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La storia della finta economista di Instagram (e di quelli che ci abboccano)

308mila follower su instagram. Questi sono i numeri della cosiddetta influencer che si fa chiamare Imen Jane, la 25enne di Milano, che si è fatta passare per «economista» laureata nel 2017 in Economia e amministrazione d’impresa naturalmente alla prestigiosa Università Bocconi di Milano, ma che di recente – dopo le rivelazioni del sito Dagospia – ha dovuto ammettere di non essersi mai laureata nonostante si sia fregiata del titolo di studio, nel frattempo cancellato dal suo profilo social.

«Raccontare l’economia politica in 15 secondi» era il suo obiettivo. Una baggianata a cui solo una società in declino, incapace di approfondimento e di reale dibattito politico, potrebbe dar credito. E infatti i media italiani, e persino le istituzioni, hanno trasformato questa millantatrice in una luminare della economia politica. Luminare solo perché, oltre evidentemente ad avere i soldi, si limitava a ripetere luoghi comuni funzionali alla ideologia neo-liberale.

Lungi da noi ritenere che solo i laureati possano esprimersi, crediamo anzi che l’intelligenza di una persona non si misura solo da quanto la scuola (privata) che frequenta sia rinomata o dal diploma conseguito. Ma certo non ci piacciono i millantatori, soprattutto quelli che prima di venir scoperti twittano da mattina a sera umiliando con sufficienza chi non avrebbe un sufficientemente rinomato profilo accademico o non ha i mezzi per frequentare la Bocconi.

Influencer fintamente impegnati, naturalmente di cultura «liberal» (non a caso Imen Jane si è candidata anche con il PD, partito simbolo del carrierismo di un certo centro-“sinistra” altezzoso) sono non una opportunità ma un danno per l’intera società: se lo ricordino i responsabili della Città dei Mestieri di Bellinzona che hanno immaginato di vendere l’influencer come una “professione”.

Imen Jane ha anche fondato Will Ita, uno «spazio per i curiosi del mondo», «per capire ciò che ci circonda (e fare un figurone a cena)». Così si legge sulla sua pagina social di una superficialità disarmante. Anche qui si tratta di divulgazione (leggi: banalizzazione) economica dedicata ai suoi 378mila follower. Risulta addirittura fra i “30 under 30 di Forbes” ed è stata intervistata ovunque, con servizi esaltanti su Repubblica, Vanityfair, Donna Moderna, ecc. dipingendola come un modello per “avere successo nella vita”, tipici valori individualisti ed egocentrici che la società borghese sta fomentando fin da giovanissimi e anche attraverso la scuola.

Il fatto che i media e le istituzioni enfatizzino questi influencer creando falsi miti, rappresenta un problema sociale potenzialmente di grandi dimensioni: si lascia credere ai giovani che la via da seguire siano i soldi facili e la superficialità e questo rende irreversibile la crisi in cui la società capitalista occidentale si trova sia dal lato economico che da quello politico e culturale.