Il South China Morning Post ha recentemente riportato la notizia dell’introduzione nella provincia cinese di Liaoning di un congedo pagato di uno o due giorni al mese per le donne che soffrono di gravi dolori mestruali. La nuova legge, che entrerà in vigore dal prossimo marzo, fa parte di una nuova serie di norme sulla protezione del lavoro promossa dal governo della provincia che include anche 98 giorni di congedo maternità, una visita ginecologica annuale a carico del datore di lavoro e un ampliamento della formazione contro le molestie sessuali sul posto di lavoro. Queste disposizioni, e in particolare quella relativa al congedo per dolori mestruali, hanno suscitato molto interesse a livello internazionale in quanto si tratta di una misura estremamente progressiva che va a toccare un tema che rappresenta ancora oggi un tabù.
L’articolo del Post solleva inoltre quelli che potrebbero essere gli aspetti problematici di tali norme, in particolare una maggiore penalizzazione delle donne al momento dell’assunzione in quanto il padrone sarebbe più “svantaggiato” nell’assumere una dipendente donna. Per quanto si tratti di un dubbio legittimo sull’effettività di tali misure, che sono volte ad aiutare le lavoratrici e non a metterle in difficoltà, bisogna ricordare che il sistema socialista cinese ha una diversa concezione del lavoro e del lavoratore rispetto al sistema capitalista occidentale, in cui le leggi economiche impongono come obiettivo più importate quello di massimizzare il profitto. Le nuove norme proposte dal governo di Liaoning rappresentano invece la volontà di fare gli interessi delle lavoratrici, promuovendo una maggiore flessibilità da parte del padronato e non da parte dei lavoratori, come avviene invece nei paesi occidentali. Se gettiamo uno sguardo alla situazione in Europa, e in particolare in Svizzera, ci rendiamo conto che i diritti sociali di chi lavora sono sempre meno tutelati e sono sempre maggiori i sacrifici richiesti.
Per quanto riguarda la situazione delle donne in Svizzera, c’è ancora molto da fare per raggiungere la parità dei sessi nell’ambito lavorativo, in particolare per quanto riguarda la parità salariale e la possibilità di conciliare la carriera alla famiglia. In merito a quest’ultimo punto, vi è infatti una forte opposizione a proposito dell’estensione del congedo paternità che garantirebbe un maggiore equilibrio e una bigenitorialità più effettiva.
Infine, va puntualizzato come, mentre in Cina si parla di congedare le donne dal lavoro per aiutarle a sopportare serenamente i dolori mestruali, in buona parte dell’Europa come anche in Svizzera i prodotti per l’igiene femminile sono ancora tassati come beni di lusso. In questo senso, la Svizzera potrebbe iniziare prendendo esempio dal governo scozzese (non certo di orientamento socialista), che due settimane fa ha approvato una legge per garantire assorbenti e tamponi gratuiti a tutte le donne. È comunque chiaro che una piena emancipazione delle donne non potrà mai avvenire in regime capitalista: in questo come in molti altri ambiti (ad esempio quello ambientale: leggi qui), è la Cina socialista ad indicarci una via alternativa.