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I socialisti portoghesi vincono …perché costretti ad ascoltare i comunisti!

Gli esiti delle elezioni legislative del 6 ottobre 2019 in Portogallo non sembrano portare grossi cambiamenti nei rapporti di forza politici del Paese. La destra esce sconfitta e il Partito Socialista (PS), che nell’ultima legislatura ha guidato il Paese con un governo di minoranza che stava in piedi solamente grazie al sostegno in parlamento dei deputati del Partito Comunista Portoghese (PCP) e del Blocco di Sinistra (BE), manca l’obiettivo di ottenere la maggioranza assoluta per governare da solo senza doversi più adeguare ai comunisti.

L’intento originale del PS era invece proprio quello di liberarsi dei suoi alleati di sinistra, scomodi ma indispensabili, e quindi spostarsi a destra come tutte le socialdemocrazie europee. Le urne gli hanno invece dato torto: benché in ascesa, passando dal 32,3% al 36,6%, il PS dovrà comunque appoggiarsi ancora ad altri partiti per poter formare il governo.

Occorrerà ora vedere se il PS entrerà in trattativa con i partner di sinistra della scorsa legislatura, appunto in primis i comunisti, oppure se proverà a convincere altri partiti più moderati a sostenerlo: ci riferiamo ad esempio ai 4 deputati del PAN, il partito ecologista-animalista ma di orientamento liberale che ha strumentalmente cavalcato il fenomeno Greta Thunberg e al deputato di LIVRE, gruppo socialdemocratico europeista, di fatto una scissione a destra del BE.

Il PCP potrebbe essere ancora l’ago della bilancia

Il dato che emerge è che il PS cresce, anche se non abbastanza, perché il suo governo – dovendo ascoltare anche le indicazioni di PCP e BE – ha dovuto limitare le politiche di austerità imposte dall’Unione Europea e ha dovuto garantire ossigeno ai diritti sociali per i lavoratori, calpestati dagli stessi socialisti in passato. I comunisti, insomma, che si presentano alleati con i Verdi nella cosiddetta “Coalizione Democratica Unitaria” (CDU) hanno avuto un ruolo importante nella sconfitta della destra.