La violenza contro le donne è un’emergenza sociale: tre mozioni della sinistra finiscono sui tavoli del parlamento

Durante l’ultima sua sessione prima della pausa estiva, il Gran Consiglio ticinese si è occupato di violenza contro le donne. Erano infatti ben tre gli atti parlamentari che la Commissione sanità e sicurezza sociale aveva discusso e deciso di portare al voto dei deputati: due mozioni erano firmate da Angelica Lepori-Sergi, esponente del Movimento per il Socialismo (MPS) e un’altra mozione era firmata invece da Massimiliano Ay, deputato del Partito Comunista (PC). Il tutto lasciava presagire un dibattito tranquillo: il rapporto commissionale infatti godeva di un ampio consenso fra tutti i partiti e andava ad approvare parzialmente le mozioni di MPS e accoglieva integralmente la proposta del PC, che ha esultato sui social sottolineando la capacità di fare un’opposizione propositiva e non solo declamataria, che sapesse cioè anche trovare maggioranze politiche.

Il Partito Comunista propone un cambio di paradigma

Le proposte di MPS erano numerose ma unidirezionali: gli uomini sono sempre i carnefici e la contraddizione principale è il …patriarcato! In sintesi, scegliendo quelle più significative, citiamo la proposta di aprire una linea telefonica verde attiva 24 ore su 24 per denunciare situazioni di violenza di genere, quella di sviluppare campagne di prevenzione che coinvolgesse le scuole, ma anche quella di aprire sportelli comunali per le donne vittime di violenza nonché di creare una sorta di “reddito contro la violenza” che prevedesse forme di sostegno finanziario per le donne che intendono interrompere una relazione violenta. Condividendo le proposte di MPS – pur riconoscendo che non tutte erano facilmente realizzabili poiché alcune prevedono anche il coinvolgimento delle autorità federali – il PC dal canto suo avanzava un’altra proposta, cambiando di fatto paradigma: per affrontare i problemi di violenza contro le donne, iniziamo a lavorare con gli uomini! L’approccio originale del Partito Comunista al problema della violenza di genere aveva suscitato l’entusiasmo anche dell’Associazione dei Genitori Non Affidatari (AGNA) presieduta da Pietro Vanetti che definiva la proposta dei comunisti come una “necessità assodata” e aveva convinto anche la deputata socialista Gina La Mantia che ha voluto scrivere il rapporto commissionale favorevole.

Secondo la deputata comunista Lea Ferrari, “occorre lavorare con gli uomini”.

In Ticino non è presente una presa a carico del partner violento

In occasione dell’8 marzo, festa della donna, del 2018 i comunisti avevano depositato la mozione intitolata #HeForShe: contro la violenza sulle donne, lavorare con gli uomini secondo la quale era necessario “un lavoro culturale su entrambi i generi”. La deputata Lea Ferrari ne è sempre stata convinta e già anni fa perorava questa causa all’interno del suo Partito: “Questo progetto deve essere inserito in un processo culturale di più lungo respiro che parta dalla scuola. Con l’iniziativa per una casa degli uomini soli non si potranno evitare le tragedie dei femminicidi ma si istituzionalizza un approccio di lavoro di genere”. In Ticino esistono già strutture dedicate alle donne maltrattate, che offrono loro un luogo sicuro e un supporto, “ma cosa viene fatto per prevenire le situazioni di violenza domestica? Come vengono seguiti gli uomini violenti?” Su questo fronte il Canton Ticino è decisamente carente: “a chi può rivolgersi un uomo in difficoltà prima che decida di scaraventare tutta la propria rabbia sulla compagna?” si chiede sempre Ferrari.

Ecco quindi la proposta di creare una casa d’accoglienza e ascolto per uomini. Sono in crescita, infatti, spiegano i comunisti, “le situazioni di povertà successive ad un divorzio e spesso l’uomo ne risulta particolarmente marginalizzato, abbandonato da moglie e figli”. Studi confermano infatti che l’uomo ha più difficoltà ad attivare una rete sociale in caso di bisogno, ricorrendo meno volentieri all’aiuto di parenti e fa più fatica ad esternare il proprio disagio. Ad ammetterlo è pure l’Associazione Armònia, attiva nel sostegno alle donne maltrattate, che nel suo rapporto d’attività del 2019 lamentava il fatto che “non è presente un servizio specifico che accoglie e accompagna l’autore di violenza domestica in un percorso di comprensione su quanto accaduto e sta accadendo a livello personale e a livello di coppia”. Si tratta quindi – secondo l’atto parlamentare firmato dal granconsigliere comunista Massimiliano Ay – di saper “fornire un luogo per l’accoglienza da una situazione precaria prima che divenga disperata, per l’ascolto e l’accompagnamento di una sofferenza prima che si risolva in un gesto irreparabile”. L’esempio arriva da Oslo in Norvegia, ma anche da Bologna in Italia dove strutture simili già sono operative.

Una campagna di sensibilizzazione a Zurigo.

Una “ZwüscheHalt” ticinese

Il parlamento alla fine ha votato a larghissima maggioranza il rapporto commissionale di Gina La Mantia: oltre a singoli provvedimenti suggeriti da MPS, il dato politico di fondo che ha fatto indispettire sia MPS sia il ministro leghista Norman Gobbi è proprio la proposta del Partito Comunista. Entrambi, in qualche modo, evidentemente ragionano solo in termini repressivi: penali Gobbi, di ostilità verso il genere maschile le neo-femministe. La commissione invece ha chiarito che l’impegno riabilitativo e di recupero sociale sugli autori di violenza, in modo particolare gli uomini, non fosse sufficiente. Dando ragione al Partito Comunista il Gran Consiglio ha quindi incaricato al Consiglio di Stato di valutare “nell’ambito del Piano d’azione contro la violenza domestica, la necessità di creare delle strutture di sostegno e accoglienza temporanea per persone a rischio di diventare autori di violenza. Un modello valido potrebbe essere il progetto ZwüscheHalt con delle strutture protette per uomini – siano essi autori o vittime di violenza – a Berna, Lucerna e Zurigo”. Ad astenersi dal voto contro il PC è stata naturalmente l’estrema sinistra di MPS…