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Il Partito Comunista degli USA compie 100 anni e gioca la carta multietnica

Il Partito Comunista degli Stati Uniti (CPUSA) ha concluso il suo 31° Congresso nazionale il 23 giugno scorso, nel silenzio dei mass-media che vogliono a tutti i costi far credere che negli USA vi siano solamente due partiti. Riuniti a Chicago, oltre a numerosi ospiti esteri, vi erano oltre 300 delegati da tutti gli Stati, che hanno poi eletto 71 membri del Comitato Centrale.

L’assise dello storico partito americano (il CPUSA ha celebrato i 100 anni di esistenza!) ha pure rinnovato i massimi vertici del Partito: l’uscente John Bachtell, che guidava i comunisti statunitensi dal 2014, è stato sostituito da un duo. I coordinatori eletti dal Congresso sono Rossana Cambron, di origine messicana domiciliata a Los Angeles e già leader del Partito della California del sud; e Joe Sims, afroamericano di New York.

Cambron è la prima donna a presiedere il Partito Comunista dopo la direzione di Elizabeth Gurley Flynn, eletta nel 1961. Si tratta di un profilo orientato sia al mondo del lavoro, dove è stata protagonista di una lotta sindacale dei lavoratori dei fast food, ma anche a quello pacifista, in quanto da anni milita nella “Military Families Speak Out”, un gruppo sorto nel 2002 che riunisce le famigli dei soldati contrari allora all’invasione americana dell’Irak. Figlio d’arte è invece il suo collega: Joe Sims viene da una famiglia di attivisti sindacali: il padre in ambito siderurgico e la madre nel settore degli impiegati pubblici. In gioventù è stato uno dei responsabili della “Young Workers Liberation League”, il precedente movimento giovanile del CPUSA e fra gli anni ’90 e i primi anni 2000 si occupò della redazione di “Political Affairs”, la rivista teorica marxista edita dal Partito.

Quale sarà però la linea che i due neo-eletti porteranno nel Partito? Non è mistero infatti che, benché statutariamente vi sia ancora il centralismo democratico, nel CPUSA convivano, a volte a fatica, correnti ideologicamente diverse. In particolare la linea socialdemocratica e la filosofia della “nonviolenza” imposta dall’ex-dirigente Samuel Webb aveva suscitato le aspre critiche di vari partiti comunisti esteri, come quello canadese, greco e tedesco e aveva indebolito la struttura interna del Partito, visto che in vari circoli di base si alzarono voci discordanti, alcune delle quali portarono a piccole scissioni. Webb, poi, nel 2014 non sollecitò il rinnovo del mandato e qualche tempo dopo si disse pronto addirittura a sciogliere il Partito confluendo in prima persona nel Partito Democratico sulle posizioni di destra di Hillary Clinton, arrivando persino a condannare il candidato della sinistra interna Bernie Sanders.

Il CPUSA ha superato questo momento di crisi, ma tuttavia non ha rimesso in discussione il proprio sostegno strategico al Partito Democratico. Non sembra nemmeno che l’esito del 31° Congresso possa stravolgerne l’impostazione: appena eletto Sims ha definito importante il “Green New Deal” che secondo alcuni marxisti non è altro che un macquillage “verde” di un capitalismo altrettanto problematico e ha aperto a ogni alleanza per sconfiggere il presidente dell’estrema destra Donald Trump, benché abbia riconosciuto la necessità di meglio organizzare il Partito all’interno del movimento operaio. A tal proposito va detto che i 71 quadri del nuovo Comitato Centrale sono ben presenti in quasi una ventina di sindacati di varie categorie professionali, rendendo il CPUSA uno dei partiti politici statunitensi ad oggi ancora meglio inseriti in ambito sindacale.