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La sinistra russa rompe con l’Europa e riconosce il pericolo fascista in Ucraina

Alcuni mesi fa la nostra redazione aveva presentato le posizioni dei partiti comunisti di alcuni paesi del mondo sul conflitto in Ucraina (leggi qui). Ma come legge la sinistra russa il conflitto in Ucraina? La risposta è molto semplice: praticamente all’opposto di come la vede gran parte dei compagni occidentali. Escludiamo da questa nostra indagine, ovviamente, sia il partito centrista e conservatore che regge il sistema di potere putiniano, cioè «Russia Unita»; sia il Partito Liberal-Democratico Russo, la storica formazione ultra-nazionalista di destra fondata da Vladimir Zhirinosky (defunto pochi mesi fa). Abbiamo voluto ricercare solo le dichiarazioni della sinistra russa, nella sua pluralità, perché denota in buon parte un divario che si è sviluppato fra chi si considera di sinistra in Europa (di solito persone benestanti che aderiscono a sistemi valoriali liberal-democratici e che provano ammirazione per il globalismo) e chi si considera di sinistra nel resto del mondo (di solito contadini e lavoratori che si riconoscono nell’antifascismo e difendono valori patriottici e socialisti).

La sinistra occidentale complice dell’imperialismo?

Solo degli arroganti possono pensare che la “vera” sinistra sia unicamente quella europea: essa è in realtà del tutto minoritaria e isolata nel movimento operaio internazionale. Una divisione che è stata indagata anche da Domenico Losurdo nel suo libro “Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere” (Laterza, 2017). Possiamo dire che tale divisione sia almeno in parte influenzata dal trotzkismo che in Europa occidentale ha saputo controllare una parte degli accademici di sinistra e del sindacalismo e, così facendo, ha potuto giocare un ruolo non solo divisivo ma anche egemonico molto importante, indebolendo la concezione anti-imperialista nella cultura di sinistra occidentale ai danni dei movimenti di liberazione nazionale e rafforzando l’idea che il sistema atlantico, pur con tutte le sue contraddizioni sociali, è intrinsecamente più democratico, cioè migliore di altri. Senza emanciparsi da questo punto di vista l’idea stessa di una transizione al socialismo come sistema reale di potere economico e politico risulta del tutto impossibile.

I socialdemocratici russi non la pensano come il PSS

Mentre i giovani rampanti che lo presiedono stanno spingendo il Partito Socialista Svizzero (PSS) su posizioni smaccatamente atlantiste, il corrispettivo russo dalla socialdemocrazia, ossia il partito di «Russia Giusta» che conta 27 deputati alla Duma, ha votato a favore dell’inizio della “operazione militare speciale” e sostiene apertamente l’esercito russo nella sua lotta per “denazificare” il regime ucraino. Sergej Mironov, leader del Partito, condanna “la natura antipopolare del regime filo-occidentale di Zelensky” e spiega che “l’esercito russo sta svolgendo un compito ovvio in Ucraina: salvare il popolo del paese fraterno dal fascismo che è germogliato in abbondanza negli ultimi tempi”. Sul proprio sito il partito di centro-sinistra afferma senza mezzi termini: “sosteniamo l’esercito russo e la polizia delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk” e propone un paragone diretto con la mobilitazione sovietica contro Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale.

Sergej Mironov, leader dei socialdemocratici di Russia Giusta, sostiene l’intervento russo in Ucraina.

“Rodina” si schiera con Putin

Più scontata la richiesta di mostrare i muscoli contro l’Ucraina che da tempo la sinistra nazionalista del Partito Patriottico (Rodina) inviava a Vladimir Putin. Il piccolo partito, che conta un solo deputato alla Duma, fin dal colpo di stato del 2014 insisteva per una soluzione di forza contro i golpisti ucraini che stavano attuando una politica genocida nei confronti dei russi etnici nel Donbass. Gennady Selbin, membro della leadership di Rodina, proprio all’inizio della guerra spiegava come la Russia stesse conducendo “un’operazione militare speciale in Ucraina per liberare il popolo dall’oppressione e consentirgli di determinare il proprio futuro. Questa è più di un’operazione di mantenimento della pace, questa è una lotta sacra contro il male assoluto del regime nazista e terrorista di Kiev i cui crimini hanno gettato l’Ucraina nella tragedia”. Poi l’affondo contro gli Stati Uniti e l’Occidente, per i quali “l’Ucraina è diventata il principale trampolino di lancio per attaccare la Russia”. Dal canto suo Alexei Zhuravlev, presidente del Partito, ha dichiarato che “le cose sono arrivate al punto che la Russia è costretta a salvare il popolo russo che vive nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, e in tutta l’Ucraina, dai banderisti” e sul futuro del regime di Kiev (impegnato in una serie di purghe ai suoi vertici) ha pubblicamente ironizzato: “Forse è tempo che Zelensky dica onestamente: «il mio popolo è troppo filo-russo, datemene un altro!»”.

