Zivieldienst: Rouven Annen leistet seinen Zivildiensteinsatz im Schulwesen in Kehrsatz am 09. Dezember 2016. Sein Pflichtenheft: Allgemeine Mithilfe im Schulbetrieb und in der Tagesschule.

CIVIVA riunita in assemblea per tirare il bilancio del 2020 ed affrontare il futuro

Martedì 10 marzo ha avuto luogo (in remoto, COVID-19 oblige) l’assemblea annuale di CIVIVA, la federazione svizzera del servizio civile. Oltre alle abituali incombenze statutarie, l’assemblea ha discusso dell’attività svolta dalla federazione durante la pandemia e delle sfide future. 

Archiviato il pericolo di un indebolimento del servizio civile, CIVIVA si riorganizza

Ad aprire i lavori è stata la consigliera agli Stati Lisa Mazzone, che ha presentato il rapporto d’attività del 2020. I primi mesi dello scorso anno sono stati dedicati all’intenso lavoro di lobbying e di mobilitazione in vista del voto sulla prevista riforma della Legge sul servizio civile, con cui i partiti borghesi volevano rendere più difficile l’abbandono dell’esercito in caso di obiezione di coscienza: a sorpresa, la riforma contro cui CIVIVA era pronta a lanciare il referendum è stata però bocciata in votazione finale il 19 giugno. La pressione posta sul parlamento federale – a cui hanno contribuito anche il Centro per la Nonviolenza della Svizzera italiana (CNSI), il sindacato studentesco SISA e la Gioventù Comunista, già pronti a raccogliere le firme contro la modifica della legge (leggi qui) – è dunque servita ad evitare questo peggioramento delle condizioni di accesso al servizio civile. Superato il rischio di un’impegnativa campagna referendaria, CIVIVA ha potuto concentrarsi sul suo sviluppo, riorganizzando le proprie strutture e i propri servizi, ampliando la propria presenza nella Svizzera latina, ma chinandosi anche sulle priorità da perseguire per rafforzare il servizio civile. Fra queste, la flessibilizzazione dei periodi di servizio (ad esempio attraverso l’abolizione del lungo impiego di 6 mesi ) e la fine delle discriminazioni di cui sono ancora vittima i civilisti, che spesso hanno difficoltà ad accedere alle informazioni necessarie per far valere i propri diritti (in materia di possibilità d’impiego, di remunerazione, ecc.).

Benché online, l’assemblea di CIVIVA ha registrato un’ottima partecipazione da tutta la Svizzera.

Anche gli istituti d’impiego vogliono che sia rafforzato il servizio civile!

Tra le attività svolte nel corso del 2020, vi è stato anche un sondaggio tra gli istituti d’impiego che assumono dei civilisti, a cui sono state poste varie domande sul ruolo di CIVIVA ma anche sul futuro del servizio civile. Gli interessanti risultati presentati nel corso dell’assemblea hanno evidenziato l’importanza che la federazione CIVIVA riveste per gli stessi istituti d’impiego, che continuano a ritenere molto importante l’esistenza di un’organizzazione che difenda e promuova l’istituzione del servizio civile a fronte degli attacchi che, come abbiamo visto, non mancano affatto. Gli istituti d’impiego hanno però anche espresso alcuni significativi interessi in materia di potenziamento del servizio civile: secondo i circa 800 partecipanti al sondaggio, sarebbe importante ottenerne il riconoscimento come servizio rilevante per la sicurezza nazionale (la pandemia l’ha ampiamente dimostrato), così come la parificazione dei criteri d’accesso, l’allargamento del campo di attività e il miglioramento dell’informazione da parte delle autorità. Tutte riforme necessarie che verranno certamente promosse da CIVIVA nei prossimi mesi.

Nuove insidie all’orizzonte, nel 25° anniversario della legge sul servizio civile

Rivolgendo lo sguardo al futuro, l’assemblea ha invece rieletto il comitato di CIVIVA, confermando i membri uscenti e i due co-presidenti (Lisa Mazzone e Samuel Steiner), a cui si sono aggiunti tre nuovi componenti: Martin Weder, Lukas Sägesser e Zeno Casella, già membro del comitato del CNSI che rappresenterà dunque la Svizzera italiana nel comitato nazionale della federazione. Un rinnovamento che cade nel 25° anniversario dell’entrata in vigore della legge sul servizio civile: fu infatti nel 1996 che, 4 anni dopo la votazione popolare del 1992, i cittadini svizzeri poterono iniziare a prestare servizio civile in sostituzione al servizio militare obbligatorio.

Nel 1996, dopo una lotta durata decenni, entrava in vigore la legge federale sul servizio civile.

Per festeggiare questa importante ricorrenza, CIVIVA ha già previsto svariate attività che, pandemia permettendo, avranno luogo nel corso dell’anno. Ulteriore tema di discussione è stata l’iniziativa “Per un servizio cittadino”, promossa da ambienti padronali legati al Think tank Avenir Suisse, con cui si vuole “rivalorizzare lo spirito di milizia” attraverso l’estensione dell’obbligo di servizio anche alle donne, continuando a dare priorità al servizio militare (secondo gli iniziativisti, sono innanzitutto gli effettivi dell’esercito a dover essere garantiti). Benché ancora in fase di elaborazione, CIVIVA ha già espresso scetticismo verso questa iniziativa, che mira ad estendere l’obbligo di leva e, mascherata dietro a motivazioni pseudo-progressiste (come la difesa dell’ambiente o la promozione della parità), non fa altro che rafforzare la logica militarista promossa dagli ambienti borghesi.

I dati ufficiali confermano: i civilisti indispensabili durante la pandemia

Nel corso dell’assemblea è intervenuto anche Cristoph Hartmann, capo dell’Ufficio federale del servizio civile, che ha presentato gli interessanti dati relativi al contributo del servizio civile durante la pandemia. Nel corso degli ultimi mesi, poco meno di 5000 civilisti hanno prestato servizio in ambiti d’urgenza legati alla pandemia (ospedali, case anziani, servizi sociali, ecc.), per un totale di 570’000 giorni di servizio, che hanno permesso ai servizi più sollecitati di “tirare il fiato” durante le fasi più calde dell’emergenza sanitaria. In Ticino, il numero di civilisti impiegati per far fronte alla pandemia ammonta a circa 230, per un totale di oltre 27’000 giorni di servizio prestati. Nuove cifre che non fanno che confermare quanto andiamo dicendo da tempo: l’appello all’esercito per far fronte alla COVID-19 ha rappresentato perlopiù un’operazione di propaganda (gli 8000 soldati mobilitati sono infatti perlopiù rimasti in caserma a giocare a ping-pong), mentre il vero contributo sul piano sanitario e sociale è stato fornito dai civilisti.

L’evoluzione del numero di ammissioni al servizio civile dalla sua introduzione ad oggi.

I dati presentati da Hartmann contestano peraltro anche la narrazione borghese secondo cui “il servizio civile ruba effettivi all’esercito” (una narrazione da tempo contestata: leggi qui). In realtà, come dimostrano le cifre degli ultimi anni, il numero di ammissioni al servizio civile è stabile (anzi, nel 2020 ha pure registrato un significativo calo di 800 unità!). Se l’esercito ha problemi di reclutamento, questi provengono da altri fattori (come la disaffezione dei giovani verso le forze armate), non certo da una “fuga” dei coscritti verso il servizio civile!