Valle Cascia è un borgo operaio, frazione di Montecassiano, non lontano da Macerata, segnato da una fornace i cui mattoni hanno edificato nelle domeniche dell’Italia degli anni ’60, grazie al lavoro volontario di donne e uomini, la chiesa locale. Qui per il quarto anno, a fine agosto e non lontano dai cipressi che ricordano alcuni caduti per la Resistenza contro il nazifascismo, si è svolto un festival di poesia, teatro, arte, musica, ideatori sono Valentina Compagnucci, Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi, giovanissimi, preparati e già affermati per svariate realizzazioni nel campo del cinema, del teatro, della poesia.
La rassegna “I Fumi della Fornace” si articola per tre giorni, regalando emozioni, approfondimenti, pensieri, momenti espositivi, dibattiti, presentazioni di libri, mostre, performance, riti collettivi, concerti e recitazione di brani e di poesie, alternandosi con intelligenza e larga partecipazione, anche degli abitanti del borgo, dal tardo pomeriggio sino a notte inoltrata, cercando di indagare le ragioni dell’arte e della bellezza, ma anche l’incontro tra lo spazio dell’individuo e l’agire e vivere collettivamente.
I curatori non propongono e non offrono certezze, ma scandagliano il tempo dentro il suo soccorrere, senza escludere l’approfondimento del passato, si pensi quest’anno al bel lavoro sulla scomparsa dell’agricoltura e sull’impoverimento che ne è conseguito per il territorio, riassunto nella mostra “Il fiume non canta più” curato da Gianmaria Pennesi, così come quello del futuro, a cui cercano di fornire per la navigazione in mari incerti una scialuppa fatta di saperi e del loro incontro dentro le pieghe di una realtà in cui i vuoti esteriori e interiori, come quelli sociali, le contraddizioni, le assenze e le presenze concorrono a regalarci una geografia frastagliata della quotidianità.
Valentina Lauducci ha curato la mostra interattiva “La scena del possibile – teatro, symbolon, corrispondenze” dedicata a Rubina Giorgi, professoressa capace di interrogare la filosofia rispetto alla dimensione iniziatica, ovvero declinabile nei mille rivoli del poetare e dello sperimentare, verso un mistico incontro tra ragione e amore.
Giorgiomaria Cornelio è autore dei testi e curatore insieme a Lucamatteo Rossi del rito teatrale collettivo “La specie storta”, in assoluto il momento più emozionante, che ogni sera si dipana al tramonto presso la collina degli arcieri adiacente al parco della poesia, sede principale del festival. “La specie storta” si iscrive nella loro variegata produzione, iniziata con il film “Ogni roveto un dio che arde”, presentato nel 2016 alla 52° edizione del Festival del Cinema di Pesaro e quindi a Locarno presso l’ISPEC, raccogliendo il premio speciale dell’Istituto svizzero nello stesso anno. Ancora una volta corpi e parole inseguono il senso della vita, interrogandosi sul cammino umano, senza disdegnare la relazione con l’universo, in una ricerca del sacro che è dimensione personale e collettiva dei singoli e dei popoli, con sempre fortissimi richiami paradžanoviani alla forza dei simboli e dei colori in una ricerca della bellezza che è geometria dei movimenti e profumo della terra.