Il PCFR è l’autore della mozione per riconoscere il Donbass

Il Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) – che alle ultime elezioni ha raggiunto quasi il 20% dei consensi eleggendo 57 deputati alla Duma di Stato – si è espresso per bocca del suo segretario generale Gennady Zyuganov, che considera imperativo “costringere alla pace i provocatori kieviani e contenere l’aggressività della NATO. Solo la demilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina garantirà una solida protezione ai popoli della Russia, dell’Ucraina, e di tutta l’Europa”. Il PCFR ha lungamente contestato il governo di Mosca per non essersi mosso con anticipo per impedire al regime golpista insediatosi a Kiev nel 2014 di imporre le leggi razziali contro i cittadini ucraini di origine russa. È stato sempre il suo gruppo parlamentare a proporre con una mozione di riconoscere le due repubbliche popolari.

Il segretario del PCFR Gennady Zyuganov, promotore del riconoscimento delle repubbliche del Donbass.

Il leader del KOMROS si arruola per rovesciare i nazisti ucraini

Noto per le sue critiche a Putin ma anche per essersi scisso dal PCFR, considerato troppo riformista e moderato, il partito dei «Comunisti di Russia» (KOMROS), che col suo 2% elettorale è il secondo partito della sinistra rivoluzionaria più grande del Paese, ha convocato di recente un Congresso straordinario in cui ha dichiarato: “condanniamo le azioni disumane della giunta di Kiev, che da 8 anni uccide la popolazione civile e chiediamo che l’attuale leadership dell’Ucraina sia portata davanti a un tribunale internazionale per crimini contro l’umanità”. I delegati del KOMROS hanno accolto “calorosamente il riconoscimento dell’indipendenza del DNR e dell’LNR” e si sono schierati “per il proseguimento ad oltranza dell’operazione speciale di denazificazione e smilitarizzazione dell’Ucraina”. Il partito guidato da Maxim Suryakin, il quale si è pure arruolato come volontario nell’esercito russo per andare a combattere contro i fascisti ucraini, ha pure denunciato pubblicamente non solo “la presenza di laboratori biologici statunitensi sul territorio dell’Ucraina” chiedendone “l’immediata liquidazione”, ma ha pure condannato “tutte le azioni del regime di Zelensky dirette contro il suo stesso popolo”, le quali “richiedono un’indagine approfondita e una severa punizione”.

Il PCOR: “la Russia, anche se borghese, aiuta la resistenza del Donbass”

Noto per la sua linea intransigente, accusato di “dogmatismo” dai suoi detrattori, considera sia la Russia sia la Cina come paesi “capitalisti” e “imperialisti”. Stiamo parlando del Partito Comunista Operaio Russo (PCOR) che, forte dei suoi 50mila militanti, sulla questione ucraina ha smussato le sue posizioni: certo – scrivono i vertici del PCOR in una lettera aperta ai critici della sinistra europea – “la borghesia russa non sradicherà le radici capitaliste che danno origini al fascismo”, ma cosa si sarebbe dovuto fare? Secondo loro “non si poteva attendere oltre”: la Russia, per quanto borghese, doveva aiutare la resistenza del Donbass perché “la guerra dei lavoratori e dei comunisti del Donbass è solo di natura antifascista!” E sulle repubbliche popolari di Donetzk e Lugansk? La loro nascita e la necessità del loro riconoscimentoè generata dalla riluttanza del popolo a sottomettersi ai dettami dei fascisti e dalla riluttanza a ripetere le sorti del rogo della Casa dei Sindacati di Odessa”. Era impossibile tuttavia per le repubbliche del Donbass sopravvivere “senza l’aiuto della Russia borghese” – spiega il PCOR – “soprattutto perché si oppongono alle forze combinate del capitale imperialista mondiale”. In effetti “i nazisti devono essere battuti con qualsiasi arma, sempre, usando tutti gli alleati e compagni di viaggio possibili”, anche se di destra. Il PCOR – a differenza del PCFR e di molti altri Partiti Comunisti del mondo – considerando come detto la Russia un’economia così avanzata da essere imperialista, asserisce che la fonte del conflitto è comunque rappresentata “dalle contraddizioni inter-imperialiste tra Stati Uniti, Unione Europea e Russia”, dove cioè gli americani intendono indebolire il concorrente russo ed espandere la loro influenza nello spazio di mercato europeo. In conclusione: sì – dichiara il PCOR – Putin vuole “rafforzare la posizione della Russia imperialista nella competizione del mercato mondiale”, tuttavia “poiché questa lotta oggi aiuta in qualche misura il popolo del Donbass a respingere il fascismo” non ci si oppone all’intervento militare.

