//

L’Accademia cinese delle scienze sociali vuole ascoltare i comunisti svizzeri e italiani. Giacché: “Rompere con l’europeismo!”

Per la prima volta da sempre, su iniziativa dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali (CASS), comunisti svizzeri, cinesi e italiani si sono riuniti nei giorni scorsi in teleconferenza per partecipare a un seminario teorico a porte chiuse in cui in sostanza si è discusso su come procedere alla “innovazione marxista” nei rispettivi paesi. A suggellare di fatto l’importanza dell’evento per le autorità di Pechino sono intervenuti con un saluto iniziale sia l’ambasciatore cinese a Berna Wang Shiting sia il vice-ambasciatore cinese a Roma Zheng Xuan. Connessi via Zoom vi erano 102 persone, perlopiù studiosi cinesi che hanno ascoltato con molto interesse i contributi degli ospiti occidentali.

I comunisti svizzeri vanno ascoltati

Il seminario godeva della presenza dei massimi esponenti della CASS e del suo speciale Istituto di Marxismo: oltre ai vari professori ordinari che si sono susseguiti al microfono affrontando ciascuno un tema particolare, va segnalato che la relazione politica introduttiva è stata tenuta direttamente da Zhen Zhanmin, vicepresidente della potente Accademia legata al Partito Comunista Cinese, che ha insistito sulla necessità di costruire una piattaforma di scambio costante fra comunisti cinesi, svizzeri e italiani. Poco importante se, ad esempio, la presenza comunista svizzera è numericamente ridotta, la qualità del contributo politico e la preparazione dei suoi esponenti viene evidentemente riconosciuta anche in Cina. Dalla Svizzera era invitato esclusivamente il Partito Comunista guidato da Massimiliano Ay, mentre la parte italiana era rappresentata dai tre maggiori partiti di ispirazione marxista della penisola: il Partito Comunista diretto da Marco Rizzo, il Partito della Rifondazione Comunista coordinato da Maurizio Acerbo e il Partito Comunista Italiano guidato da Mauro Alboresi. Ad accompagnare i politici vi erano i ricercatori dell’Associazione politico-culturale Marx21.

All’evento organizzato dalla CASS hanno partecipato svariati rappresentanti svizzeri ed italiani.

Il pensiero di Xi Jinping come sviluppo del socialismo

Chen Zhigang, professore ordinario della CASS ha spiegato il pensiero del presidente Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinese per la nuova èra in particolare sottolineando come prosperità comune non possa ancora significare egualitarismo. Dal canto suo un’altra docente esperta nel marxismo, Yang Jing, ha insistito sull’importanza di impostare dei “semafori” per regolare lo sviluppo del capitale che altrimenti può “fare danni” all’interno di una moderna società socialista. La professoressa ha citato chiaramente il caso della multinazionale Ali Baba e ha condannato coloro che hanno tratto benefici e abusato della relativa libertà economica concessa dal Partito, non per far progredire la nazione ma solo per guadagnare a scapito degli altri. Vi sono stati anche momenti di informazione puntuale sull’attualità cinese: la questione della lotta alla povertà soprattutto nelle aree rurali della Cina è stata ad esempio affrontata dalla professoressa Peng Haihong con esempi concreti tratti da alcuni villaggi virtuosi, mentre altri due docenti si sono soffermati sulla politica delle nazionalità e sulla lotta contro la corruzione interna al Partito Comunista Cinese (PCC). La professoressa Zhang Xiaoping, distanziandosi dal separatismo etnico, ha sottolineato come le etnie si siano integrate formando un’unica nazione cinese; mentre un altro insegnante, Tian Kun, ha presentato le misure per migliore il costume dei militanti comunisti in Cina e l’importanza di contrastare anche la micro-corruzione per non compromettere la fiducia delle masse.

Parlare anche a chi ieri votava a destra: oggi siamo in un’epoca nuova

Dopo aver ripercorso le esperienze dei comunisti svizzeri che sotto la sua direzione hanno rinnovato la loro strategia e aver ribadito l’importanza di coltivare la “sovrastruttura ideologica nella costruzione della società socialista e del suo Partito d’avanguardia”, il deputato ticinese Massimiliano Ay ha insistito sulla necessità di contrastare il folklorismo e la concezione gruppuscolare che esiste fra molti comunisti occidentali e ha spiegato che, senza abbandonare la propria identità e l’approccio rivoluzionario, “il Partito deve saper trovare una adeguata linea di massa adatta al proprio popolo, al proprio paese, al proprio tempo e ai propri usi e costumi perché l’obiettivo è costruire una egemonia culturale, ovviamente non su chi già la pensa come noi, ma sul resto del popolo che ancora non è comunista, ma che coglie le reali contraddizioni del nostro tempo”.

