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Edilizia ticinese: la lotta è lanciata, ora ci vuole continutà!

Il sindacato Unia ce l’ha fatta, 1’800 persone in piazza, di cui mille erano operai in sciopero. Lunedì 4 luglio c’è stata la giornata di protesta indetta dal sindacato Unia per denunciare il degrado delle condizioni di lavoro sui cantieri. Il successo ha sorpreso anche i dirigenti sindacali che aspettavano un migliaio di manifestati. Già più volte denunciato anche dal nostro sito, il degrado sui cantieri è palpabile, trovare un lavoratore che sostiene il contrario è come trovare un ago in un pagliaio. Il successo della protesta è quindi in un certo senso comprensibile.

Unia ha cercato di coinvolgere anche la popolazione e la società civile. Se il coinvolgimento di circa 500 cittadini solidali è da considerarsi notevole, la sinistra non ha dato grande importanza alla manifestazione. Il PS e i Verdi sono stati i grandi assenti, fatta eccezione dei funzionari sindacali, non si è visto nessun loro rappresentate. Solo il Partito Comunista si è espresso in sostegno alla lotta per mezzo di un comunicato stampa, partecipando sia alla manifestazione e ad alcuni picchetti di sciopero.

La manifestazione è stata una dimostrazione di come tra gli operai “l’incazzatura” sta salendo. Il  degrado delle condizioni di lavoro è qualcosa che non va spiegato a chi lavora in cantiere, chi lo vive sulla propria pelle non ha bisogno di sapere che fa un lavoro duro. Quello che ora attendono gli operai sono delle risposte politiche chiare e risolutive, ma dal canto suo Unia sembra non aver ancora trovato delle soluzioni di fondo.

Da un lato, chiedere vagamente un rafforzamento della Commissione Paritetica e una maggior collaborazione con il Ministero Pubblico, significa cercare delle soluzioni legate alla sanzione e non alla prevenzione. Ossia restare nel paradigma secondo cui è possibile avere degli imprenditori  onesti con i quali è possibile trovare un equilibrio tra interesse padronale e interesse dei lavoratori.

A livello parlamentare il sindacato ignora completamente l’iniziativa di Matteo Pronzini della lista MpS-PC, che chiede l’abolizione pura e semplice del sub-appalto. Una necessità per frenare il dumping salariale fortissimo, che è subentrato nel settore edile con la “libera” circolazione delle persone. Concretamente si tratta di impedire agli impresari di sub-appaltare lavori ad organizzazioni criminali, che scambiano operai come merce, dando loro salari che si aggirano ad un terzo del salari minimi previsti dai contratti collettivi.

La questione più importante rimane però la lotta contrattuale che inevitabilmente si pone sullo sfondo della mobilitazione. Infatti non sono di certo le soluzioni proposte da Unia che hanno incentivato la partecipazione allo sciopero, ma piuttosto il clima di tensione che si respira in una fase di rinnovo contrattuale.

Come già annunciato qualche mese fa, le trattative sul rinnovo del contratto dei muratori sono arenate su delle richieste padronali durissime, che andrebbero a far esplodere gli abusi e lo sfruttamento. Si parla di lavoro a cottimo, di lavoro il sabato e stando a certe indiscrezioni c’è chi vorrebbe mettere in discussione il pensionamento anticipato a 60 anni.

Le richieste sindacali rimango moderate, protezione contro il licenziamento per i lavoratori anziani, aumento delle indennità in caso di malattia e regolamentazioni più chiare per evitare il lavoro sotto la pioggia. Se il sindacato avesse il coraggio di mettere sul tavolo delle rivendicazioni forti, come potrebbero essere le 8 ore lavorative durante tutto l’anno, un aumento salariale importante o il divieto di assunzione di manodopera interinale, probabilmente anche la voglia di lottare aumenterebbe ulteriormente, così come la fiducia nell’organizzazione sindacale.

Dal canto suo il sindacato della curia (OCST) si è schierato apertamente con il padronato, invitando i lavoratori a boicottare lo sciopero. Secondo loro una manifestazione a trattative aperte avrebbe innervosito i padroni, rendendo più difficile la conclusione di un accordo sul contratto collettivo. Al contrario l’aver dimostrato che gli edili ticinesi sanno andare in piazza, permetterà di minacciare seriamente gli impresari durante i negoziati. Ora non si deve mollare l’osso, la lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli edili è solo agli inizi. Il prossimo appuntamento sarà una manifestazione nazionale indetta per il 24 settembre a Berna.

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