Iniziativa per salari equi 1:12: l’entusiasmo dei socialisti, i dubbi dei comunisti

“In qualità di imprenditori siamo favorevoli a una politica salariale ragionevole e sosteniamo quindi l’iniziativa 1:12”. A pronunciare questa frase sono i membri del comitato delle piccole e medie imprese (PMI) elvetiche che si esprime sull’iniziativa popolare per salari equi, che sarà sottoposta al voto popolare questo week-end in Svizzera e che chiede che il salario massimo versato da un’impresa non possa superare di oltre dodici volte il salario più basso versato dalla stessa impresa.

Il “buon” capitalismo

1_vs_12Mentre la destra populista dell’UDC e la destra borghese di PLR e PPD stanno facendo attivamente campagna contro la proposta avanzata dai giovani socialisti, adducendo quasi l’invasione bolscevica della Svizzera, un gruppo di piccoli padroni d’azienda – onestamente – si schiera quindi con i sindacati e la sinistra, e questo per “mantenere e riconsolidare un modello basato sulla modestia e la ragione, che ha fatto il successo della Svizzera, nel quale gli scarti salariali erano inferiori a 1:12, e che è oggi messo in pericolo da qualche top-manager senza scrupoli”. Un’iniziativa, insomma, che non mette affatto in discussione i principi economici liberali e non apre le porte al socialismo in Svizzera, ma che vuole solo evitare dei divari salariali esagerati di cui il capitalismo è portatore. E ciò nonostante l’ex-consigliere nazionale del PS Franco Cavalli la consideri un’ottima iniziativa, fra quelle più avanzate in un’ottica di classe. Il rischio è che il PS con queste proposte riformiste faccia passare l’idea che esiste un capitalismo “buono” che va ricercato e non invece superato (come dovrebbe invece prevedere il programma della socialdemocrazia elvetica).

In Ticino una mobilitazione fiacca

Sul fronte progressista tutti i partiti e movimenti sostengono l’iniziativa 1:12, ma con sfumature diverse, in un caso addirittura si è parlato di “Sì critico”. Il Partito Socialista e il suo sindacato di riferimento, UNIA, ha – come era facile prevedere – mobilitato enormi risorse per la riuscita della votazione, con addirittura un funzionario pagato per coordinare una campagna che, perlomeno in Ticino, è stata alquanto modesta e ha visto pochi giovani mobilitati, nonostante a promuovere il tutto sia stata proprio la Gioventù Socialista Svizzera. Questa volta pare sia mancato infatti l’apporto dei giovani di sinistra che in Ticino sono soprattutto organizzati nei ranghi della Gioventù Comunista guidata da Aris Della Fontana.

I dubbi dei marxisti

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M. Ay e A. Lucchini (Partito Comunista)

Tiepida è stata, infatti e in particolare, la reazione del Partito Comunista che, per bocca del suo responsabile della politica economica, Alessandro Lucchini ha commentato: “L’iniziativa ha tutti i presupposti per essere un primo ‘granello di sabbia’ nella macchina del sistema, e spingere così verso una potenziale maggiore uguaglianza salariale, e dunque anche sociale”. E tuttavia vi sono almeno due punti critici che i marxisti ticinesi analizzano nel loro documento politico reso pubblico nelle scorse settimane e che si attesta come uno degli studi più seri che sono circolati durante questa campagna.

L’inganno delle “stock options”

Il sistema finanziario – spiegano gli economisti del Partito Comunista – permette alle aziende quotate in borsa (che sono poi le sole ad essere davvero colpite da questa iniziativa) “di creare una vasta gamma di strumenti remunerativi che possono superare i vincoli di legge. Un uso classico delle stock options, ad esempio, risulterebbe osservabile nella contabilità aziendale e dunque esse sarebbero soggette all’iniziativa 1:12; non così però nel caso di un loro particolare utilizzo come metodo remunerativo: le stock options, per loro natura, sono infatti distribuite a costo nullo dall’azienda, e possono quindi essere considerate come donazioni. L’impresa emette insomma delle opzioni (con un costo d’emissioni nullo), e il manager che le riceve in ‘regalo’, da parte sua, non le esercita (dunque non le presenta all’incasso dell’impresa) ma le rivende in borsa. Attraverso di esse è possibile aumentare la massa salariale a costo zero per l’azienda e senza alcuna modifica nella contabilità. Le stock options utilizzate in questo modo possono essere dunque considerate una componente della massa salariale aziendale che non rientra nel costo del lavoro: il loro utilizzo può così eludere il controllo statale sulle remunerazioni dei manager”.

La frammentazione dei lavoratori

Ma non è tutto: sempre Lucchini spiega come si possa aggirare l’iniziativa socialista mediante la modifica della struttura aziendale: “i padroni verrebbero ‘spinti’ indirettamente a dividere un’unica società in due o più aziende legate, ad esempio, da contratti di outsourcing. Ognuna di queste nuove entità occuperebbe solo lavoratori con una simile struttura salariale. In questo modo l’iniziativa 1:12 sarebbe aggirata poiché quest’ultima considera solo le differenze salariali all’interno di una stessa azienda”. In pratica una grande ditta si scinderebbe in un’azienda che si occupa solo di amministrazione (in cui verrebbero impiegati solo manager molto pagati) e in un’altra azienda operativa nella produzione (impiegando operai poco pagati). Un tale meccanismo – secondo i comunisti – “causerebbe un’ennesima frammentazione della classe lavoratrice, già oggi fortemente parcellizata a seguito dell’evoluzione post-fordista del capitalismo, il che comporterà anche problemi a livello sindacale”.

Aumenteranno i salari più bassi?

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Gli spauracchi della destra

L’iniziativa 1:12, qualora accolta, potrebbe incrementare i salari più bassi? Molto improbabile, secondo Lucchini, che al contrario così analizza la situazione: “l’entrata in vigore dell’iniziativa Minder, approvata dal popolo in votazione, permette agli azionisti di decidere la massa salariale destinata ai manager e dunque controllarne parzialmente le super-remunerazioni. L’introduzione del rapporto 1:12 porterebbe gli azionisti a dover prendere una decisione su una massa salariale inferiore o uguale a quella attuale: l’eventuale risparmio così determinato non ha nessun motivo per andare ad aumentare i salari dei lavoratori meno pagati; è invece presumibile che tale risparmio venga incamerato sotto forma di un aumento dei dividendi distribuiti agli azionisti o come crescita delle riserve aziendali. Falsi sono dunque gli allarmismi della destra, la quale prevede più imposte e licenziamenti”.

E quindi?

1a12Il segretario del Partito Comunista Massimiliano Ay invita, sulla scorta dell’analisi presentata da Lucchini, ad approvare l’iniziativa 1:12 ma senza particolari entusiasmi: “non si devono creare illusioni fra i lavoratori: questa iniziativa ha una forte valore etico – che è comunque importante in questa società in cui conta solo il profitto – e tuttavia non cambierà le storture del sistema economico vigente”. E quali sono allora le proposte concrete da avanzare: “sarebbero da appianare le differenze salariali tra regioni (in Ticino si guadagna circa 1’000 franchi in meno rispetto alla Svizzera tedesca) e tra uomini e donne. Le divergenze di ricchezza più preoccupanti rimangono però quelle patrimoniali, per le quali, nell’ottica della loro riduzione, sarebbe necessaria una “Tassa dei Milionari”, scrive in una nota il Partito Comunista.

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