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Il Consiglio d’Europa: non è tutto oro quello che luccica!

Sono stato l’unico deputato, durante la penultima seduta del Granconsiglio, a non usare parole di lode sperticata al Consiglio d’Europa, di cui la Svizzera è membro. Naturalmente qualcuno ha voluto un po’ strumentalizzare questa mia posizione fuori dal coro, accusando di non riconoscermi nei valori dei diritti umani e della democrazia. Naturalmente non è così: non solo mi è chiara la differenza fra l’Unione Europea (UE) e il Consiglio d’Europa, ma ritengo anche utile avere un certo distacco critico quando si analizzano talune organizzazioni di cui pure il nostro Paese fa parte.

Il Consiglio d’Europa si basa su valori quali appunto i diritti umani, la libertà, la democrazia. Tutto stupendo, tutto condivisibile. Sulla carta, però! Poi c’è la realtà dei fatti. E questi fatti devono per forza emergere se facciamo politica in modo serio. Sarebbe un errore, infatti, illudersi che il Consiglio d’Europa sia un ente neutro, super partes, idilliaco: se adottiamo un’analisi marxista si tratta pur sempre di una sovrastruttura ideologica al servizio del sistema geopolitico atlantico e del processo di integrazione europea, la quale trova oggi proprio nell’UE la sua espressione massima, e in cui il Partito Comunista non si riconosce.

Non posso scordarmi, ad esempio, che qualche anno fa fu proprio il Consiglio d’Europa a discutere una risoluzione che voleva mettere sullo stesso piano la barbarie hitleriana e i partigiani comunisti e l’Armata Rossa che diedero un contributo enorme per liberare l’Europa dal nazifascismo. Non posso nemmeno scordarmi del fatto che, recentemente, proprio il Consiglio d’Europa ha sfiduciato un suo rappresentante in quanto colpevole di essersi recato in Siria per cercare il dialogo con il governo laico di quel paese vittima del terrorismo sostenuto dai nordamericani. E non posso nemmeno scordarmi che il Consiglio d’Europa sta facendo pressioni affinché l’Ungheria non introduca una legge che imponga una maggiore trasparenza sui finanziamenti esteri alle ONG, spesso complici in piani eversivi quali rivoluzioni colorate e colpi di stato (Ucraina docet!). Senza scordarsi, infine, che la libertà del Consiglio d’Europa – e lo ha ammesso giustamente il deputato Pamini, da buon liberale classico – è soprattutto quella economica, quella dei mercati e della globalizzazione capitalistica, su cui evidentemente da marxista io sono invece critico.

Insomma non è tutto rose e fiori, e credo sia corretto che in un dibattito parlamentare queste cose saltino fuori. Altrimenti si finisce per parlare di un pezzo di stoffa, e non dei contenuti che esso porta con sé.

Massimiliano Ay

Massimiliano Ay è segretario politico del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2008 al 2017 e ancora dal 2021 è consigliere comunale di Bellinzona e dal 2015 è deputato al parlamento della Repubblica e Cantone Ticino.