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Censura in Canada. Interdizione di insegnare a un professore anti-fascista.

Holodomor è il nome attribuito alla carestia che fra il 1932 e il 1933 si abbatté sul territorio dell’Ucraina provocando il decesso di milioni di persone. Secondo la storiografia borghese dominante la responsabilità della carestia sarebbe da attribuire alle scelte politiche del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS). La stessa posizione è stata adottata, ma solo nel 2008, dalla stessa Ucraina guidata allora dal presidente filo-americano Viktor Jushenko che ha riconosciuto l’Holodomor quale “genocidio”, colpevolizzando implicitamente la Russia. In quel periodo il primo ministro ucraino era fra l’altro la neo-liberista Julija Tymoshenko, famosa qualche anno dopo per aver favorito l’istituzione di leggi razziali contro la minoranza russa.

Il Parlamento dell’Unione Europea, nello stesso anno, ha adottato una risoluzione che – pur non usando il termine di “genocidio” – definisce quanto successo un “crimine contro l’umanità”. Naturalmente il tutto si inserisce nel conflitto geopolitico ma anche ideologico che contrappone il campo atlantico a quello euroasiatico e di cui né la storiografia né la filmografia sono immuni.

E tuttavia questa tendenza a risolvere le controversie storiche con decisioni parlamentari in base alle esigenze politiche del momento sta iniziando a suscitare le reazioni dei ricercatori a cui, di fatto, viene impedito di indagare su un accadimento storico oltre a quanto il governo del proprio paese ha stabilito essere l’indiscutibile verità. Anche la Svizzera è stata recentemente colpita da controversie simili: lo scorso anno l’ex-deputato ticinese Donatello Poggi aveva subìto un procedimento penale secondo la legge anti-razzismo per aver rivelato in un articolo sulla stampa che esiste una storiografia – fra l’altro di impronta marxista – che nega il genocidio di Srebrenica. Una decina di anni fa erano stati invece arrestati a Zurigo dei cittadini turchi, fra cui politici e storici, che si erano ribellati alla decisione della Confederazione di riconoscere il genocidio armeno del 1915 e lo avevano pubblicamente negato come “menzogna dell’imperialismo” (leggi).

Oggi l’attenzione si sposta invece sul Canada. Un’associazione di giovani ucraini, sostenitori dell’attuale regime filo-fascista di Kiev, hanno infatti iniziato una campagna denigratoria presso l’Università di Alberta per chiedere il licenziamento di un docente che avrebbe negato appunto l’Holodomor. Il professor Dougal MacDonald ritiene infatti che la carestia degli anni ’30 non sia un atto intenzionale e premeditato tale per cui si possa definire quale “genocidio” e, anzi, ha aggiunto che il genocidio appunto sarebbe una bugia perpetuata con fotografie fasulle e narrazioni diffuse da collaborazionisti nazisti dell’epoca. La promozione del “mito anti-comunista e filo-nazista” dell’Holodomor da parte del governo di Justin Trudeau farebbe parte della “sua agenda egoistica per tentare di riscrivere la storia, sostenendo falsamente di sostenere la libertà, la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto”, ha sentenziato l’accademico. In tutta risposta la rappresentante della Società Studentesca Ucraina in Canada, Ivanka Soletsky, ha commentato: “qualcuno con queste idee di odio non dovrebbe più essere in grado di insegnare all’università”.

La macchina propagandistica dei media main-stream canadese si è però subito attivata al servizio del governo e ha deciso di accusare il professor MacDonald non solo di non aver disubbidito sulla “verità” in merito alla carestia in Ucraina, ma anche di essere un negazionista dell’Olocausto: una calunnia atta a indignare maggiormente l’opinione pubblica confonendo e impedendo così una seria discussione scientifica e quindi a giustificare l’epurazione politica dell’insegnante dall’Università.

Il Partito Comunista del Canada Marxista-Leninista (PCC-ML) guidato da Anna Di Carlo ha preso a cuore la vertenza e si è schierato contro la “caccia alle streghe” e ha diramato una risoluzione pubblica in cui contesta “le accuse diffamatorie e prive di fondamento” contro il prof. Dougal MacDonald. I comunisti canadesi affermano infatti “categoricamente che il Dr. MacDonald non è e non è mai stato un negazionista dell’Olocausto”. Egli, basandosi sulle sue ricerche scientifiche, “si oppone come molti altri alla storia di un genocidio presumibilmente commesso in Ucraina dallo Stato sovietico. Assimilare questa posizione alla negazione dell’Olocausto è socialmente irresponsabile” commenta il PCC-ML che, anzi, rilancia chiedendosi quale sia il vero scopo di coloro che hanno infangato il docente: “Perché stanno attaccando uno scienziato noto per la sua integrità come insegnante, sindacalista e avvocato per i lavoratori, i popoli aborigeni e tutti coloro che lottano per la loro dignità e libertà nel mondo?”. La domanda evidentemente è retorica!

La matrice politico-ideologica della campagna contro MacDonald è insomma evidente, tanto più che l’accademico proviene da una famiglia che non solo ha attivamente combattuto il nazi-fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale ma che in seguito ha contribuito “all’emergere della personalità democratica che è stata codificata nei verdetti dei processi di Norimberga e nel diritto internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite”, spiegano sempre i comunisti canadesi. Ed effettivamente Dougal MacDonald è uno studioso di un certo calibro in Canada che si è focalizzato sul funzionamento della macchina della propaganda nazista per delegittimare i partigiani della resistenza antifascista. L’insinuazione che il Dr. MacDonald sia un negazionista dell’Olocausto appare insomma come l’ennesimo tentativo di isolare e suscitare disprezzo per uno storico coraggioso che si è ribellato al sistema universitario atlantico.