Come ampiamente prevedibile Emmanuel Macron il fuoriuscito del Partito Socialista francese, fondatore del movimento di centro-destra “En Marche”, è stato eletto quale nuovo Presidente della Repubblica francese, superando con un buon distacco la candidata nazionalista Marine Le Pen.
Nel 2002 quando ad arrivare al ballottaggio fu il padre di Le Pen, il cosiddetto “Fronte Repubblicano” trasversale ai partiti democratici, favorì la riconferma di Jacques Chirac con oltre l’82%, lasciando le briciole al leader del Fronte Nazionale e riuscendo a convincere oltre 3 milioni di cittadini che si erano astenuti al primo turno a recarsi alle urne pur di bloccare il candidato dell’estrema destra: non a caso l’affluenza ai seggi salì allora di quasi 8 punti percentuali e attestandosi a quasi l’80%.
Sono passati 15 anni da allora, il meccanismo è stato riesumato ma di fatto si è inceppato. Nonostante la forte propaganda all’unisono di praticamente tutta la stampa francese di ogni colore politico a favore del candidato neo-liberista e militarista, Emmanuel Macron, non solo la partecipazione al voto non è cambiata di molto, ma il candidato “repubblicano” non è riuscito davvero a convincere, ottenendo il 65,5% dei consensi: sono insomma proprio lontani i tempi di Chirac. Senza contare peraltro le schede bianche e nulle, che sono cresciute di molto, raggiungendo un primato nella storia elettorale francese.
Il Polo di Rinascita Comunista in Francia (PRCF) – che aveva chiamato ad astenersi i cittadini costretti a votare fra il peggio e il molto peggio – ha accusato la leadership europeista del Partito Comunista Francese (PCF) di essersi piegata ai diktat dell’Unione Europea e di aver voluto “colpevolizzare gli elettori di sinistra reticenti a votare Macron” e ha quindi condannato “l’effetto programmato dello sfruttamento dei nobili sentimenti antirazzisti del popolo francese” pur di dare il potere all’uomo delle banche e delle multinazionali.
Il PRCF aggiunge però anche che “come previsto, Le Pen ha aiutato il suo avversario a trionfare facendo marcia indietro sulla sua pretesa volontà di rompere con l’UE e mettendo una croce sulla proposta – pur fortemente demagogica, detta da lei – del pensionamento a 60 anni”. Il PRCF ribadisce insomma non solo l’insistenza dei diritti sociali che la socialdemocrazia francese ha dimenticato, ma soprattutto che c’è bisogno della FREXIT, l’uscita della Francia da UE e NATO, ma ciò deve avvenire sulla base di un patriottismo operaio e progressista, non xenofobo!
E tuttavia il rischio ora è che il Fronte Nazionale venga visto dai diseredati e da coloro che subiranno le pesanti misure di austerità promesse dal neo-eletto presidente, come l’unico partito anti-sistema, guadagnando forza per la prossima tornata elettorale. Macron è riuscito infatti della sciagurata operazione di fagocitare tutti gli altri partiti e di fatto legittimando Le Pen come “unica” leader di opposizione al suo governo della banche. In questo senso la scelta neutrale di Jean-Luc Mélenchon è stata intelligente, poiché salva l’indipendenza di un nucleo politico a cui gli elettori di sinistra potranno riconoscersi.