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Il disagio giovanile. Colpa di chi?

Questo è uno dei temi che a mio parere merita più attenzione. I giovani d’oggi sono quelli che fra 15-20 anni saranno la mano portante del nostro Paese; genitori e lavoratrici/ori. C’è chi dice che la gioventù è allo sbando, che sempre chi consuma alcol e droghe è sempre più giovane e che la violenza è in aumento. Sono tutte constatazioni che viste con un’ottica di chi 18anni ce li ha avuti 30 anni fa possono essere viste come un degrado dei nostri giovani. Il problema è però solo circoscritto alla nostra Cantone? No, queste differenze di abitudini si sono verificate a livello mondiale. Tutti gli Stati avanzati si trovano con una generazione ritenuta rovinata, pericolosa e persa. Bisogna quindi porsi un banale interrogativo: perché? Sono per caso state le radiazioni di Chernobyl a mutare improvvisamente le abitudini giovanili oppure il problema è da ricercare all’interno delle nostre case?

Gli anni ’60-‘70 sono stati quelli degli hippie, dell’espansione a macchia d’olio del consumo di canapa e derivati, gli anni di Jimi Hendrix, di Jim Morrison, di Bob Marley, di Louis Armstrong, gli anni delle grandi conquiste tecnologiche e gli anni del baby boom (quest ultimo finito nel 1964). Sono stati anche gli anni dei primi scandali di droga e alcol tra le star musicali e cinematografiche, gli anni dei primi homeless (senza tetto) e gli anni delle grandi conquiste sociali. Un corto, ma concentrato, lasso di tempo in cui i genitori di oggi sono cresciuti, assimilato tutto ciò che il tempo gli ha offerto. Sono stati i primi ad allontanarsi da ciò che sono i valori della famiglia e a seguire ciò che gli veniva offerto da oltre oceano. L’aumento della velocità con cui la nostra società è progredita ha fatto il resto: difficoltà di trovare un impiego, orari insostenibili, stress, frustrazione e delusioni fanno da padroni la loro carriera lavorativa. Tutto ciò si riversa in un disagio che colpisce in primis la generazione degli anni ’50-’60 e che si ripercuote poi sui suoi figli. In molti casi manca il tempo o l’energia di occuparsi in modo adeguato del figlio il quale forse è stato cresciuto in un modo troppo tollerante, visto forse il paragone con il desiderio di trasgressione e libertà che imperversava durante la generazione del genitore.

Altro tema legato ai giovani, questa volta parliamo però di ‘giovani stranieri’.

Si continua a sottolineare come chi crea più problemi sono i ‘giovani stranieri’. Poniamoci lo stesso interrogativo: perché? Io non vedo innanzitutto un piccolo delinquente che viene ‘da quei paesi là’ e che ha violenza nei geni, ma un ragazzo cresciuto in una famiglia di emigrati e come tale ha dovuto affrontare una situazione assolutamente non evidente.

Crescere da straniero in Ticino non è semplice, per la diffidenza iniziale di molte persone e per il rischio che la famiglia si chiuda in giri di famiglie che provengono dalla loro stessa nazione. Questi comportamenti non favoriscono in alcun modo i giovani i quali (oltre a non poter essere spesso seguiti nella formazione, viste che generalmente tutti e due i genitori lavorano) si ritrovano a parlare solo la lingua madre andando incontro a serie difficoltà di apprendimento, si chiudono in giri di amici visto che (si sa) i bambini ripetono ciò che sentono in casa e un ragazzo straniero continuamente deriso e umiliato finisce per sentirsi forte e protetto solo tra quelli che considera suoi amici (amici impostigli dalle abitudini dei genitori). Non sono solo gli stranieri che girano in ‘gruppi’, se guardiamo la situazione da un altro punto di vista vedremo come per la maggior parte del tempo il ‘gruppo’ è composto da ragazzi indigeni.

Questi temi andrebbero trattati e approfonditi in molto più di una pagina, ma mi avvio ora ad una conclusione.

È inutile cercare, in entrambi i casi, il problema nell’altro. È ora di iniziare a vedere anche se stessi e provare a mettersi nei panni altrui. Una politica proibizionista, severa e restrittiva (e qui m’incazzo) non porterà assolutamente a nessun miglioramento!! Bisogna investire in prevenzione e sensibilizzazione, bisogna agire e non lamentarsi, bisogna andare incontro a chi ha bisogno e non isolarlo, bisogna finalmente dare voce ai giovani e soprattutto ascoltarli!

Marin Mikelin

Partito Comunista

Candidato al Gran Consiglio per MPS-PC

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