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50 franchi di tassa per le decisioni bagatella deI Consiglio Nazionale

Il 3 dicembre 2019 il Consiglio Nazionale ha deciso, in seguito a un’iniziativa parlamentare di un ex deputato dei Verdi Liberali (PVL), di introdurre una tassa di 50 franchi – non computabile né sulla franchigia né sulla partecipazione ai costi – per i cosiddetti “casi bagatella” quando ci si reca al Pronto Soccorso. Si tratta di consultazioni ritenute di lieve entità, e pertanto non “adatte” a un pronto soccorso. Dal provvedimento saranno esclusi i bambini e i giovani, i pazienti inviati da un medico e quelli che vengono successivamente ricoverati.

Obiettivo dichiarato? Diminuire le consultazioni inutili che intasano i pronti soccorso e generano costi eccessivi. A prima vista il ragionamento potrebbe anche avere senso: responsabilizziamo i pazienti, rendiamoli autonomi rispetto alla loro salute. La questione, tuttavia, non è così semplice, e soprattutto ha delle gravi implicazioni per le politiche sanitarie di un Paese che si dice democratico.

Qualora i deputati al Nazionale avessero mai passato tempo al pronto soccorso, letto qualche dossier di politica sanitaria e sociale, e soprattutto non ascoltassero pedissequamente la lobby delle casse malati e delle case farmaceutiche, avrebbero potuto porsi alcune questioni prima di approvare misure irresponsabili come questa. Le conseguenze, infatti, non sono solo quelle immediatamente visibili e presentate.

1. I cinquanta franchi non pesano per tutti allo stesso modo. Chi se li può permettere non si farà alcuno scrupolo ad andare al pronto soccorso, chi invece non può farlo starà a casa. Inoltre, senza un consulto professionale, stabilire da soli il confine tra “bagatella” (definizione giuridicamente opaca e problematica) e bisogno è appannaggio di chi possiede un capitale culturale in materia. È quindi una misura anti-poveri, è una misura contro la democraticità delle cure.

2. Il messaggio implicito presentato è: a qualsiasi ora risolvete i vostri problemi, possibilmente da soli. Magari con una cura farmacologica autosomministrata e senza controllo da parte di un medico o di un infermiere. E le case farmaceutiche si fregano le mani.

3. Il fattore umano, in casi come quelli al pronto soccorso, aiuta a placare le ansie in una società come la nostra, schizofrenica nel suo essere insalubre ma nel comunicare la necessità di un’attenzione maniacale alla propria salute. Di fronte ai principi di ipocondria diffusa, il consulto medico serve anche a intraprendere solo le cure necessarie (quelle che non lo sono hanno spesso effetti iatrogeni). La rassicurazione da parte di un medico aiuta moltissimo a essere più tranquilli nell’affrontare un disagio nelle proprie condizioni psicofisiche qualora si ripresentasse. Si viene educati, in fondo, a cosa fare quando si presenta un simile problema.

4. L’implicito di questa misura è che è meglio tassare i cittadini piuttosto che investire per potenziare i pronti soccorso, aiutando infermieri e medici che svolgono un lavoro di importanza eccezionale ad avere condizioni di lavoro migliori. Significa anche non pensare neppure a forme di cure ambulatoriali di prossimità meno costose, come i presidi sanitari di quartiere che esistono in molte città del mondo.

5. Il problema non sta nella mancata consapevolezza delle persone; il problema sta nella palese insufficienza delle politiche di prevenzione e di promozione della salute di questo Paese. Il lavoro con condizioni malsane fa ammalare, lo stress fa ammalare, una pessima alimentazione condizionata dal reddito e dal capitale culturale fa ammalare, la mancanza di socialità e reti di sostegno fa ammalare. Oltre alle determinanti biologiche c’è molto di più.

6. È inutile che ci si lamenti del fatto che il sapere esperto e medico-scientifico è sempre più misconosciuto: se una persona ha il dubbio su come risolvere un problema di salute, invece di rischiare di spendere 50.- franchi (con la povertà diffusa non è una cifra irrilevante) meglio cercare informazioni su internet, magari in qualche gruppo facebook, e affidarsi a esse senza un controllo esterno. Così poi al pronto soccorso si rischia di finirci per un caso che non sarà sicuramente più rubricatile come bagatella.

7. Le persone pagano la cassa malati, o lo Stato provvede per coloro che non sono in grado di farlo. L’assicurazione malattia – che dovrebbe essere unica, pubblica e con i premi in base al reddito – in uno Stato democratico dovrebbe garantire a tutti l’accesso alle cure senza discriminazione di sorta. La tassa per le bagatelle è contraria a questo principio: solo chi pensa al sistema sanitario come a un’azienda, e non come a un servizio pubblico fondamentale, può proporla e sostenerla.

Simone Romeo

Simone Romeo, classe 1993, è pedagogista e dottorando di ricerca in "Educazione nella società contemporanea" presso l'Università di Milano-Bicocca. Già consigliere comunale a Locarno per il Partito Comunista, collabora da diversi anni con sinistra.ch.