle notorie ragioni di tutela della sicurezza russa minacciata dall’espansionismo della NATO e dalla violazione dei diritti umani contro i civili nel Donbass, risiedono principalmente nella volontà dell’imperialismo statunitense di vincolare a sé il mercato europeo e di muovere battaglia per contrastare il crescente mondo multipolare e di pace promosso da Cina, Russia, Iran e loro alleati, ovvero un mondo in cui tutte le nazioni e tutti i popoli possano concorrere a decidere i destini dell’intera umanità, applicando regole e pagamenti equi negli scambi internazionali rispetto ai prezzi di furto praticati dall’Occidente.

L’inconcludente Conferenza sulla sicurezza di Monaco, città certo non fortunata in fatto di conferenze di pace, è il segno evidente di un precipizio in cui senza remore i politici occidentali vogliono gettare tutto il mondo e milioni di europee ed europei per primi. La volonterosa iniziativa di pace del ministro degli esteri cinese Wang Yi in viaggio tra le cancellerie occidentali con ogni probabilità si schianterà contro la violenta volontà di guerra dei paesi NATO. Giuste, ancorché inascoltate le sue parole: “Quelli che non smettono di fornire armi al campo di battaglia sono gli Stati Uniti, non la Cina. Gli Stati Uniti non sono qualificati per dare ordini e non accetteremo mai che dettino o impongano come dovrebbero essere le relazioni sino-russe, la cooperazione tra Cina e Russia si basa sulla scelta sovrana dei due Paesi.”

Tempi difficili si palesano dunque all’orizzonte, il solo motivo di speranza risiede nel fatto che l’Occidente non rappresenta più né la maggioranza delle nazioni, né quella della popolazione mondiale e neppure quella della ricchezza prodotta. I mezzi di informazione ripetono come una ossessiva giaculatoria secondo cui “il mondo” è con l’Ucraina. È vero piuttosto il contrario, ad esclusione dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e del Canada, della Sudcorea e del Giappone, dell’Australia e della Nuova Zelanda, tutto le restanti nazioni della terra, ovvero i tre quarti, è totalmente contrario all’atteggiamento violentemente bellicistico condotto dall’Occidente.

È quindi un piccolo seme, una speranza, quella che la forza e la ragione dei più, che ambiscono alla pace e alla cooperazione internazionale, possa prevalere sul tentativo statunitense di impedire l’affermazione di un nuovo ordine internazionale che ponga il XXI secolo come spartiacque, chiudendo un triste precedente, quello dell’imperialismo atlantico e aprendo un’epoca di relazioni internazionali fondate su maggiore equità, rispetto e collaborazione.

In questo senso si inserisce la campagna in Svizzera del Partito Comunista a difesa della neutralità: attaccati in questo non solo dai trotzkisti, che hanno manifestato a Bellinzona lo scorso 1° maggio 2022 con cartelli inneggianti al Battaglione Azov mettendo in imbarazzo i sindacati; non solo dalla socialdemocrazia, che, in contraddizione peraltro al suo stesso programma politico, vorrebbe ora esportare materiale bellico agli ucraini, ma ora persino da chi fino a ieri era un alleato: sull’ultimo numero dei “Quaderni del Forum Alternativo”, legati al quotidiano italiano “Il Manifesto”, sono usciti infatti due articoli in cui oltre a criticarci, si banalizzava la neutralità svizzera, per timore di sostenere il sovranismo e il nazionalismo. La sinistra svizzera, confusa di fronte alla nuova fase storica, tenta insomma di isolare i comunisti, ma otterrà solo un risultato: quello di spingere ancora più lavoratori verso destra. Nel frattempo, nonostante miei colleghi, professori di storia, che accusano di “putinismo” gli studenti critici verso la narrazione dominante e nonostante la martellante russofobia anche a scuola, nelle caserme a cui i giovani in età di leva si devono presentare e sui mass media, l’ultimo sondaggio di due giorni fa afferma che “il 35% delle persone tra i 18 e i 35 anni ritiene che si stia violando il principio di neutralità. Percentuale che scende al 22% negli over 55”.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.