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Turkmenistan, una nazione capace di futuro

Casa, scuola, salute e lavoro sono garantiti ai sei milioni di turkmeni, fieramente indipendenti e neutrali per volontà del primo presidente Saparmyrat Nyazov, già dirigente comunista. indomiti, fin da quando lo zar di tutte le Russie e i sultani di Buchara e di Persia per secoli non sono riusciti a piegare questo popolo allora nomade, capace di fondere origini turche e mongole e vivere per secoli libero tra il mar Caspio e le alture che stringono l’Afganistan oltre la valle del fiume Murghab, anzi smerciando loro turkmeni come schiavi gli aggressori. L’avvento del potere sovietico e i progetti di sfruttamento del territorio per allevamento, pastorizia e piantagioni di cotone li ha trasformati in sedentari. Musulmani, ma poco praticanti, sono mossi da un sentimento religioso profondo, ma non integralista, grazie ai tanti anni di cultura marxista. I ragazzi del tempo sovietico ricordando che raccogliere il cotone impegnando uno dei due mesi di vacanza garantiva milletrecento rubli con cui potevano poi permettersi un mese a Mosca e nelle antiche città di Velikij Rostov, Vladimir e Suzdal, che costava solo trecento rubli, comprensivo di viaggio, vitto e alloggio, l’Unione Sovietica garantiva inoltre una moneta unica dal Baltico al Pacifico e la libertà di movimento e di turismo senza bisogno di passaporto. Una ulteriore smentita di tanti stereotipi occidentali. L’economia vede protagonista lo stato quanto i privati, ma questi quasi sempre sotto il controllo pubblico, tanto che il quadro politico pluripartitico, rimanda a quella concordanza di orientamenti tipica dei paesi socialisti. A marzo 2018 si sono svolte le ultime elezioni parlamentari che hanno visto prevalere il Partito Democratico erede di quello comunista con 55 seggi, seguito dal Partito degli industriali e degli imprenditori con 11 seggi al pari del Partito Agrario, 48 gli indipendenti.

Aşğabat, sorta non lontano da Nisa, l’antica capitale dei Parti e oggi patrimonio dell’UNESCO, è una città meravigliosa e sterminata abitata da solo un milione di abitanti per un territorio estesissimo, con un palazzo dei matrimoni che si staglia splendido su una collina, una ruota del luna park di abbagliante eleganza, con strade e palazzi bianchi e distesi per chilometri, con piazze e rotonde tutte ornate da monumenti, necessariamente maestoso quello dedicato ai centoquarantamila turkmeni caduti per la Liberazione d’Europa dal nazifascismo, un sacrificio che onorano ogni 9 maggio, come avviene da Berlino a Vladivostok, in ricordo della Grande Guerra Patriottica, con ministeri che richiamano esteriormente nell’architettura i loro compiti, quello dell’educazione a forma di libro, quello degli esteri sovrastato da un enorme globo in cui spicca un Turkmenistan dorato e ancora parchi, fontane, teatri, palazzi per congressi, complessi sportivi, migliaia di abitazioni per i cittadini, statue, come quella del grande poeta sufi Magtymguly Pyragy, padre della patria, vissuto lungo tutto il XVIII secolo e contemporaneo di Sayat Nova, nato come Harutyun Sayatyan, geniale poeta attivo sull’altra sponda del Caspio nelle terre caucasiche, scrittore senza distinzione di lingua, componendo in azero, persiano, georgiano e armeno. Magtymguly Pyragy nasce il 18 maggio e oggi in quella data si celebra la festa nazionale e il Giorno della Rinascita. Lui ha scritto “Tra Jekun (il fiume Oxus) e Kazar (il Caspio) il vento turkmeno soffia sul deserto”. L’Oxus è oggi Amu Darya e segna per un lungo tratto il confine con l’Uzbekistan. Il deserto, per molti tratti stepposo, è il Karakum, letteralmente “delle sabbie nere”, in turkmeno Garagum, capace di occupare quasi i tre quarti della superficie del paese. Qui si possono incontrare villaggi in cui per tradizione sovietica sono garantiti tutti i servizi, come Erbent, con i suoi 450 abitanti dediti principalmente all’allevamento di agnelli e dromedari. Nel centro del villaggio spicca un monumento agli eroi sovietici che nel 1931 hanno stroncato gli ultimi terroristi che avversavano l’affermazione del potere emancipatore dei Soviet. Nel deserto presso Darzava crateri di gas si incendiano o inducono a ribollire le acque con contengono, un’attrazione per i turisti, ma soprattutto una grande risorsa naturale. Il Turkmenistan infatti è quarto al mondo per riserve di gas e undicesimo esportatore, ma proprio nel 2017 il molto amato presidente Gurbanguly Berdimuhamedov ha posto sotto una tenda presso la città di Marvy i suoi colleghi di India, Pakistan e Afganistan, sottoscrivendo l’accordo per un gasdotto che garantirà i due terzi del fabbisogno energetico indiano, ovvero una quantità enorme per una popolazione di un miliardo e trecentomilioni di abitanti.

Il Turkmenistan è quindi uno straordinario paese incamminato nella costruzione del futuro, come dimostrano le sue relazioni con Cina, che incrementa ogni anno le importazioni di gas turkmeno, Russia e Iran, scegliendo la multipolarità come possibilità per un mondo di pace.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.