Massimiliano Ay ha illustrato la strategia delle alleanze perseguita dal PC svizzero.

Il segretario svizzero ha aggiunto: “oggi chi capisce che il problema è la NATO è un alleato; oggi chi è contro le sanzioni alla Russia è un alleato; oggi chi capisce che il vero conflitto di classe è fra imperialismo da un lato e multipolarismo dall’altro lato, è un alleato. Poco importa se ieri votava a destra e se ancora oggi non si definisce comunista: sta a noi conquistare la sua fiducia!”. In questo senso Ay ha difeso la necessità di parlare non solo con partiti marxisti-leninisti ma anche di altro orientamento, così come peraltro proprio i cinesi insegnano. Al termine della sua relazione è intervenuto Marco Rizzo che ha esplicitamente citato Ay e ha contestato la “deriva anti-nazionale” dei “governi asserviti allo straniero” che mantengono la “dittatura euro-atlantica” contro non solo la classe operaia ma anche i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori. Rizzo ha poi compiuto una disamina del sistema economico europeo analizzando la divisione fra il capitalismo produttivo e quello finanziario e rimarcando come questa contraddizione abbia poi ripercussioni anche di tipo geopolitico.

La guerra in Ucraina cambierà anche l’ideologia delle persone

Le ripercussioni di tipo geopolitico sono state approfondite da Francesco Maringiò, presidente dell’Associazione politico-culturale Marx21. Maringiò, che ha condannato il “Green New Deal” come uno strumento per frenare la cooperazione con i paesi emergenti, ha spiegato che la contraddizione primaria della nostra epoca è quella che vede l’unipolarismo a guida americana contrapporsi all’Eurasia e che esiste una parte della borghesia che vuole cooperare con i paesi emergenti, ma ha anche sottolineato che la transizione al multipolarismo non sarà pacifica, riprendendo di fatto una tesi già avanzata sul nostro portale in questo articolo di Massimiliano Ay. Maringiò ha quindi spiegato che la guerra in corso in Ucraina è uno scontro che rappresenta un discrimine e che avrà come effetto di cambiare persino l’orientamento ideologico delle persone, citando come esempio gli apprezzamenti del presidente russo Vladimir Putin a colloquio con Gennady Zyuganov verso la necessità di un nuovo tipo di socialismo. A queste analisi si sono aggiunte le riflessioni di Mauro Alboresi. Il segretario del PCI ha fra le altre cose citato il processo di dedollarizzazione in atto come un elemento di fondamentale importanza.

L’economista italiano Vladimiro Giacché ha indicato alcune priorità per il rilancio del marxismo occidentale.

Rompere con l’europeismo e accettare il multipolarismo

L’economista Vladimiro Giacché si è concentrato sulle priorità che secondo lui servirebbero per rilanciare il socialismo scientifico in Occidente. Secondo Giacché esse sono quattro che ha elencato in ordine: 1) occorre accorciare le distanze fra il marxismo orientale e quello occidentale; 2) adottare un approccio olistico che consideri l’esperienza storica del socialismo come un insieme di processi da cui imparare per ricercare l’innovazione ideologica dalla tradizione; 3) non chiudersi nelle nicchie intellettuali marxiste ma anzi ricercare e aprire il confronto con le categorie economiche dominanti e 4) ricostituire dei legami con quei movimenti sociali reali che danno centralità alla lotta di classe rispetto alla lotta ecologica e per i diritti civili; che rifiutano l’europeismo e anzi riconoscono come prioritario il terreno nazionale e che riconoscono la centralità dell’orizzonte del multipolarismo anche quando fanno politica locale.

Ci vogliono nuove regole, ma non quelle americane

Il direttore del sito Marx21.it Marco Pondrelli ha dal canto suo approfondito la questione geopolitica rimarcando come anche paesi membri della NATO come la Turchia ormai non condividano più l’unipolarismo americano. Secondo Pondrelli stiamo passando da un mondo che è ormai già di fatto multipolare a un vero e proprio “sistema multipolare” che ora appunto si dovrà dotare di regole proprie, evidentemente diverse da quelle imposte dagli Stati Uniti e che dalla globalizzazione capitalista si passi quanto auspicato dai cinesi, ossia una “comunità umana dal destino condiviso”. L’analisi di Pondrelli è stata condivisa anche da Davide Rossi, penna del nostro portale, che ha criticato i politologi occidentali che confondono volutamente i termini “multilateralismo” e “multipolarismo” e ha approfondito, con evidente interesse da parte cinese, i concetti da lui espressi inizialmente su questo articolo da noi pubblicato in anteprima.