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Konstanz, la città del Concilio del 1414

Sferzate da un gelido maggio, mentre la neve attanaglia la Svizzera interna, le acque del Reno che si gettano nel lago di Costanza si fanno scure come il cielo e increspate con rabbiosa veemenza, forse anche loro alla ricerca di un’assente primavera. La temperatura accarezza i due gradi, incurante del fatto che il gigante di Treviri – Karl Marx – sia nato oggi, un 5 maggio di duecentoun anni fa. Le acque scuotono con violenza le poche imbarcazioni che ripetono stancamente il servizio di traghettamento verso la Germania. Konstanz, Costanza in italiano, città antichissima, romana e medievale, si trova infatti in continuità con la Confederazione Elvetica, tanto che case e giardini della contigua e rossocrociata Kreuzlingen sono attraversate dal confine. Le bombe anglo-americane nella Seconda Guerra Mondiale hanno risparmiato il cuore di questa città che nel 1183 ha visto Federico Barbarossa capitolare di fronte alla città di Milano e a tutti i comuni del nord d’Italia a lei associati nella Lega Lombarda, da Bologna a Padova, concedendo con la pace qui sottoscritta diritti amministrativi ed economici, ma anche politici e giudiziari, saranno gli albori dell’età comunale. Una rivincita per Milano, umiliata e distrutta nel 1162 e che aveva visto alcuni suoi architetti e carpentieri spediti nella lontana Vladimir nel regno di Moscovia per edificare la porta di quella città, ancora esistente, e altri palazzi superati dal tempo e dalla storia. A Konstanz tetti spioventi e facciate vivacemente dipinte con tanto di dediche e iscrizioni antiche di molti secoli adornano il centro storico. In riva al lago si trova il poderoso palazzo che ha ospitato il Concilio del 1414, con tutta la sua maestosità. C’erano allora tre papi regnanti, Gregorio XII a Rimini, Benedetto XIII a Peñíscola e Giovanni XXIII a Pisa. È l’imperatore e marchese del Brandeburgo Sigismondo di Lussemburgo, che giunto a cinquant’anni si era da poco nuovamente sposato con la bella slovena sedicenne Barbara di Celje, a convincere l’universo cattolico a riunirsi sotto il suo alto patrocinio in città. Così che un borgo di seimila cittadini ha visto accamparsi per quattro anni dotti, studiosi, cardinali, blasonati, consacrati in numero di oltre ventimila persone, con tanto di servitori e cuochi al seguito, a cui si sono aggiunte diecimila prostitute, tanto da suscitare l’ironia balzachiana con la “Bella Imperia”, cortigiana conturbante capace di soggiogare con la forza delle sue carni gli augusti religiosi e i pii e devoti nobili, tanto che oggi una sua statua orna il porto cittadino, procace, mentre stringe in pugno in una mano il papa e nell’altra l’imperatore, ovviamente ignudi. Benedetto al concilio non si presenta e Giovanni, viste le intenzioni del sovrano di costringerlo alle dimissioni si dà alla fuga, finendo a Firenze dove muore e viene sepolto con tutti gli onori nel battistero cittadino. Viene poi considerato legittimo pontefice fino al 1947, per poi essere tardivamente rimosso, solo dodici anni prima che Angelo Roncalli, scegliendo il suo nome, diventasse anch’egli il XXIII e non il XXIV. Vista la riottosità dei tre pavoni con la tiara, così vengono ancor oggi raffigurati i tre papi di quel tempo, il barbuto sovrano lussemburghese impone il decreto “Haec sancta”, con il quale stabilisce che i concili prevalgono sui pontefici: “Questo santo sinodo di Costanza, legittimamente riunito nello Spirito santo, essendo concilio generale ed espressione della Chiesa cattolica militante, riceve il proprio potere direttamente dal Cristo e chiunque di qualunque condizione e dignità, compresa quella papale, è tenuto ad obbedirgli in ciò che riguarda la fede.” Gregorio XII, il veneziano Correr, ospite dei Malatesta, spedisce un rampollo della signoria in riva al lago con la richiesta di un allegro teatrino, se sarà riconosciuto come papa, è disposto ad abdicare, passando alla storia. L’imperatore acconsente, così Gregorio ritorna cardinale, evita scomuniche e si ritira ad Ancona, per morire poi a Recanati, tumulato nel locale duomo, ultimo papa sepolto fuori da Roma. I padri conciliari, dopo aver trovato il tempo per condannare al rogo e bruciare quel sant’uomo del riformatore Jan Hus, eleggono nel solo conclave svolto a settentrione delle Alpi Oddone della famiglia romana dei Colonna come pontefice. L’elezione avviene l’11 novembre 1417 e così diventa Martino V in omaggio al generoso santo venerato in quel giorno, iniziando un lungo viaggio verso casa. Martino è al contempo l’ultimo papa a portare quel nome e il primo la cui elezione sia annunciata dal balcone di un palazzo, in quell’occasione quello conciliare, in seguito quello prima del Laterano e poi di San Pietro, con l’espressione “habemus papam”. Per sei anni tuttavia dovrà convivere con papa Luna, ovvero Benedetto XIII, lo spagnolo Pedro Martínez de Luna y Pérez de Gotor, con tanto di mezzaluna bianca in campo rosso nel suo simbolo araldico, arrivato a Peñíscola nel 1411 a ottantatre anni e qui rinserratosi fino ai suoi novantacinque, mentre il mondo sceglie altre strade per la cristianità. È lui a promuovere la fondazione della prima università scozzese e a rilanciare quella di Salamanca. Ama i libri e la cultura e sarà la sua fortuna, quando infatti la nobiltà, anche spagnola, lo abbandona, papa Luna, vendendo i libri della sua biblioteca, manterrà la piccola corte pontificia abbarbicata a Peñíscola. La scrittrice comunista tedesca Anna Seghers visitando quei luoghi nel corso del secondo congresso mondiale della cultura contro il nazifascismo, svoltosi nel pieno della guerra civile spagnola nel 1937, guardando la vastità del mare dalle camere papali orientate verso l’alba si convince che papa Luna amasse il sole. Quello che in un giorno di maggio non si incontra per le strade di Konstanz.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.