Gli eredi di Nina Andreeva: il governo russo ha atteso troppo!

Con i suoi 22mila membri, il Partito Comunista dei Bolscevichi (VKPB) – guidato per lunghi anni da Nina Andreeva (scomparsa nel 2021) – basato a San Pietroburgo e considerato fra i partiti più nostalgici ma anche anti-putiniani dal paese, ha diramato una nota in cui accusa la leadership del Cremlino di provenire da “decenni di flirt con i circoli imperialisti dei paesi occidentali”, ma  riconosce pure che oggi “i principali ostacoli all’instaurazione di un completo ordine mondiale americano sono la Russia e la Cina. L’aggressivo blocco della NATO ha circondato la Russia con basi militari su tutti i lati, la politica di spostare la NATO a est continua, nonostante gli impegni presi nel 1991”. Insomma: la situazione “ha raggiunto il suo limite”, spiega il VKPB. Esso coglie anche l’occasione per ricordare di aver sempre “sostenuto il riconoscimento della DPR e della LPR come Stati indipendenti e sovrani”. Il motivo è chiaro: “senza una soluzione politica alla crisi in Ucraina, che comporti la rimozione dal potere del governo filofascista a Kiev, non può essere stabilita una pace sostenibile a lungo termine in questa regione”. E ancora: “nonostante la lotta contro il fascismo sia estremamente difficile a causa del regime terroristico anticomunista introdotto in tutto il suo territorio [ucraino], non c’è altra via d’uscita che combattere”.

Il partito che fu di Nina Andreeva riconosce il ruolo di Russia e Cina nell’arginare il predominio degli USA.

Mai con Putin ma nemmeno con “il regime neonazista di Kiev”!

Il Partito Comunista Unificato di Russia (OKP) è un minuscolo partito che, con i suoi circa mille membri, risulta inserito soprattutto nei movimenti sociali e giovanili dei poli urbani della Federazione. Essi dichiarano di rifiutare «gli appelli pseudo-patriottici a ‘radunarsi attorno a Putin’» eppure subito specificano di rifiutare pure «il disfattismo pseudo-pacifista, che essenzialmente sta giocando con il regime neonazista di Kiev». Se analizziamo meglio la linea del OKP scopriamo che questi comunisti sui generis, che potremmo etichettare come “movimentisti”, sostengono a loro volta il riconoscimento delle due repubbliche popolari del Donbass: ciò che contestano a Putin è di essere stato alla mercé degli oligarchi e averle lasciate a loro stesse per otto anni, permettendo al regime golpista di Kiev di rafforzarsi.

Il ruolo dei trotzkisti nel fomentare la russofobia

Abbiamo cercato posizioni dissenzienti e le abbiamo trovate nel Fronte di Sinistra, un movimento con simpatie trotzkiste ma che preferisce definirsi legato al pensiero di Rosa Luxemburg. Fin dal 2014 esso perora il cosiddetto “né-né-ismo”, rifiutando sia il regime di Kiev sia quello di Mosca. Ferocemente contro l’operazione militare in Ucraina è anche un’altra minuscola organizzazione di tradizione trotzkista, il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori, di fatto irrilevante sul piano sia numerico sia della penetrazione sociale. L’età media dei delegati al loro ultimo Congresso non superava i 23 anni. Il partitino gode di consenso esclusivamente fra circoli giovanili ribellisti di estrazione piccolo borghese dei grandi centri urbani russi. Si sa che i trotzkisti, al di là dell’affetto che hanno per il paese d’origine del loro eroe eponimo Lev Trotzky, appunto l’Ucraina, sono sempre stati in prima fila nei momenti di cesura, quando cioè l’imperialismo atlantico lo necessitava, per fomentare a sinistra la diffidenza verso l’URSS prima e verso la Russia oggi. Nel 1991 Ernest Mandel – leader della cosiddetta Quarta Internazionale (l’associazione mantello dei vari gruppi trotzkisti) – arrivò persino (nel nome della “lotta allo stalinismo” che non c’era peraltro più) a lodare il neo-liberista Boris Eltsin come espressione della lotta popolare per un vero socialismo dal volto umano. Mai abbaglio fu più grande: Eltsin privatizzò tutte le proprietà pubbliche sovietiche regalandole al capitalismo americano, e quando i deputati si opposero al suo potere nel 1993, fece bombardare il parlamento di Mosca, dimostrando ben poco senso democratico. Se ieri per i trotzkisti Eltsin era il “buono” perché distruggeva la Russia dall’interno, oggi Putin è il “cattivo” (o per usare una loro etichetta: un “fascista”!) perché ne difende la sovranità.